30
Nov
2009

Religione pubblica e minareti privati

Contro ogni previsione, il 57,5% dei votanti (quasi il 54% degli aventi diritto; un record) ha sancito il divieto di edificare nuovi minareti sul suolo svizzero. Nessun minareto potrà dunque aggiungersi ai quattro già esistenti (Zurigo, Ginevra, Winterthur e Wangen), in un Paese in cui la presenza islamica si aggira tra le 350 e le 400mila unità il 5% della popolazione. Prevalentemente giovani, di cui si pensa non oltre il 15% segua i precetti religiosi. La Lega esulta, e vince la consueta gara di chi le spara più grosse, proponendo la Croce sul Tricolore italiano e aggiudicandosi i titoli della stampa italiana. Ma, al di là della questione filo o anti Islam, c’è un aspetto che in queste ore tutti tralasciano. La proprietà privata.

C’è davvero un rischio Islam in Svizzera? Oskar Freysinger dell’Unione democratica di centro, tra i principali promotori del referendum, pensa che «il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio, la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell’Islam».

Sul fatto che la messa in discussione della libertà di culto sia al di fuori della mentalità svizzera, a giudicare dalla plurisecolare tradizione in tal senso, in realtà, non c’è di che dubitare. Mario Scialoja, esponente del Centro islamico culturale d’Italia,  nell’astuto tentativo di stemperare i toni  invita a dare poco peso a quella che viene definita «una mera questione paesaggistica».

Che i cittadini svizzeri abbiano così interpretato il referendum è assolutamente da escludere, dal momento che se questa fosse stata la loro effettiva preoccupazione, si sarebbero posti il problema nel lontano1865 quando il magnate del cioccolato Philippe Suchard, appassionato di architettura orientale fece costruire – al solo scopo ornamentale – il primo minareto del paese (che quindi, a rigore, ne conta cinque).

Eppure questa idea ci permette di riportare in primo piano un diritto ancora più fondamentale di quello, pur importantissimo, della libertà di religione. Quello da cui questo, così come tutti gli altri, discende: il diritto di proprietà.

In un universo giuridico in cui tutti i diritti sono quelli che “crea” e istruisce lo Stato, né politici, né cittadini, né giuristi si pongono il problema di come certi “diritti” confliggano – anche indirettamente – tra di loro e con quelli più consolidati. Non c’è stato un solo intervento che facesse presente, anche solo incidentalmente, come la pianificazione urbanistica e paesaggistica (che sia mossa da motivi religiosi nulla toglie né aggiunge) sia di fatto una violazione del diritto di proprietà, sempre più irriconoscibile e isolato sullo sfondo informe della giungla giuridica moderna.

Pur con diverse gradazioni, questa è la prassi comune in tutti i paesi (almeno quelli che possono permettersi di attuarla). Che poi si manifesti sotto forma di esproprio, divieto di edificazione, vincolo paesaggistico poco importa.

Niente di nuovo, certo. Eppure qui non parliamo della nostra povera Italia, ottuso paese statalista e pianificatore, contro cui – senza pure perdere la speranza – da tempo abbiamo imparato a scornarci. Parliamo di un paese, quello dei quattro cantoni, che deve tutta la sua stabilità e la sua ricchezza proprio alla tutela (nei limiti del possibile, come dimostrano le recenti frizioni con i governi più tassaioli d’Europa) della proprietà di individui di qualsiasi nazionalità, religione e anche idea politica. Da cui, perciò, chi crede in certe idee si aspetta sempre qualcosa che lo distingua in meglio. Uno stato federale, per di più, che avrebbe – quantomeno – potuto pensare a una estensione del principio del decentramento decisionale la più ampia possibile.

Nulla di tutto ciò. Solo la democrazia che sferra l’ennesimo colpo alla proprietà (tanto per cambiare) per poi costringere anche i commentatori più illuminati ai salti mortali.

Come nel caso di Felix Gmur, segretario generale della Conferenza episcopale svizzera, il quale, mettendo in relazione la decisione odierna con quella della Corte europea di poche settimane fa ha accostato la battaglia contro i minareti a quella contro i crocifissi concludendo che «la religione non può essere un fatto privato».

