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Mag
2011

Gli incentivi alle rinnovabili. Merito e metodo di un taglio necessario

Questa mattina ho avuto la fortuna di moderare (assieme alla bravissima Laura La Posta del Sole 24 Ore) il “forum tra le istituzioni e le associazioni dei produttori” di energia rinnovabile, presso il Solarexpo di Verona. E’ stata, per me, un’esperienza molto utile e interessante, che mi ha rivelato una serie di questioni che in precedenza non avevo colto fino in fondo. Ma partiamo dalle note di colore.

La prima osservazione da fare era l’assenza delle istituzioni (o, per meglio dire, della politica, visto che c’erano – e si sono fatti sentire – Gerardo Montanino del Gse e Massimo Ricci dell’Autorità). Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, non è venuto e neppure è riuscito a collegarsi telefonicamente perché “alla Camera dei deputati non c’è campo” (giuro!). Il responsabile green economy del Pd, Ermete Realacci, ha ritenuto più importante partecipare alla votazione sul testamento biologico.

Quindi le associazioni hanno parlato sostanzialmente tra di sé. Dando la sensazione di esprimere per certi versi posizioni e preoccupazioni del tutto condivisibili, per altri versi – invece – di avere esse stesse le idee poco chiare. Di condivisibile c’era la diffusa e angosciante richiesta di certezza del diritto e di regole più semplici. I continui cambiamenti in corsa hanno un effetto devastante su investimenti ad alta intensità di capitale, specie se – data la durata del ciclo di investimenti, per esempio, nel solare – hanno di fatto un effetto retroattivo. Peggio ancora è se, per contenere la proliferazione di domande, si cerca, come parzialmente fa la bozza di decreto circolata in questi giorni, di complicare gli iter autorizzativi. Insomma: questo è il tipo di proteste che mi sento di sottoscrivere al 95 per cento. Dico “95” e non “100” per cento perché, in presenza di sussidi estremamente generosi, c’è anche l’altra faccia della medaglia: chi compra un bond argentino, non può pretendere la sicurezza di un bund tedesco. Quindi, pur con tutte le cautele del caso, mi pare importante evidenziare anche questo aspetto.

Oltre a questo, però, c’è qualcosa di più. C’è che le diverse associazioni che hanno preso la parola (c’erano, mi pare, 26 speaker!) non avevano solo punti di vista diversi: avevano punti di vista opposti su alcuni temi. Il tema che più di tutti catalizzava le ostilità erano, surprise surprise, i sussidi al fotovoltaico. La ragione è semplice, e duplice: da un lato incentivi così alti per una fonte finiscono per sputtanare l’intero settore, facendolo oggetto dell’indignazione di chi, gli incentivi, anziché riceverli li paga. Dall’altro, nel momento in cui la torta si restringe (in Italia e in tutta Europa) c’è maggiore competizione per aggiudicarsi le fette più gustose. La divergenza tra le associazioni non si limitava al “la mia fonte è meglio della tua” (come ha efficacemente detto Roberto Longo di Aper): la polemica era anche intra-tecnologia, ancora una volta specialmente per il fotovoltaico, con la tensione tra “industriali” e “finanziari” (questi ultimi ultrà del sussidio alto a tutti i costi, i primi disponibili a barattare sussidio con certezza) e quella tra presidenti “presidenti” e presidenti “politici” (ma, confesso, questa è una mia malignità).

In generale, comunque, ha faticato a emergere – ma è emersa – la consapevolezza del punto di origine di tutto questo: i presunti benefici ambientali. Se è l’ambiente a giustificare gli incentivi, è (o dovrebbe essere) il beneficio ambientale a dettare il valore dell’incentivo, e quindi a guidare i costi e la selezione delle diverse fonti. Una politica di incentivi fortemente differenziati (che ha un estremo nel sussidiatissimo fotovoltaico e l’altro estremo nelle neglette rinnovabili termiche) determina necessariamente esiti inefficienti, cioè implica una spesa maggiore di quella che potrebbe essere affrontata, a parità di beneficio. A maggior ragione questo è vero se dobbiamo credere alle stime ottimistiche sulla riduzione dei costi del fotovoltaico, che addirittura – secondo Gianni Silvestrini – sarà “oltre la grid parity” nel 2017. Ora, perché dobbiamo pagare l’iradiddio di sussidi per una tecnologia che nel 2011 già sappiamo sarà obsoleta tra sei anni va al di là della mia comprensione.

Ne segue che non c’è ragione, o almeno non c’è ragione ambientale, per riconoscere un incentivo differenziato. L’argomento che in questo modo si favorisce la creazione di una filiera italiana è a sua volta scivoloso. Lo è anzitutto perché fattualmente non è del tutto vero: si creano extraprofitti, come è stato chiaro da alcuni interventi. E poi lo è perché, come ci insegnano tonnellate di evidenza, il protezionismo non paga mai. Per creare una filiera italiana, si impoverisce la società intera, e il saldo netto non può che essere negativo.

