26
Mar
2011

Asterix e l’energia. Perché su Edison diciamo vive la France!

Gli italiani non avevano ancora deposto il tricolore dopo aver festeggiato il centocinquantenario dell’unificazione che si sono risvegliati improvvisamente nazionalisti economici. A tenere banco è stata soprattutto la discussione sull’italianità del latte. Ma sullo sfondo un’altra guerra si stava consumando: il derby Roma contro Parigi sul controllo di Edison.

Le ragioni generali per cui l’intrommissione pubblica negli assetti proprietari delle imprese è negativa le hanno descritte Oscar GianninoAlberto Mingardi. Qui guardiamo al caso specifico del gruppo di Foro Buonaparte. Per prima cosa, bisogna ricordare che nel capitale di Edison ci sono tre azionisti forti: il colosso francese Edf (19 per cento), la Carlo Tassara (10 per cento) e Transalpina di Energia (61 per cento). Transalpina è una joint venture paritaria tra Edf e Delmi. Parentesi: Edf controlla, direttamente o indirettamente, il 50 per cento di Edison. Delmi a sua volta è una “scatola” che ha nel colossino milanese-bresciano A2a il suo azionista forte (51 per cento), seguita da altre municipalizzate (Iren col 15 per cento, ereditato da Enìa, Sel e Dolomiti Energia col 10 per cento ciascuno) e soci finanziari (Mediobanca, Cassa di risparmio di Torino e Banca popolare di Milano col 6 per cento, 5 per cento e 3 per cento rispettivamente). Seconda parentesi: attraverso un gioco di scatole cinesi, e in virtù dei patti parasociali siglati a suo tempo, A2a, pur avendo una dimensione molto inferiore e una partecipazione effettiva pari a poco più del 15 per cento, “conta” nella governance di Edison quanto Edf. Edison inoltre partecipa, in un ulteriore intreccio, col 50 per cento del capitale di Edipower, i cui altri azionisti sono A2a (20 per cento), Alpiq (20 per cento) e Iren (10 per cento via Iride).

Ricostruire le tappe dello scontro tra i due gruppi – che, come si diceva una volta, viene da lontano – e tutti i colpi bassi che sono stati tirati sarebbe complesso (il colpo più basso, però, fu il congelamento del diritto di voto di Edf, ridotto al 2 per cento nonostante avesse circa il 20 per cento del capitale). Quello che conta è che i due azionisti di riferimento, Edf e A2a, non sono mai andati d’accordo. Il contrasto di interessi e di opinioni sul futuro dell’azienda, sia pure tra alti e bassi, si è fatto progressivamente più stridente fino a raggiungere, alla vigilia dello scadere dei patti parasociali, l’insostenibilità.

Le opzioni in campo erano diverse finché il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è entrato a gamba tesa. A questo punto la situazione è davvero critica e una mischia tutta politica mette a repentaglio il futuro dell’azienda. La soluzione ovvia, un divorzio consensuale in cui A2a si focalizza sull’idroelettrico ed Edison (cioè, a questo punto, Edf) si porta via il termico sembra ormai impraticabile – anche se lì, o nei dintorni, porterebbe il rispetto dei patti parasociali. E pensare che una soluzione simile, con una equa spartizione dei contratti gas e delle centrali Edipower, sarebbe utile a entrambi (così come ai soci di minoranza quali Iren, che si trovano costretti a dover trattare quella che è nata come partecipazione industriale alla stregua di un’avventura meramente, e infelicemente, finanziaria): Edison è lunga di metano, A2a è corta. E’ impraticabile anche l’alternativa ovvia, cioè la scalata di A2a nel capitale di Edison: il gruppo lombardo non ha i soldi ed è già afflitto dai debiti. Per spuntarla dovrebbe tentare un aumento di capitale, ma ciò significherebbe che i comuni azionisti rinunciano al controllo e accettano di scendere. Il che è politicamente impossibile. Quindi, che fare?

Il capo di A2a, e presidente di Edison, Giuliano Zuccoli, lo ha obliquamente suggerito in una intervista al Sole 24 Ore:

monitoriamo con attenzione le eventuali azioni che verranno intraprese in futuro per definire i settori strategici per il paese, dei quali farà parte anche il comparto energetico. Crediamo che questo potrà portare acqua al nostro mulino conferendo alla compagine italiana maggiore autorevolezza nel momento in cui dovrà nuovamente sedere al tavolo della trattativa con Edf.