Su questo siamo, ognuno nella misura della sua idea, d’accordo. Così come siamo consapevoli che per nessuna ragione si può – né si dovrebbe – ignorare o negare la vastità e la complessità delle ragioni e dei motivi di preoccupazione retrostanti a temi come quello su cui i cittadini svizzeri si sono voluti pronunciare quest’oggi. E siccome non amiamo semplificare la realtà, guardandola dietro deformanti lenti ideologiche, siamo anche consapevoli che non esistono soluzioni facili e immediate per la loro soluzione.

Eppure – umilmente suggeriamo – basterebbe aggiungere che, a differenza della religione, la proprietà può e deve essere «un fatto privato» (da riconoscere e tutelare in ogni sua manifestazione) per diminuiremo sensibilmente il rischio di vivere da sfollati in un mondo che brucia cataste di crocifissi e va all’assedio dei minareti.

31 Responses

  1. andrea lucangeli

    Qui non si tratta di “proprietà privata”. I minareti – come le moschee – rappresentano simboli di culto e non semplici costruzioni architettoniche e finchè non ci sarà RECIPROCITA’ è cosa buona e giusta che l’occidente fermi tutto. “Reciprocità”, infatti, è la parolina magica che – alla fine – fa cadere tutti i ragionamenti: finchè noi occidentali non avremo la possibilità di costruire una CHIESA CRISTIANA alla Mecca o al Cairo allora niente minareti a Parigi, Londra e ..Roma.- I politicanti europei (sempre così attenti al “politicamente corretto”) si sono dimenticati di…..chiedere un parere al popolo.- La risposta è arrivata (era ora) forte e chiara dalla Svizzera: l’Europa ha radici cristiano-giudaiche (checchè ne pensino i burocrati cocainomni e relativisti di Strasburgo e Bruxelles) e non si lascerà colonizzare dall’Islam. Punto.

  2. …mmmmmmmmmmmmm….
    “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri”
    Il piano urbanistico rientra in questo principio anche semplicemente per il rispetto del decoro (aspetto importante ma spesso dimenticato).
    Potrei avere un giardino privato in via arcivescovo MAFFI (dietro la torre di Pisa) e costruirci un palazzo di 200 metri perchè così mi va…
    Potrei (come è stato fatto) costruire un palazzone anni ’70 dietro l’abside di una importante chiesa di Suvereto dando un pugno nell’occhio ai visitatori che da Piombino si dirigono verso quel gioiello di paese che si scopre all’improvviso dietro la statale alberata…
    No, mi dispiace ma la proprietà privata qui non c’entra niente.

    Probabilmente c’entrano altre cose…decoro…sicurezza…sensazione di sicurezza…gestione calibrata e moderata dei cambiamenti…reciprocità (come scrive sopra Andrea)…

    Cosine che il mondo “politicamente corretto” sembra aver dimenticato (per puri scopi egoistici e commerciali) facendo capitolare l’Occidente nei suoi fondamenti.

  3. Eccellente post. E’ vero che non bisogna sottovalutare le ragioni che hanno portato a questo esito del referendum svizzero (il comportamento di Gheddafi con le autorità svizzere ha sicuramente pesato), ma è importante ritornare ai fondamentali: cioè al diritto di proprietà. Non dobbiamo “reciprocare” le barbarie altrui. Dovremmo essere meglio. La Svizzera è spesso stata “meglio”, e anche per questo il voto di ieri è una delusione.

  4. Alessia Monica

    La religione dovrebbe essere un fatto privato, in Europa esiste un laicismo militante che in nome di questa ideologia vogliono eliminare ogni simbolo religioso, andando a ledere un diritto naturale e non solo positivo dell’individuo. La sentenza contro il crocifisso nelle scuole è un attentato di un organo di “controllo”(Corte europea dei diritti dell’uomo) adito da una signora residente in Finlandia che nulla di meglio aveva da fare se non contraddire la sovranità italiana e la portata valoriale del crocifisso, che l’art. 9 del Concordato definisce “patrimonio storico” del popolo italiano, in nome di un battagliero egalitarismo religioso.
    In Svizzera viene alla luce un problema ulteriore, di sicurezza, di convivenza, che ha portato il popolo a rivedere i termini della convenzione firmata anni fa, che oggi alla maggioranza non piace più.
    Lascia basiti il fatto che l’opinione pubblica in nome del political correct debba creare allarmismi e falsi dibattiti e che la stessa Santa Sede debba piegarsi al “sentire comune”.

