16
Ott
2009

Liberalizzare: 5 punti di Pil in 3 anni

L’output potenziale in Italia è calato incessantemente dall’inizio degli anni Settanta. All’epoca era sul 4% annuo, e di gradino in gradino era giunto all’1,2% nel 2008, prima della crisi in corso che l’ha azzerato.  Per Francia e Germania, pur conoscendo un trend analogo, il prodotto potenziale è sempre rimasto di quattro-cinque decimi di punto superiore al nostro. Il grande problema, come abbiamo ripetuto spesso, è la bassa produttività del terziario. ” Liberalizziamo per crescere di più” è la ricetta qui scontata. Meno scontato saper quantificare gli effetti di maggior crescita  di decise liberalizzazioni. Per questo è utilissimo che lo facciano studiosi di Bankitalia. Sono  Lorenzo Forni, Andrea Gerali e Massimilano Pisani, in questo paper. Vado alle conclusioni, il modello seguito nella simulazione è macro e non micro. Diminuendo il market power delle imprese di settore, che le induce a fare più markups scaricati sui costi rispetto all’eurozona – che pure non è certo l’Eden liberalizzato –  ci sono 11 punti di Pil di maggior crescita italiana da liberare, di cui 5 conseguibili in un triennio.  Non è solo il caso di dire: i politici non lo sanno o non ci credono. La notizia è che la crescita potenziale aggiuntiva supera di gran lunga il fuoco di sbarramento inevitabile, posto in essere su politica e media  dal market power esistente. Quindi “si può fare”. Per politici che ci credessero.

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4 Responses

  1. Caro Oscar, analisi impeccabile ma c’è un “ma”: abbiamo in Italia una classe dirigente/politica “pura”, cioè scevra da condizionamenti eterodiretti? Risposta (malinconica…): no.- Ognuno coltiva il suo “orticello” sperando di durare e di non far dispiacere…al suo Principe….- Altro che influenza A , sarà il conformismo a decimarci…..

  2. Piero

    bell’articolo tecnico.. ma troppo teorico.. a mio parere la Causa Prima è la mancanza si senso della polis.. in Italia c’è ormai troppo e solo Familismo degenerato.. corruzione diffusa nella politica e nell’economia.. sindacati antagonisti.. industriali in cerca di favori e liberi bilanci falsi.. statali dormiglioni.. autonomi evasori.. la racomandazione non solo nel pubblico ma anche nel privato come regola socialmente accettata e ricercata.. tutte queste cose son confluite nel pil decrescente e nel debito pubblico crescente.. che poi son due facce della stessa medaglia…. non è una questione di modello politico/economico… è una questione di materia prima.. cioè di uomini… di valori.. di cultura..

  3. Caro Oscar, l’articolo e’ bello e interessante. Peccato che per quel che credo, dare ancora fiducia alla politica in generale, e’ naif. Chiedere ad un branco di ladri di farci prosperare mi sembra antitetico alla loro occupazione generale.

  4. Giacomo

    Salve Giannino, se il problema è solo la scarsa produzione del terziario,si potrebbe forse coinvolgere di più il consumatore visto che è il fruitore del servizio,poi mi creda chi non riceve di stipendio nemmeno 1200 “euri” ben difficilmente sarà motivato a incentivare la produzione sia che operi in un sistema liberalizzato o no, meno che mai sarà possibile convincerlo dell’utilità per il suo Paese di conseguire qualche decimale di punto di pil in più .
    Quando in una nazione il settore primario viene appaltato all’estero nella quasi totalità,il secondario almeno in vari settori come il manifatturiero, la chimica,la farmaceutica pure, forse è un tantino ottimistico pensare che soltanto con il settore terziario funzionante il pil possa tornare ai valori degli anni 70.

    Cordialmente suo Giacomo Curletti
    Via Montalbano 117A La Spezia

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