27
Apr
2012

TAV: i numeri del Governo non convincono

Da lungo tempo i critici del progetto sollecitavano il governo a presentare una valutazione costi-benefici della nuova linea alta velocità Torino – Lione. Ieri i risultati dell’analisi sono stati resi noti. Come ci si poteva aspettare, la valutazione del governo è di segno opposto a quella, fortemente negativa, formulata tempo addietro da esperti indipendenti. D’altra parte: quale governo avrebbe potuto rendere pubblica una valutazione che contraddiceva una scelta già adottata? Questa è dunque la prima anomalia dell’approccio al problema: prima si decide di realizzare un’infrastruttura e dopo la si sottopone a valutazione. Ma non è certo l’unica. La più eclatante è quella che riguarda le ipotesi che sono alla base della valutazione del governo ed in particolare le stime relative all’evoluzione della domanda di trasporto. Tali stime non compaiono nel documento presentato ieri dal Commissario Virano: le si possono però trovare in una presentazione di fine marzo a cura del responsabile dello studio, il prof. Fabio Pasquali. Poiché, come evidenziato nei risultati dell’acb, la parte largamente prevalente delle ricadute positive del progetto sarebbe riconducibile al settore merci, focalizzeremo la nostra attenzione su di esso confrontando l’evoluzione reale dei flussi nell’ultimo quarto di secolo e quella ipotizzata per i prossimi quaranta anni. Ebbene, lungo il settore occidentale delle Alpi, il traffico merci complessivo è cresciuto da circa 20 milioni di tonnellate a metà anni ’80 fino a raggiungere un massimo di 35 milioni a cavallo del secolo. Nell’ultimo decennio, a differenza di quanto accado sul versante austriaco e su quello svizzero che hanno visto proseguire il trend di crescita dei flussi, si è registrata una netta inversione di tendenza che ha riportato nel 2009 i traffici ad un livello pressoché identico a quello di partenza. Si è quindi modificata radicalmente la distribuzione territoriale del commercio estero del nostro Paese con una progressiva crescita degli interscambi in direzioni nord ed est ed una contrazione di quelli verso nord-ovest. Tale andamento è stato solo marginalmente influenzato dai lavori sulla linea storica: la contrazione dei flussi sul versante nord-occidentale è comune a strada e ferrovia ed è altresì precedente all’attuale fase di recessione economica. Tale realtà sembra essere stata ignorata dagli autori dello studio i quali, sullo stesso segmento alpino che ha visto i flussi quasi dimezzati nel nuovo secolo, ipotizzano si passi dai 20 milioni di t del 2009 a 60 milioni nel 2035 e a poco meno di 100 milioni a metà secolo nel caso non venisse realizzata la nuova linea ferroviaria (110 nello scenario di progetto).

E’ su queste previsioni platealemente in contrasto con la realtà dei fatti che poggia la valutazione del governo. Nonostante questo, i risultati dell’analisi sono tutt’altro che entusiasmanti. Il VAN economico dell’opera è prossimo allo zero. Modesti scostamenti sia dal lato dei costi di realizzazione dell’infrastruttura che dei benefici porterebbero ad un risultato negativo. Ma lo scenario più verosimile è assai più pessimistico: a livello mondiale, i traffici reali delle infrastrutture ferroviarie sono in media il 40% inferiori a quelli ipotizzati in sede di progetto mentre i costi sono più alti del 45% (come noto, nel caso dell’alta velocità italiana gli scostamenti sono risultati di gran lunga superiori al 100%). Molti giornali oggi titolano gli articoli dedicati alla conferenza stampa di Virano evidenziando la cifra di “12 miliardi di euro” di vantaggi: non si tratta di vantaggi economici che, come detto, sono trascurabili ma della traduzione in termini monetari dei benefici ambientali e della riduzione della incidentalità stradale. In particolare a quest’ultimo fattore viene attribuito un peso largamente maggioritario, 8,3 miliardi di euro, pari al 75% di tutte le ricadute positive non economiche, che equivalgono a a circa 360 milioni di euro su base annua (periodo di riferimento di 50 anni e tasso di attualizzazione del 4%). Non è nota la metodologia di calcolo ma il dato appare del tutto anomalo rispetto alle valutazioni che si ritrovano in letteratura e che attribuiscono a ciascun decesso evitato un valore pari a 1,5 milioni. La nuova linea, secondo gli estensori dell’analisi, comporterebbe un beneficio corrispondente alla riduzione del numero di morti in incidenti stradali pari a 240. Peccato che il totale dei decessi causati oggi dai mezzi pesanti sull’intera rete autostradale italiana sia pari a centoventi (la metà rispetto a trent’anni fa) e che la riduzione del traffico pesante sull’intera rete conseguibile grazie alla nuova linea sia dell’ordine dell’1%. I conti non tornano e l’analisi del governo sembra essere nient’altro che una formalità cui ottemperare ma senza alcuna rilevanza nel processo decisionale. La cosa non dovrebbe stupire più di tanto. Nè il decisore politico nè i responsabili dell’analisi dovranno mai rispondere ad alcuno di stime irrealistiche. E probabilmente nessuno di loro sarebbere disposto a scommettere un euro sulla accuratezza delle previsioni fatte. Così come nessun soggetto imprenditoriale è disposto ad investire risorse proprie nel progetto. Che sia questa la migliore valutazione della TAV?

