Keynes e il buon moltiplicatore della…mafia!
D’accordo, lo so, molti economisti arricceranno il naso a questo post. Li rassicuro del fatto che anche noi seguiamo con accaninmento e sincera dedizione il maxi dibattito planetario in corso nella comunità degli economisti sulla stima del moltiplicatore della spesa pubblica nella grande crisi dal 2008 in avanti, e personalmente mi convincono più i lavori di Bob Barro che quelli di Christina Rohmer o di Corsetti, Ilzetzki e Nakamura. Ma non ho potuto fare a meno di approfittare per un post al volo, appena scorso questo articolo dei professori Antonio Acconcia, Saverio Simonelli e Giancarlo Corsetti. E’ una ripresa divulgativa di un precedente paper di Acconcia e altri, in cui il moltiplicatore verniva valutato in Italia tra 1,4 e 2, dunque molto alto, assumendone impatto e stima sulla spesa pubblica per lavoro aggiuntivo a livello locale. Ora io non intendo minimamente mancare di rispetto ai tre economisti, che per primi riconoscono che la stima del moltiplicatore vari da tipo di crisi a tipo di crisi, e si dimostri assai opinabile ex post una volta intrecciato con l’andamento del ciclo. Quel che mi colpisce è la stima a conferma del multiplo così elevato nella realtà pubblica locale italiana, utilizzando in questo caso gli effetti ex post misurabili di freno alla crescita per effetto di scioglimenti coatti delle amministrazioni locali colluse con mafia e camorra. L’effetto paradossale è che il moltiplicatore keynesiano funziona assai meglio con la mafia al comando: non so quanto si debba prenderlo come puro strumento analitico, a me sembra un potente elemento di riflessione in sé e per sé. Se posso aggiungere: con un amaro sorriso sulle labbra, visto che poi ci interroghiamo sul come e perché mafia e camorra sembrino e siano più efficienti in tanta parte d’Italia rispetto all’ordinamento costituito.