  5. Alessio Borsotti

    Caro Andrea,nutro un dubbio e ti espongo la mia idea : l’Europa ha origini pagane(non mi risulta che etruschi/celti erano ebrei) e il cristianesimo(deriva dall’ebraismo) arriva dal medio oriente.

    Condivo : “la proprietà può e deve essere «un fatto privato» (da riconoscere e tutelare in ogni sua manifestazione)”…essenza del pensiero liberale

    Altro discorso è la funzionalità dei vincoli adottati dallo Stato:
    Piano Regolatore,piano urbanistico comunale,Piano particolareggiato,Piano di lottizzazione…sicuri che tutto questo funziona? i risultati dicono il contrario!
    Con l’approvazione nel 1998, della Legge Americana sull’Equità dei Trasporti,la sicurezza stradale e la sicurezza personale come criteri progettuali…perchè Urbanistica deve essere uno studio dinamico,solo attraverso l’interagire delle persone possiamo costruire il futuro…altrimenti rimaniamo fermi.

    saluti
    Alessio Borsotti

  6. stefano

    Qualcuno qui pensa che i musulmani, che già essendo pochi sono dei notevoli rompiballe, qualora dovessero diventare numericamente più consistenti rispetterebbero la democrazia e i diritti altrui (compreso il diritto di proprietà)?
    Qui si tratta, appunto, di tutelare la proprietà privata nonché i diritti che da essa discendono: perciò evitiamo di dire pirlate, quelli stanno usando la tecnica del carciofo (ogni volta vogliono una cosa in più), e noi per quieto vivere facciamo i “superiori”.
    Scusate, sarò poco liberale ma qui si tratta di sopravvivenza.
    E poco mi cala se l’Europa all’inizio era pagana, né di quello che ha fatto Chiesa: lungo i secoli ci siamo liberati, non è il caso di rificcarci nei casini.
    La Svizzera, secondo me, ha dato un segnale contro l’ipocrisia imperante in Occidente.
    La Svizzera non è meglio, è “molto migliorissima”!

  7. GG

    andrea, “reciprocità” la si può invocare solo tra soggetti reciproci. Se fosse l’Arabia Saudita a PRETENDERE di edificare in Italia ciò che vieta a parti invertite, sarebbe ovviamente insensato.

    Ma qui non c’entra l’Arabia Saudita. Qui c’entrano CITTADINI ITALIANI (o svizzeri) che desiderano essere liberi di esercitare il loro culto e a cui poco frega di quello che succede in paesi che con loro c’entrano poco o nulla.

    Se vuoi fare la reciprocità dovresti prendere la Città Del Vaticano e la Mecca. E, in effetti, in nessuno dei due territori sacri è consentito edificare roba di culto differente… nè più nè meno.

    Inoltre fai l’esempio del Cairo. Bene, in Egitto c’è una nutrita comunità copta (cioè CRISTIANA) con edifici di culto e tutto il resto. Stesso accade con i cristiani ortodossi in Turchia, ecc.ecc.

    INFINE dovresti spiegare il principio secondo cui saresti pronto a mangiarti un cannibale. Per reciprocità.
    Io sinceramente NO.

  8. bill

    Io penso semplicemente che questo referendum evidenzi, e non è certo la prima volta, la distanza siderale che c’è fra la gente e le presunte e autoreferenziali elites culturali e politiche.
    Hai voglia di dire che il mondo adesso è “colorato” e perciò tanto più bello: queste scemenze le può dire un Franceschini qualsiasi. La realtà, a cui questo risultato ci richiama bruscamente, è un tantinello diversa. E non ci vorrebbe nemmeno molto ad accorgersene: basta vivere in una qualsiasi periferia di una qualsiasi città italiana e, a quanto pare, pure svizzera. E non oso pensare in Olanda..
    Qui non si tratta di alzare barriere o dazi doganali o di chiudere le frontiere. “Gestire”, o meglio accompagnare, fenomeni epocali come la globalizzazione e l’immigrazione di questi ultimi anni non è cosa banale.
    Ma è sicuramente banale, tanto quanto politicamente corretto, spalancare frontiere e regalare provvidenze di ogni tipo quando non si hanno mezzi e capacità produttive per farvi fronte. Non si tratta del dualismo cristianesimo-islam: troppo comodo, per tutti ed anche per la Lega, ridurre tutto a ciò. Si tratta di capire che l’integrazione è un fenomeno che richiede tempo, e che accellerare in tal senso provoca reazioni pessime. Qualcuno lo dica ai vari Fini del caso, perchè questi sono poi i risultati di predicozzi fatti col sopracciglio alzato. E senza dimenticare che, forse non fa fino ricordarlo, il terrorismo islamico esiste e continua a colpire. Magari, bisognerebbe pensare pure alla sicurezza, invece che al volemose bene a tappe forzate. Questo da un punto di vista pragmatico.
    Da un punto di vista culturale, trovo sempre più fastidiosa l’idea che l’occidente debba farsi perdonare il suo passato, e che quindi il tutto sia un pedaggio obbligato.
    Per finire, non trovo che il voto di ieri sia una delusione, quanto una bella sveglia ai nostri cari burocrati assistenzialisti (coi soldi degli altri..). Troppo facile calare le braghe di fronte a comunità organizzate e, magari, con un fare alquanto aggressivo, mentre si continua a tormentare il cittadino in mille modi, fra tasse, divieti, regolamenti, burocrazia e quant’altro.