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22 Responses

  1. paolo

    e adesso tutti a dire che Mr. Ramella è un NO TAV !!!
    Monti, leggi, analizza, rifletti e i soldi della TAV girali a chi sviluppa turismo e cultura.

  2. claudio p

    Loro sono ladri e bugiardi, e noi, che paghiamo la TAV con le tasse, siamo i loro schiavi.
    Gli schiavi che costruivano le piramidi erano più furbi di noi.. appena le finivano di costruire ci infilavano dentro il faraone e tutta la corte. Qualcuno ha calcolato quanti burocrati potremmo seppellire in quello stupido tunnel!?

  3. Su questo blog si era gia parlato del Tatcher-test. Condivido assolutamente la posizione. Tutti gli industriali che vogliono il TAV, perchè non ci investono anche?
    Quello che è orribile è che l’opposizione al TAV è diventata monopolio di “montanari” o centri-sociali NoTav-NoInceneritore-NoDalmolin-Notutto.

  4. lodovico

    creiamo una società con maggioranza pubblica limitata al 51%. I ministri tecnici e Monti e tutti coloro che credono in questo progetto potrebbero investire il 5% del loro patrimonio. Queste partecipazioni saranno esentasse per i prossimi 20 anni. Vediamo chi investe.

  5. filippico

    TAV = corridoio logistico per guerra al medio oriente.

    Io sono pro TAV solo perchè è utile militarmente parlando.

    E con i tempi che corrono è meglio vederla su questo piano visto che l’Italia è la piú esposta alle guerre in medio oriente.

  6. Francesco P

    Non so come siano state calcolate le proiezioni dei traffici 2035 e 2053, ma a prima vista mi sembrano ottimistiche per un’Europa che non cresce come competitività e ricchezza. In ogni caso non c’è da mettere in discussione l’utilità del “corridoio” che mette in relazione il sud ovest con il sud est del nostro continente; c’è da discutere dell’economicità di un suo specifico “anello”, la nuova tratta alpina, quando è già stata decisa ed avviata la sua realizzazione.

    Il nuovo traforo è decisivo per salvaguardare la funzionalità del “corridoio”? Se la risposta è sì, allora s’ha da fare anche se la singola tratta non è economica.

    Un opera del genere non è per i privati o per i singoli Stati. Si tratta di una tipica infrastruttura con benefici su scala continentale e secolare che dovrebbe essere finanziata con gli eurobond, ormai diventati mitici come il sarchiapone.

    Il nodo economico vero è un altro ed è indipendente dalla TAV: esistono in Italia le infrastrutture, gli operatori e le regolamentazioni che permetterebbero di trarre profitto dall’aumento dei traffici? Esistono i capitali per migliorare gli scali merci e per permettere la nascita di nuovi operatoti della logistica capaci di offrire maggiore flessibilità nell’invio di merci via ferro?

  7. Francesco P

    @paolo

    Finora turismo e cultura sono serviti ad arricchire i soliti noti! Meglio buttarli in opera che oggi paga un po’ di stipendi e forse useranno i nostri nipoti piuttosto che gettarli nel tritacarne di uomini senza arte ne parte, ma con tanti intrallazzi e che si nascondono dietro paroloni.

