21
Ago
2009

Meeting di Rimini, tre domande da una premessa

So bene che questo blog si rivolge intenzionalmente a tutti, dunque non fa delle convinzioni religiose in alcun caso un criterio differenziale. Ma da lunedì prende l’avvio il Meeting di Rimini. Io ci andrò a parlare. Comunque la pensiate, e nel pieno rispetto delle convinzioni di ciascuno, trovate qui la premessa “ontologica” dalla quale parte la mia analisi, e tre domande in materia economica che girerò a chi mi ascolterà. Mi piacerebbe che si aprisse un dibattito tra tutti noi, su che cosa significhi davvero in concreto essere economisti, banchieri e imprenditori cristiani. Ma se invece incorrerò in bocciature, va bene lo stesso.

Non si può far sì che un fatto non sia un fatto, diceva la Scolastica di Tommaso d’Aquino. La traccia scelta per il Meeting di Rimini quest’anno – “la conoscenza è sempre un avvenimento” – ci riconsegna a una delle piste fondamentali che don Giussani ha tenacemente voluto ripercorrere, per ridare “tangibilità” al fenomeno cristiano. Il Cristo che si fa Uomo non è un’alta scuola sapienziale o un banale elenco di consigli morali per vivere meglio, le due alternative in cui l’umanesimo razionalista da sempre ha cercato di ridurlo nel tentativo di riaffermare una reductio ad unum da parte di una coscienza umana intesa come unico metro e senso delle cose. Don Giussani ha obbligato nuovamente a prendere in considerazione il Fatto – l’avvenimento, appunto, ciò che si fa nella storia del mondo – che è la vera base fondante del Cristianesimo. E uso questo verbo “obbligare” nel senso della coazione logica da premessa a conseguenza, non nel senso di un’obbligazione etica visto che la libertà dell’uomo resta essenziale. Uso il verbo “obbligare” perché per me proprio questo “obbligo” logico è stato l’effetto voluto da don Gius: per me ha significato molto, le sue parole come acqua tenace hanno scavato lentamente la mia pietra.

Per il Cristianesimo la fede non diventa qualcosa di realmente vissuto se non colpisce e penetra l’intelligenza che ho di me stesso e delle cose, cioè la ragione. Il processo di verifica dell’avvenimento-conoscenza mette in gioco le esperienze originarie di ciascuno di noi, in modo che ciascuno possa elaborare la propria conoscenza delle cose volgendola a certi fini. In questo consiste la cultura. Un libero processo di autoesame in cui l’io accetta di divenire, da sorgente di coscienza del reale e cioè idealmente centro del mondo, specchio periferico in cui si riflettono altre libere sorgenti di luce, pensiero e fatti reali.
La conoscenza-avvenimento è per i cristiani uno strumento affilato nel campo prioritario della filosofia, l’ontologia. La conoscenza-avvenimento separa due diverse versioni di che cosa sia, in che cosa consista e come si esplichi, l’Essere. Per il relativismo di cui si è impregnato il terribile Novecento, figlio della crisi della modernità e della prevalenza del linguaggio sulla realtà, la cultura è diventata un mero scaffale descrittivo in cui si annega la prevalenza del Non-Essere. È l’esito inevitabile di un Logos solo umano, ridotto a incapacità teorizzata di produrre scale di preferenza tra le diverse scelte e preferenze, istituzioni e organizzazioni, società e relative leggi, alle quali l’uomo può aver dato vita nella concreta esperienza storica. L’impossibilità del giudizio diventa unico criterio condiviso, se si parte dal presupposto che l’Uomo-Ragione fonda in sé e solo in sé ogni suo presupposto: al massimo – e questo vale solo per le democrazie occidentali – il criterio di giudizio diventa quello per il quale l’unico giudizio possibile è quello condiviso da una maggioranza. Ma ogni maggioranza può cambiare giudizio, e per Paesi in cui non esistano democrazie ogni giudizio basato sul monopolio della forza diventa criterio di valore di fronte al quale l’Uomo-Sola-Ragione finisce per dover piegare il ginocchio.

Per i cristiani, la conoscenza-avvenimento del Cristo che si fa Uomo disegna un orizzonte molto diverso. Il Cristo come Fatto non è per nulla un’ipostasi mistica da contemplare tirandosi fuori dal mondo e dalle sue scelte. E’ lo strumento di trasformazione continua, basato sulla Persona che “vuole” Essere. E che fonda questa scoperta continua d’inveramento del sé attraverso la propria libertà, e misurandosi con ogni tipo di esperienza concreta che ci tocchi nella vita di ogni giorno: nello studio e nel lavoro, nella famiglia e nella vita associativa e ricreativa, culturale e politica.

