Il Cipe, la macchina del tempo e il ponte sullo spreco
Non vi sono altre spiegazioni possibili alla decisione del Cipe di venerdì scorso di bloccare lo stanziamento di 800 milioni di euro previsti per la banda larga e nello stesso tempo di finanziare con 1,3 miliardi il progetto del ponte sullo stretto: in mezzo al tavolo quadrato che arreda la sala Cipe del palazzo di via XX Settembre, storica sede del Ministero del Tesoro, deve essere apparsa la macchina del tempo del film ‘Ritorno al Futuro’ e aver riportato indietro di qualche decennio i membri dell’illustre comitato. Solo così diventa razionale la priorità che è stata data: il ponte sullo stretto è un grande opera resa immensamente inutile dalla liberalizzazione dei cieli europei (completata nel 1997) e dal conseguente sviluppo del trasporto aereo.
Se fino alla metà degli anni ’90 l’utilizzo del mezzo aereo non era alla portata di tutti e molti italiani si facevano ancora in auto la penisola per imbarcarsi sui traghetti tra Scilla e Cariddi, oggi non è più così: le merci viaggiano sempre più in nave, magari su comodi trasporti Ro-Ro, mentre i passeggeri, anche i più giovani e squattrinati, prendono l’aereo. Furono solo 3,7 milioni negli aeroporti siciliani nel 1990 ma già 7,2 nel 2000 e oltre 11 milioni nel 2007 e 2008. Nello stesso periodo il trasporto ferroviario passeggeri e merci, che secondo le previsioni dell’advisor economico del progetto era destinato ad una crescita impetuosa, si è praticamente dissolto.
Prima di buttare nello stretto un sacco di quattrini del contribuente di stato ‘high cost’ non era forse meglio se il governo faceva rivedere l’analisi di economicità dell’opera, ormai risalente a quasi dieci anni fa, lasciando prevedibilmente spazio al viaggiatore di mercato ‘low cost’?