  8. Alessandro

    Che i dati della TAV siano gonfiati lo testimonia anche il fatto che tra Torino e Milano molti treni sono costretti a fermare sia a Novara che Vercelli per poter raccogliere passeggeri. Questo perchè tra Torino e Milano non vi sono flussi tali da giustificare collegamenti non stop. Alla fine si ha lo stesso servizio ante TAV.

  9. Andrea

    Mi sembra che i temi trattati nell’articolo, ed alcuni nei commenti, siano già stati esaminati nell’articolo”TAV:le ragioni liberali del Sì” della stessa Ibl.

    Niente di nuovo sotto il sole.

  10. Augusto Albeghi

    Finalmente qualcuno comincia a razionalizzare il problema!

    Una semplice considerazione, poiché non è l’offerta che crea domanda ma la domanda che viene sddisfatta dall’offerta; quale domanda sarebbe soddisfatta dalla TAV? Sembra nessuna …

  11. mick

    A chi chiede di “privatizzare” l’opera dico che sono d’accordo. Però vorrebbe dire non farla… scherziamo i grandi capitalisti nostrani che si pigliao un rischio? Ma dico diamo i numeri… se dietro non hanno stato o regioni o province o comuni e incassi garantiti non muovono manco uno spillo.

  12. mick

    P.S. Oviiamente ammettendo che sta benedetta tav abbia un senso in termini econmici. Cosa di cui dubito.
    D’altro canto è o dovrebbe essere un progetto europeo o almeno franco-italiano.

  13. chiara ruocco

    Monopolio? Penso che i “montanari” in questione sarebbero ben felici di ricevere aiuto. Sono soli, inascoltati e pure picchiati.@Roberto

  14. Terenzio Longobardi

    Caro Ramella,
    le analisi costi benefici, i VAN, sono strumenti utili, ma i l’aleatorietà dei dati in ingresso li rende facilmente manipolabili in funzione dei risultati che si vogliono ottenere. E’ possibile che questo succeda, in un senso e nell’altro, anche nel caso della Torino – Lione.
    Io preferisco fare un ragionamento più semplice e concreto. Al confine tra Italia e Francia, ormai da alcuni anni, dopo una fase di decrescita delle merci trasportate, tale valore si è stabilizzato intorno ai 40 milioni di tonnellate (al 90% su gomma). Ipotizziamo conservativamente che questa quantità rimanga costante nei prossimi decenni. In effetti ci sono tendenze economiche che spingono per una crescita degli scambi commerciali nell’area occidentale dell’Europa, altre che vanno nel senso opposto, quindi l’ipotesi di partenza mi pare sufficientemente plausibile.
    Immaginiamo che per esigenze di riduzione dell’impatto ambientale e sanitario, dei consumi energetici, si voglia operare una conversione spinta del trasporto merci dalla gomma al ferro. Ma anche per motivi economici, perchè lo Stato italiano, per evitare una catastrofica paralisi nella distribuzione delle merci concede ogni anno agli autotrasportatori generose agevolazioni fiscali, pari a circa il costo previsto dall’ultima versione del contestato progetto ferroviario.
    Immaginiamo di emulare la Svizzera che già ora trasporta con i treni il 63% delle merci e si prepara ad aumentare questa percentuale con la costruzione in fase di ultimazione di tre nuove gallerie ferroviarie, di cui quella del Gottardo è del tutto simile al tunnel di base previsto tra Itralia e Francia. Ma siccome siamo italiani, ci accontentiamo di fermarci a una quota del 60%. Dovremo quindi trasportare 24 milioni di tonnellate su ferro. Bene, mi pare un dato assodato che la linea ferroviaria esistente non sia in condizione di sostenere questo traffico (oltre ad essere penalizzata dai limiti tecnologici che giustamente sottolinea il Governo).
    Quindi la scelta europea, forse anche oltre le reali intenzioni, mi pare lungimirante. Se vuole dedicare qualche minuto del suo tempo a leggere due miei approfondimenti sulle questioni estremamente sintetizzate in precedenza, li può trovare qui: http://www.imille.org/2012/02/tav-torino-%e2%80%93-lione-senza-pregiudizi/
    http://www.imille.org/2012/03/tav-tir/
    Cordiali Saluti.