Per me che come divulgatore e studioso di economia, la conoscenza-avvenimento significa per esempio tre domande, di fronte alla più severa crisi dal secondo dopoguerra, che l’intero pianeta sta affrontando da ormai due anni a questa parte. Tre domande che girerò personalmente a chi mi ascolterà al Meeting, dove sono stato indegnamente chiamato a parlare proprio di don Giussani.

Prima domanda. Siamo reduci da vent’anni in cui il meglio del meglio delle intelligenze accademiche, economiche e finanziarie mondiali, aveva incentrato l’intera industria finanziaria su una teoria del valore basata sugli “intangibili”: brands, brevetti, licenze, corporate governance, reputazione. Nel creare e rivendere spacchettati prodotti finanziari a sempre più alto rischio, e con doveri di solvibilità sempre più attenuati per emittenti e intermediari, questa teoria è stata centrale. La conoscenza-avvenimento della crisi epocale che tale teoria ci ha consegnato ci obbliga a pensare a una teoria dello sconto assai più basata sul capitale umano che sugli intangibles d’impresa e banca, oppure no? Se la sentono, gli economisti d’impresa cristiani, di affrontare questa sfida producendo modelli del valore coerenti a quanto dicono nei convegni, oppure no?

Seconda domanda. Siamo reduci da decenni nei quali l’imprenditore cristiano non esiste più – tranne rare eccezioni – se non in forma di timida dichiarazione d’appartenenza, in forme associative che si dedicano soprattutto a programmi culturali o di aiuti umanitari. Nel qui-e-ora della storia che si fa avvenimento continuo, è “obbligatorio” per i cristiani tornare a cercare di dare alla dimensione cristiana del fare impresa una specificità concreta, basata su una diversa attenzione al capitale umano della propria azienda, e capace di offrire a banche e intermediari finanziari innanzitutto, e poi a propri clienti e fornitori, dipendenti ed ex dipendenti, un “valore specifico” fondato su una capacità di creare e distribuire reddito secondo un metro di preferenza incardinato sull’Uomo?

Terza domanda. Chi è e che cosa deve fare, oggi, il banchiere cristiano? Vogliamo credere davvero che la sua specificità sia solo quella – meritoria, per carità – di tenere alto il lume degli studi cristiani con finanziamenti alle libere università, dell’associazionismo sussidiario mediante i contributi delle fondazioni bancarie sul territorio, o magari di partecipare a volte ad alate conferenze sull’etica che discende da Bibbia e Vangeli? Oppure è nella sua concreta attività professionale, nella distinzione tra merito di credito ai clienti secondo classi di rischio non solo – dico “non solo”, non propongo di abolirli, ovviamente – basati su meri coefficienti patrimoniali, che il banchiere cristiano può e deve ambire a proporsi come un organizzatore “diverso” di allocazione del risparmio?

Badate bene che io – ovviamente – non penso affatto che l’economista, l’imprenditore e il banchiere cristiano non debbano porre il profitto al centro della propria attività. Non confondo affatto pauperismo e cristianesimo. Vi faccio osservare che è il laicissimo Padoa Schioppa, a scrivere sul Corriere che i paesi avanzati devono rassegnarsi alla crescita zero. Io non lo penso affatto. Penso invece che o il cristianesimo è capace di un incontro con l’altro capace di dir contenuto diverso alla totalità dei rapporti umani, oppure la sua comunione si stempera in uno dei tanti volti del caleidoscopio di una società senza preferenze.

10 Responses

  1. Piero

    Secondo me l’unica Verità che può essere conosciuta Razionalmente è quella Immanente ed è la Concordanza tra il Pensiero ed i Fatti del mondo.
    La Verità Trascendente non si poò sapere se esiste, e se esiste è Razionalmente In-conoscibile. Esistono però altri Giudizi espressi dall’uomo oltre al Giudizio Logico/Vero/Falso… sono il Giudizio Etico/Bene/Male, quello del Piacere/Bello/Brutto : questi ultimi poggiano sull’ Irrazionale sul Sentire sull’ Istinto sul Sentimento.
    Quello Utilitaristico (usato in Economia è finanza) è una combinazione dei precedenti.
    La cosa importante è non spacciare x Verità/Falsità Logiche Giudizi legittimi ma di ordine Irrazionale o Metafisico.. come talvolta fa la Chiesa.. come talvolta fanno alcuni Atei Dogmatici come quelli che avversano.
    Concludo con un motto di Heidegger che forse è parente di questo sito : LA VERITA’ VI RENDERA’ VERI (nel Bene ma pure nel Male.. aggiugo io)… Piero
    PS: io a rimini non ci sarò.. magari andrò al festival di filosofia 🙂

  2. Piero

    PS: Non si possono servire 2 padroni contemporaneamente, il Danaro ed il Padre (firmato Gesù)