Traducendo in italiano corrente il messaggio lanciato da Zuccoli, qui viene detto che le ambizioni di A2a dovranno sostituire i soldi (che non ci sono) con l’ “autorevolezza”, cioè l’intervento della politica. Zuccoli può contare sull’appoggi di Tremonti, che è si Sondrio come lui e che non ha mancato di mandare messaggi anche indiretti a Edf, e soprattutto della Lega, che sull’idroelettrico si è mossa prima e più di tutti. Ma in che modo l’ “autorevolezza” della politica può fare la differenza? In questi casi, si cerca generalmente uno o più imprenditori italiani disposti a fare il lavoro sporco in cambio di una ricompensa più o meno differita nel tempo. Oppure si ricorre a enti statali, parastatali e affini. Oppure una via di mezzo tra queste due opzioni.

Secondo le indiscrezioni rese note dal Sole 24 Ore, si starebbe lavorando a una discesa in campo di Eni ed Enel (il Cane a sei zampe ha però smentito), e non mi stupirei se in qualche modo si inserisse nella dicussione anche il mitologico fondo per le infrastrutture che doveva colmare il gap infrastrutturale italiano. L’idea di fondo, comunque, è che i due “campioni nazionali” dovrebbero spartirsi i brandelli di Edison (Enel rilevando gli asset nel gas ed Eni nell’elettrico attraverso Enipower, per evitare problemi antitrust) in modo tale da ridurre il boccone a dimensione adeguata per A2a, lasciando magari anche qualche briciola per Iren che, in tutta questa vicenda, appare l’azionista più scontento, meno corteggiato e più di tutti fuori dai giochi e costretto a subire e soffrire un allineamento solo parziale di interessi con A2a.

Vale la pena sottolineare che, se davvero tale “piano B” si concretizzasse, la situazione sarebbe paradossale. Nel mercato gas, Edison è il secondo produttore nazionale (con una quota di mercato del 7,9 per cento, a netta distanza dall’84,5 per cento dell’Eni), il secondo importatore (15,7 per cento, subito dietro Eni col 49,9 per cento e subito avanti a Enel col 13 per cento), ed è a oggi l’unico concorrente di Eni nello stoccaggio, oltre che il terzo venditore di gas (8,7 miliardi di metri cubi contro 9,9 di Enel Trade e 36,3 di Eni). Sul mercato elettrico, il gruppo di Foro Buonaparte è il secondo produttore (con una quota di mercato dell’11 per cento a cui andrebbe aggiunto il 7 per cento di Edipower, contro il 30 per cento di Enel e il 9,7 per cento di Eni). In più, Edison possiede una quota del 10 per cento nell’unica infrastruttura di adduzione gas non-Eni, il rigassificatore di Rovigo.

E’ evidente, quindi, che la “soluzione politica” per Edison – qualunque forma essa assuma – avrebbe l’effetto di cancellare dal panorama il secondo operatore elettrico e del gas, lasciando gran parte di ciascun mercato nelle mani del suo ex monopolista e del suo rivale diretto, cioè l’altro ex monopolista, vale a dire due aziende che – seppure ciò non si sia mai tradotto in forme più o meno esplicite di collusione, anzi – condividono lo stesso azionista di riferimento. In entrambi i mercati, il terzo operatore si troverebbe a molte lunghezze di distanza, rendendo di fatto il processo competitivo assai più ingessato e facendo istantaneamente peggiorare tutti gli indici di contendibilità del mercato.

Forse è vero che l’energia è un settore strategico, ma se è così l’obiettivo politico dovrebbe essere garantire mercati efficienti e concorrenziali. Uccidere il secondo operatore dei mercati elettrico e del gas farebbe peggiorare la situazione su entrambi. Per il bene del paese, è più strategico avere aziende forti e competitive, piuttosto che grasse e protette. L’interesse del paese è lasciare che sia il mercato a decidere chi vince, chi perde e chi deve competere con chi, non i ministri della repubblica, i sindaci, e i boiardi di municipalizzata.

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2 Responses

  1. mario

    Due competitors sono meglio di uno solo e 50 meglio di 10. Il fatto e’ che quando i competitors sono addirittura meno di 10 e’ molto probabile la costituzione di cartelli, anche solo di fatto, alla faccia di tutte le norme antitrust. Il consumatore non ne trarra’ vantaggio. Per questo la faccenda edison, a2a, francesi non mi appassiona granche’.

  2. marco

    dopo che si è capito che Tepco sta mentendo a raffica
    gira voce che il Giappone stia pianificando una nazionalizzazione…
    mi spiace per i liberisti in ascolto ma chissà perchè quando scoppiano i casini è poi lo Stato che deve intervenire.

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