  15. Francesco Ramella

    @Terenzio Longobardi
    Caro Longobardi:
    1) Al confine Italia – Francia i traffici sono in calo da un decennio (50 milioni di t nel 2000, 47 milioni nel 2004, 38 milioni nel 2008). Ed il calo è ancor più forte per il segmento nord-occidentale (Monte Bianco + Fréjus), che rappresenta il mercato più rilevante per la TAV e che correttamente viene considerato nell’acb del governo.
    2) I contributi all’autotrasporto sono intorno ai 400 milioni/anno. Un ventesimo del costo del tunnel. Dovrebbero essere al più presto eliminati e non vi sarebbe alcuna paralisi della distribuzione delle merci. Semplicemente, il costo del trasporto verrebbe interamente sostenuto dai produttori / consumatori e non in parte dal contribuente (e vi sarebbe qualche recupero di efficienza).
    3) La nuova linea non avrebbe alcun impatto rilevante sulla movimentazione complessiva delle merci nazionale. Secondo l’analisi del governo, la nuova linea ridurrebbe il traffico su strada di circa 600mila veicoli all’anno pari a 2000 veicoli al giorno. Meno dell’1% del traffico di veicoli pesanti sulla rete autostrdalale italiana
    4) L’impatto sarebbe anche del tutto trascurabile dal punto di vista ambientale (http://www.lavoce.info/articoli/pagina2614.html).
    5) La quota modale della ferrovia in Svizzera è conseguenza dei vincoli imposti al trasporto stradale e non all’esistenza di linee “ad alte prestazioni” che ancora non sono in esercizio. Il cambio modale non dipende se non in misura marginale dalle caratteristiche delle infrastrutture. Il quasi monopolio della strada è universale e nessun cambio modale si è registrato sul territorio nazionale dopo la realizzazione delle nuove linee AV (costate moltissimo anche per essere accessibili ai treni merci). Non c’è investimento infrastrutturale che possa modificare in misura apprezabile l’attuale ripartizione modale strada/ferrovia (http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002362.html)

    Cordiali saluti,
    Francesco Ramella

  16. Terenzio Longobardi

    Caro Ramella:
    1) E’ quello che ho scritto io, ma bisogna aggiungere che gli ultimi dati disponibili per il 2010 registrano una crescita fino a 42 milioni di tonnellate. Quindi i 40 milioni da me indicati come base per la programmazione continuano a sembrarmi del tutto plausibili, così come i 24 milioni da trasferire sulla nuova ferrovia, data l’inadeguatezza della linea storica.
    2) Io ho stimato in circa 3-4 miliardi all’anno le agevolazioni fiscali sull’acquisto dei carburanti per autotrasporto delle merci. Ma a prescindere da questa differenza di valutazione, si tratta di un valore vicino al costo per l’Italia dell’ultimo progetto “low cost” (sottraendo la quota dell’UE e della Francia dal costo complessivo). Comunque, sono d’accordo anch’io che gli aiuti alla gomma dovrebbero essere eliminati, ma temo a differenza di lei che gli autotrasportatori bloccherebbero immediatamente il trasporto delle merci, come hanno già fatto in passato (ad esempio in corrispondenza del picco dei prezzi nel 2008) ottenendo così la riduzione delle accise.
    La verità è che la crescita strutturale dei prezzi petroliferi mette fuori mercato l’autotrasporto privato, ma lo Stato è costretto a parzialmente “nazionalizzare” un servizio indispensabile, il trasporto delle merci, in assenza di alternative disponibili.
    3) e 4) Se si trasferisse il 60% delle merci su ferrovia la riduzione dell’impatto ambientale e dei consumi energetici sarebbe rilevante a livello locale. L’analisi del governo sulla riduzione delle emissioni di CO2 è corretta. Gli svizzeri stanno trasferendo le merci sui treni proprio per questi motivi, non dimentichiamo che i motori diesel sono i principali emettitori delle famigerate polveri sottili. ma sono d’accordo che è necessario attuare una politica nazionale di riconversione modale nel settore dei trasporti.
    5) Non ci raccontiamo favole, il monopolio della strada è una scelta politica, non una ineluttabile legge del mercato, lei stesso lo ammette citando le politiche della Svizzera. Poi, che gli interventi infrastrutturali non incidano sul cambio modale mi pare un’affermazione alquanto azzardata. Delle tre previste, la galleria del Lotschberg è già stata inaugurata nel 2007. Non si capisce perchè la Svizzera dovrebbe affannarsi a bucare le sue montagne se fossero sufficienti le giuste misure di vincoli già imposte.
    Cordiali saluti.

