7
Nov
2009

Fiat, per la prima volta un Marchionne trombone

Sarà che sono nato e cresciuto a Torino, Mirafiori Nord, tra corso Agnelli e corso Tazzoli. Diversi decenni fa, quando il quartiere era una repubblica socialista sovietica col Pci oltre il 70%, ma erano al contempo tutti devoti agli Agnelli e alla Juventus, ho contratto un doppio anticorpo: ai comunisti, e ai padroni che campano grazie allo Stato. Sin qui, in quattro anni, Marchionne era sempre stato di tutt’altra pasta, rispetto a quell’insopportabile tono “noi siamo l’Italia” con cui gli Agnelli incassavano gli aiuti di Stato da una parte, e dall’altra regolarmente continuavano ogni ics anni a rischiare il fallimento se non li salvava Cuccia. Ma la dichiarazione di Marchionne sul mezzo miliardo di crediti che la Fiat vanta dallo Stato mi ha fatto per la prima volta tornare il pessimo sapore di un tempo in bocca. Qui crediti alla Fiat spettano, per carità, visto che gli incentivi all’auto sono stati concessi per legge dall’attuale governo. Ma l’auto li ha avuti e gli altri settori no. Se l’auto a Torino è tornata a vedere l’utile nel terzo trimestre, lo deve a questo. Se ha sostenuto fatturato e margini, lo deve a questo. Che tutto questo ora Marchionne lo presenti come merito proprio, e anzi tronfiamente accusi lo Stato di non pagare il suo credito abbastanza in fretta, quando nella sanità del sud i fornitori privati attualmente sono pagati anche a 800 giorni dalla fatturazione, è un vero schifo. Anche i migliori, evidentemente, possono contrarre a lungo andare le malattie genetiche delle imprese che guidano.

7
Nov
2009

A vent’anni dal muro: non dimenticare

Mi impressiona un poco che, nelle rievocazioni della caduta del Muro, manchi puntualmente un protagonista: Ronald Reagan, ridotto a comprimario in resoconti in cui si celebra la lungimiranza di Gorbaciov o Kohl, o si rivaluta Craxi spietatamente (e giustamente) confrontato con la miopia dei leader del PCI. L’assenza di Reagan e’ la rimozione del piu’ ideologicamente pericoloso dei protagonisti di quelle vicende. L’unico forse che lucidamente perseguiva cio’ che si sarebbe poi verificato, abbattuto il Muro: un’esplosione di liberta’. Un modesto contributo per non dimenticare e non dimenticarlo. Mr Gorbaciov, Tear Down This Wall.

7
Nov
2009

Italia meno disoccupata. Oro o princisbecco?

L’Economist affronta in questo e questo articolo il tema di che cosa l’America e l’Europa abbiano reciprocamente da imparare, considerando i rispettivi tassi di disoccupazione. Effettivamente, il tasso medio dell’euroarea è poco sotto il 10%, quello USA l’ha appena superato. Ma ciò che offre argomento su cui riflettere è che in Europa Germania e Italia, i due paesi più manifatturieri ed esportatori che proprio per questo perdono tra i 6 e i 5 punti di Pil dacché la crisi è iniziata, sono tra quelli coi più bassi tassi di disoccupazione. C’è di che fare trionfalismo? Immaginavo di leggerne, oggi, sui media italiani che lo accostano all’annuncio che abbiamo superato come sesto paese al mondo il Regno Unito, e all’indicatore anticipatore Ocse – uno strumento del tutto inservibile, dal punto di vista quantitativo, che da qualche mese è però la delizia della politica italiana – che torna a dire che l’Italia uscirà dalla crisi meglio di tanti altri. Così è, infatti, la retorica impazza. Secondo me, di gonfiare le gote non è il caso. Di riflettere, sì.  Read More

6
Nov
2009

Verde padano sempre verde è: Zaia blocca la ricerca ogm

Il verde padano avrà pure una tonalità molto diversa dal verde ambientalista, ma gli effetti sul Ministero dell’Agricoltura sono gli stessi.
Nel 2001, prima del crollo delle Torri Gemelle e prima che Berlusconi vincesse le elezioni, l’allora ministro Pecoraro Scanio chiuse i rubinetti della ricerca pubblica sugli ogm ed invitò i biotecnologi ad occuparsi di altro nella vita. “Si mettano a fare farmaci – disse Pecoraro – almeno salveranno qualche vita”. All’epoca il prof. Francesco Sala dirigeva un’equipe di dodici giovani ricercatori, sette italiani, due cinesi, due indiani ed un inglese, venuti in Italia proprio a far ricerca sul campo. “Fino al 2000-2001 – racconta  rattristato il biotecnologo – l’Italia era all’avanguardia nella ricerca biotecnologica, soprattutto quella pubblica, fatta su prodotti tipici della nostra agricoltura, che non interessavano, né interessano le multinazionali. Erano in corso oltre 250 sperimentazioni, di altissima qualità”. Oggi undici di quei dodici ricercatori sono all’estero, a fare ciò che avrebbero volentieri fatto in Italia. Read More

6
Nov
2009

A Londra si beppegrilleggia

Al riccio che aveva intenzione di levarle di dosso le zecche che le succhiavano tutto la volpe di Esopo rispose: “Se tu mi porti via queste, disse, che sono sazie, altre ne verranno affamate”.

Ma a Londra, diversamente che a Roma, hanno deciso di non scherzare e dopo la presentazione del Kelly report  sulla scandalo delle spese dei parlamentari si fa sul serio. Tetto sugli affitti, divieto di assumere parenti, niente più liquidazioni d’oro, massima trasparenza.

I politici? “Sono i nostri impiegati”, scrive il Guardian nell’editoriale di ieri. Non ditelo a Beppe Grillo.

5
Nov
2009

Quando la lista non è vita

A volte ci si chiede perché in Italia si fatica a completare i grandi investimenti, che essi riguardino opere pubbliche o private. Una possibile risposta è questa:

Tra i tanti che ci hanno aiutati, alcuni meritano una menzione speciale per il loro coerente supporto e forte contributo. In particolare, vorrei ricordare l’assistenza di:

il ministero dello Sviluppo economico;

il ministero dell’Ambiente;

il ministero delle Infrastrutture;

il ministero dell’Interno;

l’Autorità per l’energia elettrica e il gas;

la regione Veneto e il presidente Galan;

la provincia di Rovigo, i sindaci di Loreo, Porto Viro e Cavarzere;

i vigili del fuoco;

la guardia costiera.

E’ la lista dei ringraziamenti letta da Scott Miller, amministratore delegato di Adriatic Lng, la società che ha realizzato il rigassificatore di Rovigo. In questa lista ci sono tutte le risposte: investire in Italia è, con rispetto parlando, un troiaio perché ci sono troppi interlocutori, molto spesso privi delle competenze necessarie. Il problema non è federalismo o centralismo, ma che – dovunque si scelga di porre il baricentro – le decisioni, alla fine della giornata, devono dipendere da uno, o pochi, attori. La confusione è rumore, e il rumore deresponsabilizza.