Poi c’è un’altra questione ancora: il giornalista di Quotidiano energia, Evgeny Utkin, ha fatto una domanda che è rimasta perlopiù inevasa (qui citato da Lucia Navone): se, con tutte le attenzioni del caso alla certezza del diritto, nel lungo termine gli incentivi venissero dimezzati, il solare sarebbe sostenibile? La risposta, solo parziale, è stata “no”. Ma se questo è vero, non solo contraddice le previsioni di Silvestrini, ma soprattutto rafforza la domanda precedente: perché dovremmo sussidiare una tecnologia che ha costi superiori a tutte le altre rinnovabili, a parità di beneficio ambientale?

L’unico abbozzo di risposta è arrivato da un altro partecipante, con cui poi ho discusso a lungo dopo il convegno, il quale sostanzialmente dice: è vero che prendiamo i sussidi, ma con questi sussidi produciamo Pil, sul Pil paghiamo le tasse, e con le tasse ci ripaghiamo i sussidi. Quindi il gioco è a costo zero. E invece no: perché, ammesso che le tasse eguaglino i sussidi, questo significa che le imprese solari hanno un carico fiscale effettivo dello zero per cento! Andatelo a raccontare a tutti quelli che, invece, pagano le tasse senza ricevere alcun sussidio per compensarle, e loro vi risponderanno: nessun pasto è gratis, almeno per noi.

Morale della favola: resto convinto che i sussidi siano eccessivi e che sia sbagliato mantenere un sistema di incentivazine discrezionale. L’unica molto parziale giustificazione di tutto l’ambaradàn è il beneficio ambientale, e lo strumento migliore per garantirlo è questo. Finché non si troverà un equilibrio accettabile tra il beneficio ambientale, l’onere per i consumatori, e l’equità nella distribuzione dei sussidi (perché benefici eguali sono remunerati in modo molto diverso), continueremo ad assistere a questo teatrino di interventi nel segno dell’incertezza del diritto, con governi simpatetici ad aprire i cordoni della borsa e governi antipatizzanti a richiuderli. Questa fisarmonica non fa bene a nessuno, e meno di tutti all’industria rinnovabile.

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9 Responses

  1. Nazario Tricarico

    Non saprei…. ma ho come la sensazione che alcune valutazioni siano un tantino capziose. Quello che Le sfugge è la matrice politica… i retroscena inquietanti di questo “taglio”, anzi di questo “sfregio”, sono quasi tutti politici. Fino a prova contraria , non mi pare che Palazzo Chigi sia l’abituale dimore della Bella addormentata nel bosco. C’è strategia…. non a caso mancavano tutti gli attori istituzionali. In secondo luogo, credo che ad inquinare i fatti, a non permettere che il cerchio del suo ragionamento si chiuda perfettamente, sia sempre la solita ossessione che soggiace ai testi: Stagnaro non ama le rinnovabili, vuole il nucleare, e vuole necessariamente fare il reazionario contro gli ambientalisti fessi di provincia. Su questi ultimi posso essere anche d’accordo con lei, però un po’ di buon senso – mi conceda – non possiamo contare i bulbi piliferi dell’orifizio anale a quelli del settore rinnovabile, costretti per giunta a fare ricerca per sopravvivere nel lungo periodo, mentre c’è l’Enea ad esempio che brucia miliardi di euro per il nucleare, continuando a balbettare sulle gestione delle scorie. Ritengo insufficiente l’intero ragionamento anche perché non possiamo – ribadisco NON POSSIAMO – affrontare le sfide ambientali ed energetiche prescindendo dai problemi strutturali del Paese, che vado a mettere nel mio personalissimo ordine: Etica pubblica, evasione fiscale, DEBITO, pubblica amministrazione, scuola, giustizia e infrastrutture.

  2. Vittorio Riccaboni

    Sono un piccololissimo produttore che attende il sussidio. Mi chiedo questo: se si dimezzassero I sussidi, I costi di acquisto e installazione si dimezzerebbero? Secondo me SI

  3. Ugo Pellegri

    Ho parlato recentemente con persone che si interessano di risparmio energetico e sono rimasto sorpreso, pur trattandosi di persone professionalmente preparate, come nel loro ragionamento il concetto di ritorno sull’investimento sia del tutto assente sostituito dal risparmio derivante dall’incentivazione.
    Se questi sono i risultati degli incentivi demagogici, meglio eliminarli.

  4. sfsg

    anche un criceto che fa girare una ruota genera energia pulita.
    secondo il ragionamento di chi vuole i soldi del popolo, vanno finanziati anche chi fa energia con i criceti.

  5. Giovanni Bravin

    @Ugo Pellegri
    Sig. Pellegrini, Lei ha incontrato “Pseudo ecologisti”. Sono più interessati alle incentivazioni che al vero risparmio energetico futuro. Chissà cosa ne penseranno i loro figli o nipoti!