  17. Francesco Ramella

    @Terenzio Longobardi
    Caro Longobardi:
    1) La crescita del prezzo del petrolio non ha affatto “messo fuori mercato” l’autotrasporto privato che continuerebbe a soddisfare quasi l’intera domanda anche senza sussidi del governo (l’automobile soddisfa oltre l’85% della mobilità delle persone pur non ricevendo alcun sussidio ed, anzi, in presenza di un’elevatissima pressione fiscale sui carburanti e di rilevantissimi sussidi ai trasporti collettivi).
    Oltre l’80% dell’autotrasporto è su distanze medio-brevi (all’interno delle singole Regioni) per le quali la ferrovia non costituisce un’alternativa realistica.
    2) Il 63% della quota modale della Svizzera – obiettivo che a suo avviso dovrebbe giustificare la realizzazione della tav – è il risultato delle limitazioni imposte al traffico su strada e non della presenza di infrastrutture migliori: nel 1980 la quota della ferrovia era superiore al 90% (analogamente a quanto accadeva nell’Europa dell’Est prima della caduta del muro). Peraltro, i divieti (oggi i pedaggi) imposti al traffici internazionali non modificano il quadro complessivo a scala nazionale che ha visto negli ultimi cinquant’anni l’autotrasporto acquisire gran parte del mercato del trasporto merci non diversamente da quanto accaduto in tutti gli altri Paesi.
    3) L’impatto ambientale in termini di riduzione delle polveri che si avrebbe con la nuova linea è irrilevante anche a livello locale. Il fattore determinante è l’evoluzione tecnologica dei veicoli. Un veicolo a norma Euro V emette il 5% delle polveri rispetto ad un Euro 0. A parità di traffico, nell’arco di trent’anni, diciamo dal 1990 al 2020, le emissioni totali saranno ridotte del 95% (e già oggi in Val Susa le concentrazioni di polveri sono al di sotto dei limiti previsti dalla normativa europea).
    Cordiali saluti

  18. Andrea Dami

    Credo che continuare a sostenere il trasporto su gomma sia folle, ma il problema può essere risolto solo con scelte politiche forti, come quella della Svizzera. In Italia tutto il paese è stato ricostruito dal dopoguerra ad oggi, senza un progetto di nessun tipo a nessun livello. Non sono stati fatti piani di viabilità stradale, ferroviaria, navale ed area unitari e fra loro integrati con strutture di scambio e intersezione, non sono state costruite città che prevedessero strade e parcheggi adeguati ai traffico che sarebbe venuto, con aree commerciali ed industriali giustamente collocate e dotate di adeguati servizi, ecc. Non è stato fatto niente che avesse una progettualità logica a medio e lungo termine, in nessun settore. L’unico obiettivo è stato favorire le clientele locali dei vari partiti e comprare consenso, pagandolo con stipendi pubblici elargiti a milioni di raccomandati, poco o nulla facenti. Nella mente dei nostri politici è sempre stato presente solo un obiettivo: come mantenere le poltrone nella scadenza elettorale più vicina. E questo riguarda tutto il paese, dal governo centrale al più piccolo dei comuni. Nello specifico la TAV potrebbe rappresentare una prospettiva futura, ma, se non si cambia tutto il sistema, risulterà sicuramente una cattedrale nel deserto ed un ulteriore sperpero di denaro pubblico, come tante altre opere realizzate solo per distribuire denaro agli amici degli amici.
    Senza più molte speranze.

  19. arrivo in ritardo, ma faccio lo stesso i complimenti a Ramella…. ottimo lavoro, eccellente. Grazie. Meno male che c’è ancora quialcuno che dice le cose come stanno.

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