12
Mar
2010

Il ritorno della commedia all’italiana (e un paio di dramoletti)

La buona notizia è questa: stando ai dati forniti da Cinetel, dal primo di gennaio al 7 marzo 2010 sono stati staccati 10,3 milioni di biglietti per i film italiani. Se la quota di mercato conquistata dalle pellicole italiane nel 2009 è stata del 24,4%, nei primi due mesi del 2010 ha toccato quota 33,5%. Ben 5 film hanno incassato più di 5 milioni di euro: “Io, loro e Lara” di Verdone, “Baciamo ancora” di Muccino, “Scusa ma ti voglio sposare” di Moccia, “La prima cosa bella” di Virzì e “Genitori & figli” di Veronesi.  La prima cattiva notizia è invece quest’altra: i nostri film sono difficilmente esportabili. Secondo i dati riportati dall’Osservatorio Internazionale “Roberto Rossellini” sull’Audiovisivo e la Multimedialità il nostro export produce solo 20 milioni di euro l’anno, a fronte dei 110 della Francia e dei 589 del Regno Unito. “Gomorra” (3 milioni 141 mila spettatori) è uscito in tutto in 36 Paesi, compresi gli Usa, e ha avuto all’estero circa metà delle entrate complessive. A seguire, “Caos calmo” con un milione e 130 mila spettatori in Europa, e l’uscita nel mondo in 12 Paesi, e “Il Divo”, con 808 milioni di spettatori nel vecchio continente e l’uscita in 20 Paesi nel mondo. La seconda cattiva notizia è che dai quotidiani in edicola oggi abbiamo scoperto, una volta di più, come si faccia pessimo uso dei soldi pubblici: “I fondi del cinema a mogli e amici” (titola La Repubblica), “Balducci e il cinema: finanziamenti pubblici nel mirino dei pm” (così Il Giornale) e “I fondi del cinema agli amici della cricca” (La Stampa). Premesso che una intercettazione non è sufficiente a incolpare una persona, rimane il fatto che, determinate situazioni, danno il polso del rapporto fra cinema, politica e interessi particolari. Naturalmente, non è che solamente i film in cui recitava il figlio di Balducci abbiano incassato poco e attinto tanto dalle casse dello Stato. Idem per i film prodotti dalla moglie di Balducci. Rappresentativa, e non poco, è la frase pronunciata al telefono da Rosanna Thau (la signora Balducci, appunto): “anche se i film vanno male non si perde niente”. Chi di voi si ricorda del film “Last minute Marocco”? La pellicola, datata 2007, è stata prodotta dalla signora Balducci, con Lorenzo Balducci come attore. Contributi statali ricevuti: 1,8 milioni di euro. Incassi al botteghino: 350 mila euro. Come detto, questo è un episodio. Lo sperpero di denaro pubblico non riguarda solamente la cosiddetta “cricca”. Il peccato originale è stato quello di dare finanziamenti a fondo perduto: semplicemente, il rapporto fra Stato e società di produzione finiva nel momento dell’erogazione. Con la legge cinema del 2004 si è tentato di ovviare a questa situazione. Da una parte si è cercato di premiare quei film che riscontravano i favori del pubblico, dall’altra di risolvere il buco dei finanziamenti a fondo perduto. Da allora il sussidio si è trasformato in un prestito: il film non può essere finanziato nella sua interezza: se va bene al botteghino può rendere il prestito ottenuto; se va male i diritti di sfruttamento del film passano allo Stato. Quest’ultimo caso però non ha permesso di spostare di molto i termini della questione. Formalmente non si tratta più di finanziamenti a fondo perduto ma il risultato è lo stesso di prima: “anche se i film vanno male non si perde niente”. Il nodo da risolvere è sempre questo. Purtroppo non viviamo in un mondo fatto di angeli, e i funzionari pubblici e i politici non sono persone diverse dalle altre. Di fronte alla pretesa di creare sistemi trasparenti e premianti, raramente quello che si ottiene è l’obiettività e il perseguimento della qualità. Le intercettazione sembrano avere scoperchiato una situazione di malaffare anche nel mondo dei contributi pubblici dati al cinema. Ma siamo sicuri che gli unici a comportarsi in questo modo siano i membri della famiglia Balducci?

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1 Response

  1. Mauro

    La cosa migliore sarebbe di non elargire denari pubblici ad una industria di intrattenimento. Chi l’ha detto che il cinema debba essere cultura? Il Cinema è intrattenimento. Il buon Cinema è anche cultura, ma i film di Totò non venivano considerati Cultura, all’epoca…
    Come compromesso, si può decidere di elargire una quota fissa di contributo ad ogni film che superi un determinato incasso (mettiamo, il 10% della distribuzione degli incassi dell’anno precedente): per i film ad alto budget e di successo il contributo sarebbe irrisorio, per i film a basso budget ma interessanti sarebbe invece notevole: ma l’interesse lo decide il pubblico, non il funzionario statale.

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