  3. Scarthorse

    Dal momento che non sono un economista, imprenditore o banchiere non avrei titolo ad inserirmi in questa discussione. Approfittando tuttavia della vostra cortese ospitalità le dico caro direttore che sono molto contento che lei partecipi al Meeting di Rimini.
    Avendo visto, da lontano, gli esiti delle economie socialiste e da vicino di quelle liberiste globalizzate credo sia necessario per il bene di tutti pensare a una sintesi e da cattolico credo che questa possa trovare utili indicazioni nella dottrina sociale della Chiesa. Ad est come si dice hanno già fatto il botto con relative macerie, a ovest non so se manca poi molto ma le macerie, seppure di carta, ci sono già mi pare…

  4. Oscar Giannino

    caro Scarthorse: penso anch’io che un po’ di luce potrebbe venire, da uomini di buona volontà

  5. mario fuoricasa

    suggerisco a Piero una buona lettura: “Human Action” giusto per rimanere in tema economico. Questo libro di Von Mises potrà farti cambiare idea. Anzi é certo. Si puo scaricare partendo da questa pagina http://mises.org/resources/3250

  6. Franco Bocchini

    Caro Oscar, io non nutro particolare interesse per lo studio di un profondo esser cristiani – o buddisti od islamici or whatever … – nei comportamenti economici. A me pare, peraltro, che la confessione d’appartenenza non possa modificare l’opportunità – nè, tantomeno, la necessità – di un determinato modo d’agire nelle specifiche situazioni che richiedano decisioni.
    Ho, però, un paio di considerazioni da proporre. In primis, se l’interprete autentico ed incontestabile della “dottrina sociale della chiesa” (il minuscolo è voluto ….) non può che essere il suo massimo rappresentante, le sue esternazioni mi paiono evidenziarne un carattere troppo socialista per poter avere effetti economicamente efficaci, a partire dall’individuo per riflettersi sulla collettività. In secondo luogo, a me infastidisce assai la pretesa d’oltretevere – come pure d’ogni altro competitor nel ramo … – di rappresentare l’unica etica veritiera ed il baluardo a difesa dell’uomo – centrale solo nelle dichiarazioni d’intenti, ma subordinato invece all’ecclesia – contro i pericoli del relativismo (Ah, quant’è lontana la concezione liberale del mondo ….!). Mi spiace deludere tanta illusoria autoconsiderazione, ma garantisco – da imprenditore e da ateo – che l’attenzione alle persone non appartiene solo a costoro, nulla avendo a che fare con il credo religioso e molto, invece, con la personale filosofia di vita.

  7. galeazzo scarampi

    Oscar, temo tu segua l’ errore di molti umanisti a partire da Maritain.

    Dalla I lettera di San Paolo ai Corinzi, capitolo 15:

    9) si in hac vita tantum in Christo sperantes sumus miserabiliores sumus omnibus hominibus
    50) hoc autem dico fratres quoniam caro et sanguis regnum Dei possidere non possunt neque corruptio incorruptelam possidebit

    Conclusione breve: Un banchiere Cristiano ha lo stesso “significato” di un pizzaiolo Cristiano:”servi inutiles” (Luca 17:10).

  8. augusto gughi vegezzi

    Siamo ancora alla Scolastica e a Tommaso? Giannino, aggiornati. I fatti non esistono, solo le interpretazioni. Giussani era un retore empatetico e un affabulatore immaginifico, ma, con belle parole e sentimenti surretiziamente trasformava ad uso dei giovanetti in Fatto una sua interpretazione molto controversa, anche tra i cattolici e negata da innumerevoli altre. Di qui il relativismo di tutti i diversi Cristianesimi, con diversi dii, santi, madonne, e demoni annessi.
    Il Fatto cattolico innegabile, l’unico autorevole, è lo stato vaticano, la sua monarchia-ierocrazia assoluta, la sua mancanza di libertà, democrazia e negazione dei diritti, la sua finanza corrotta. Buona fortuna.

  9. Oscar Giannino

    A tutti: non penso affatto – io – che al cristiano si debbe rilasciare e convalidare l’autocertificazione di “attenzione alla persona”. certamente, ha a che fare con la personale filosofia di vita, come sostiene Franco. la mia posizione, rivolgendomi loro, è: se lo dite e poichè lo dite, mi fate capire in che cosa lo fate, o perchè non lo fate?
    questione che mi pare di un certo interesse non solo in teoria, ma nella pratica di un paese dove a parole cristiani e cattolici si dicono fior di banchieri….
    a galeazzo: con tutto il rispetto per san paolo e l’effetto che hanno fatto quelle parole – profondo, del resto è lui l’organizzatore concreto della Chiesa- come si studia nei libri di storia del pensiero economico medievale antonino da firenze e bernardino da siena hanno posto le basi del moderno capitalismo e della teoria dell’interesse bancario, tra 200 e 300. e per fortuna. su questo weber avrebbe rivisto i suoi studi, se avesse avuto tempo di approfondire…

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