  6. Giovanni Bravin

    I nostri politici e governo, sono i primi a non volere “spingere” le fonti rinnovabili! Vorrei vedere molti edifici pubblici, campi sportivi, piscine etc. che sfruttino il fotovoltaico ed il solare termico. La geotermia è pressocché sconosciuta in Italia, ma usata moltissimo nella vicina Svizzera. Generatori eolici, servono solo per scopi elettorali, ma se non seguiti adeguatamente con la manutenzione si fermano, come in Sicilia. Molti parcheggi comunali a Milano, sono edificati ex-novo, senza avere previsto una stazione di ricarica per vetture elettriche. Siamo nel 2011, intanto vediamo altre nazioni che mettono in circolazione, o stanno progettando veicoli ibridi, a fuel-cell, ad idrogeno e a propulsione elettrica. In Italia, invece….

  7. Giovanni Bravin

    Sig. Stagnaro: Se il Ministro Romani ha dichiarato che alla Camera non c’è campo, bisogna credergli! Ovviamente, tutti i parlamentari che appaiono in video, fingono di parlare COL proprio telefono cellulare, per sentirsi importanti. Per fortuna che un Ministro li ha sbugiardati……

  8. marco

    Correttissimo, i sussidi devono essere passeggeri, per consentire di superare senza troppi sacrifici la fase di avviamento, dopo devono decrescere rapidamente ed eventualmente accompagnare alcune piccole manovre di assestamento per cicli di riadeguamento delle competenze tipiche del processo (produttivo/distributivo/ installativo/ e non son proprio sicuro se includere il finanziario come elemento postulante un “aiutino”).
    Tutto il resto e’ politica corruttiva e clientelare: spazzatura!
    E’ ovvio che ci siano, escluso solare ed eolico, altri infuriati:microelico, mini idrico, biomasse, geotermico, biocarburanti.

  9. nicola maria tommasini

    Sono un ex ricercatore (anzi sperimentatore) degli anni ’90 sulle energie rinnovabili. Allora eravamo poche decine in Europa, finanziati dalla CE direttorato DGXII, riuniti in Euronetwork. Tutti non ci prendevano sul serio: università, verdi e Istituzioni (compresi coldiretti, confagricoltura e cia). Ci confrontavamo su gli economics… che non tornavano mai, in nessuna parte del mondo. Per non parlare delle materie prime per gli energy plant. La logistica, la standardizzazione. Oggi mi occupo di altro e non sono nuclearista. A quanto sembra, le polemiche sono le stesse. Le rinnovabili sono attaccate dai petrolieri (si sapeva) dagli ambientalisti (paranoia, i veri conservatori!), mal tollerate dalla Politica (portano voti….?) Si tende a dimenticare che il petrolio stravolge tutto e fa dimenticare anche la prudenza degli economisti nelle previsioni. Nessuno oggi osa fare previsioni serie sul prezzo del petrolio al barile. Al contempo nessuno osa pensare un mondo senza petrolio e mi riferisco alla difficilissima situazione che sta attraversando il settore delle biotecnologie, incapace a dare risposte sostitutive. La massima incertezza regna come è noto anche nella finanza. Concordo con chi afferma che suoni male chiedere certezze sul futuro delle rinnovabili. In effetti solo gli illusi pensano che politiche sulla domanda aggregata (leggi J.M. Keynes) possano dare qualche speranza oltre che nel breve periodo. Credo piuttosto che la disperazione sia l’unica a promuovere la ricerca (come diceva il collega di Keynes, J.A. Schumpeter sull’innovazione). Oggi siamo tutti disperati. Il mercato, che lo vogliano o meno politici, ambientalisti e petrolieri, vuole energia. Chi ha l’innovazione prende tutto il cucuzzaro (forse). Le altre cose sono chiacchiere. Conosco sindaci di piccoli comuni che pur di risparmiare poche decine di migliaia di euro sull’illuminazione pubblica sono disposti a mettersi in gioco. Imprenditori disperati alla ricerca di spazi interni per limare i costi. Quindi nel rispetto dell’operatori del fotovoltaico che hanno buone ragioni per lamentarsi, affermo che il vero problema è che non abbiamo idee nuove. Qualcosa all’orizzonte c’è. Ma parla cinese e indiano oltre al solito californiano. E perchè non italiano? I vincoli ci paralizzano? Sciocchezze, per molto meno si rischia. Non c’è ne vogliano gli amici e colleghi del fotovoltaico, ma i sussidi fanno comodo se sono per tutti e spingono al nuovo.
    Solidarietà per i pannellisti per i pasticci del 4° conto energia, rispetto per chi lavora! ma ci vuole altro per cambiare le cose. Siamo seri e non diamo la colpa al Ministro di turno.

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