19
Ago
2009

Il sentiment anticrescita fa proseliti al Corriere

Ferruccio De Bortoli fa comunque un buon giornale. Soprattutto se si tiene conto dei chiari di luna della grande stampa italiana, per un terzo fatta di perdurante tributo agli ultimi protetti dell’Avvocato Agnelli, vedi Sole e Stampa, e per due terzi di ritornanti altalene, vedi appunto Mieli-De Bortoli nell’emisfero Mediobanca, e Feltri-Belpietro in quello berlusconiano. Il Corriere rischia ogni giorno di essere il migliore, attutita la freschezza notiziosa e non troppo filogovernativa che il grande Anselmi aveva saputo assicurare alla “sua” Stampa, e smarrita per strada la missione da sempre propria del Sole, oggi sottoposta a ibridazioni il cui esito sarà da vedere. Giulio Tremonti può considerarsi in cuor suo molto felice.

Nelle nomine non ha giocato la parte del leone. Ma è comunque lui ad aver ottenuto di più: sulla grande stampa italiana il dibattito sull’economia italiana rispetto al resto del mondo si è fatto lunare, al ministro dell’Economia tutti hanno imparato a portare finalmente rispetto. Per questo traducono a go go aurei editoriali stranieri. Un quieto mainstream in cui nessuno ha osato avvertire i lettori che le Borse erano ipergonfiate dalla FED e per questo hanno iniziato a correggersi su decisa frenata cinese, né tanto meno che possiamo sperare siano appunto cinesi e americani a cavarci le castagne dal fuoco, dunque le prospettive restano assai meno rosee di quanto si preferisca dire. Ma talvolta, per allontanarsi dalla zuppa abituale, si finisce per propinare ai lettori un pan bagnato che è persino peggiore. È capitato oggi al Corriere della sera. Editoriale in prima di Padoa Schioppa in cui si predica pensosamente che i Paesi sviluppati devono abbracciare la crescita zero, perché ormai abbiamo tutti troppe scarpe. Editoriale bis di Sartori su clima e ambiente, dopo quello ferragostano del quale si è già ben occupato Carlo Stagnaro, con nuove prove di spericolatezza argomentativa e autoasserita pretesa di aristotelica auctoritas  finale. Una pagina intera al principe rosso Caracciolo, “destra e sinistra tutte unite contro il nucleare”. Un’altra pagina contro quelle belve feroci dei fondi di private equity, finalmente smascherati dalla crisi nella loro autentica natura predatoria. Mioddio, roba che Repubblica dovrebbe per un giorno almeno dimettersi dalle edicole. Poveri ceti dirigenti, se si nutrono di questo. Leo Longanesi, feroce verberatore dei costumi borghesi che sotto la frusta ambìva a migliorare, diceva di sé. “Giudico tutto dall’ abito. Il mio motto è: si vede subito. Ho il coraggio di essere superficiale”. Al Corriere oggi  hanno preso in parola la superficialità, ma dimenticando la frusta e il coraggio. De Bortoli, torna dai pochi giorni di ferie che è meglio.

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