  9. 3mentina

    I minareti sono simboli di potenza, chi li erige mostra il proprio potere con questi simboli fallici.
    La coscenza popolare lo percepisce: il popolo non vuole essere violentato.
    Gli svizzeri hanno votato per la proprietà privata, contro la sua violazione.
    Il loro territorio è la loro proprietà.

    Gli svizzeri hanno dato un sublime esempio di libertà!

  10. andrea lucangeli

    Ho un mio carissimo amico mussulmano (moderato) che abita e lavora a Beirut (ma ha casa anche in Italia) ed è il primo a dirmi che non comprende il nostro “buonismo” di occidentali perchè: 1) l’islam NON vuole alcuna integrazione, noi per loro siamo tutti impuri ed infedeli, e con gli infedeli non si discute…2) nell’islam non c’è distinzione tra peccato e reato, con buona pace di duemila anni di storia occidentale, dell’illuminismo, di Beccaria etc. etc. 3) noi in occidente – dopo le sante Crociate – abbiamo fatto un pò di strada e ci siamo emancipati dagli errori/orrori della Chiesa viceversa i mussulmani sono rimasti esattamente quelli di allora con un credo ottuso ed immutabile….(lapidazione, legge del taglione etc. etc.).
    Questo mio amico di Beirut si sente molto più occidentale di tanti nostri “maitre a penser” nostrani che un giorno sì e l’altro pure si sentono in dovere di spiegarci come l’occidente sia “il male” dell’umanità contrapposto al virtuosismo dell’islam……

  11. pietro

    In simili discussioni si dovrebbero evitare grossolane inesattezze, Luca prende come esempio la reciprocità citando l’ Egitto, paese in cui ci sono innumerevoli chiese, ed i cui la chiesa Cattolica Copta rappresenta almeno il 15% della popolazione, forse era meglio informarsi un poco di più prima di parlare.
    Poi la cosa che molti non hanno capito è che il divieto è di costruire minareti, NON di aprire Moschee, non è esattamente la stessa cosa, quindi il tutto andrebbe ridimensionato.

  12. alfacetauri

    oggi milioni di liberi europei possono dire …VIVA LA LIBERTA’
    basta invadenti oslamici ! evitia mo la svedesizzazione d’europa !

  13. Tralascerò il discorso delle radici cristiane, che non condivido e che farebbe rabbrividire qualsiasi europeo che non sia polacco, irlandese o italiano. Personalmente credo che questa Europa debba unirsi nel nome di qualcos’altro, la religione non può essere il collante di così tanti Paesi (diversi e ognuno con la loro storia).

    Come evidenziato dall’articolo un pericolo-Islam in Svizzera non esiste (5% della popolazione, di cui non oltre il 15% segue i precetti religiosi) e l’esito del referendum va comunque analizzato tenendo a mente l’enorme distinzione che passa tra il fenomeno reale (sicurezza) e la percezione popolare del fenomeno (sicurezza percepita), dal momento che la seconda è soggetta a distorsioni non indifferenti.

    Parlare di reciprocità comunque è un errore: se nessuno comincia a mostrarsi disponibile al dialogo le premesse per la reciprocità non ci saranno mai, anzi, le parti continueranno a incaponirsi sulle proprie posizioni. Temo sia proprio questo l’obiettivo di chi parla di mancata reciprocità. