31
Dic
2013

Cinque riforme a sforzo zero per il 2014

Ci sono riforme che hanno un rilevante costo economico: per esempio, per ridurre le tasse bisogna prima tagliare la spesa almeno in egual misura. Altre riforme impongono costi politici e sociali: per esempio le liberalizzazioni e privatizzazioni impongono significativi costi di aggiustamento per i dipendenti delle aziende ex monopoliste, e comunque richiedono tempo per produrre effetti. Ci sono, infine, riforme che dipendono solo dalla volontà: qui si propongono cinque riforme, ma sarebbe meglio chiamarle fioretti, per il 2014.

Le riforme “a sforzo zero” non sono vere e proprie riforme: non richiedono di pensare in modo diverso il funzionamento della macchina statale (come la riforma tributaria) né di cambiare leggi o riorganizzare aziende (come le liberalizzazioni). Si tratta, piuttosto, di cambiamenti che investono non tanto l’ “ambiente” politico-normativo, quanto i comportamenti degli attori politici. Sono piccoli cambiamenti di atteggiamento che possono produrre grandi risultati in termini di trasparenza e qualità del dibattito pubblico. La ragione per cui faticano a essere messi in atto va cercata nello “status quo bias“: la resistenza che tutti opponiamo al fare in modo diverso cose che abbiamo sempre fatto allo stesso modo. Se Enrico Letta vuole dare un senso alla stabilità; se Matteo Renzi vuole cambiare verso; se una destra nuova e decente esiste e vuole battere un colpo: queste riforme si possono mettere in atto, da domani. Se lo si vuole, sempre che lo si voglia.

1. Rispettare le leggi. Sembra assurdo, ma un enorme segnale di novità verrebbe da uno Stato che rispettasse le sue leggi e le sue scadenze. L’esempio più clamoroso è quello dello Statuto del contribuente, quanto meno nelle parti che impediscono la retroattività delle norme fiscali: non vogliamo più sentir dire che “negli interventi fiscali la retroattività si rende spesso necessaria per ragioni di copertura“. Altri esempi vengono dal sofferto rapporto dell’Italia con le direttive europee: Serena ha ricordato numerosi esempi di violazioni ovvie e dichiarate, compiute da questo governo negli ultimi mesi. La sistematica deroga alle leggi crea incertezza del diritto e alimenta nei cittadini la percezione che la legge non sia una cosa seria. Cari Letta, Renzi & Co., vi impegnate a mettere fine a questa inaccettabile disparità tra lo Stato e i sudditi?

2. Scrivere leggi rispettabili. Non è obbligatorio scrivere leggi incomprensibili. La Costituzione consente pure di scrivere norme che siano decifrabili dal cittadino. Questo implica, tra l’altro, evitare provvedimenti “omnibus”, adottare nella redazione delle norme l’italiano e non quella lingua incomprensibile fatta di continui rimandi ad altri provvedimenti, una più rapida disponibilità dei testi normativi, e così via. Cari Letta, Renzi & Co., vi impegnate a non produrre più norme confuse, caotiche e inapplicabili?

3. Definire le parole. L’italiano è una lingua ricca di sfumature e consente di esprimersi con grande precisione. Non si capisce, quindi, perché i termini debbano essere o svuotati di significato, oppure usati con un significato diverso da quello convenzionale. Un esempio del primo caso: che cavolo significa dire che un’impresa (o un settore) è “strategica“? Un esempio del secondo caso: perché il termine “acconto”, che secondo il dizionario ha questo significato, viene impiegato con quest’altro significato? Cari Letta, Renzi & Co., vi impegnate a definire i termini prima di utilizzarli, e a utilizzarli nel senso che è stato fornito con la definizione (o che risulta dal dizionario) e non con un significato diverso?

4. Meno numeri, più dati (o, se volete, meno favole e più modelli, per rubare l’espressione ad Alberto Bisin). Ha fatto molto discutere l’entusiasmo del premier, del vicepremier e di alcuni ministri per i dati della Cgia di Mestre sulla pressione fiscale per le famiglie. Nulla contro la Cgia, ma su questioni delicate come quelle di finanza pubblica esistono fonti ufficiali ed è bene che i massimi rappresentanti delle istituzioni si riferiscano a quelle, lasciando a noi scribacchini il compito di fargli le pulci. Se il governo fa le pulci a se stesso abbiamo un cortocircuito. Allo stesso modo, sarebbe di cruciale importanza per la qualità del dibattito pubblico il ricorso – come peraltro prevede la legge – a una seria valutazione di impatto per tutte le norme di una certa rilevanza. Solo in quel modo potremo discutere di cose serie evitando di dare l’impressione che i “numeri” siano grandezze prive di significato reale. Questo presuppone però anche fornire dati in tempo reale e rendere note le metodologie che sono state impiegate per determinarli. Cari Letta, Renzi & Co., vi impegnate ad avere rispetto per i dati e a fornire, in piena trasparenza, tutte le informazioni necessarie perché ciascuno possa farsi un’idea sugli effetti dei vostri provvedimenti?

5. Rispettare l’autonomia delle istituzioni. Sarebbe, infine, un salto quantico di civiltà se ogni corpo dello Stato rispettasse le prerogative e l’autonomia degli altri. Faccio un esempio relativo al settore che meglio conosco (l’energia) ma sono sicuro che non mancano casi anche altrove. Da alcuni anni, i governi hanno introdotto una serie di prelievi ai danni dell’Autorità per l’energia o della bolletta elettrica. Questi interventi, che negano di fatto l’indipendenza dell’Autorità, hanno pure l’effetto di fiscalizzare una quota crescente della bolletta elettrica e gas e, va da sé, di farne lievitare l’entità, con una serie di effetti negativi sia di natura macroeconomica, sia sul corretto svolgimento delle dinamiche competitive. Lo ha scritto benissimo Stefano Agnoli, qualche giorno fa. Il punto è che la sfera di competenza di un organo dello Stato dovrebbe essere intangibile per gli altri organi dello Stato. Vale per l’indipendenza dei regolatori rispetto al governo, ma vale anche in tanti altri casi. Cari Letta, Renzi & Co., vi impegnate a dare al fisco ciò che è del fisco, ai regolatori ciò che è dei regolatori, e a ciascuno ciò che gli spetta?

Queste “riforme” non sono vere e proprie “riforme” ma semplicemente la scelta consapevole e coraggiosa di adottare prassi migliori. Il primo passo per diventare un paese normale, è comportarsi da persone normali. Buon 2014 a tutti.

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3 Responses

  1. DDPP

    Gentile dott. Stagnaro,
    leggo sempre con piacere i suoi articoli. Sia per il taglio analitico che per l’incisività con cui tratta temi di solito affogati da luoghi comuni e ideologie varie.
    Questa volta sono in completo disaccordo con la definizione di “Riforme a costo zero” declinata nei cinque punti che di seguito espone.
    La sua esposizione presuppone che noi siamo cittadini di questo stato: non è così. Noi ne siamo i sudditi.
    Il Sovrano non accetta alcuna limitazione al suo potere. Men che meno alle leggi che sono destinate a noi sudditi e non a lui stesso.
    Il capovolgimento dell’ideologia repubblicana in merito alla democrazia propinataci per questi lunghi decenni ci svela chiaramente cosa si cela dietro all’attività di normazione e di governo del Sovrano.
    Ma chi è il Sovrano?

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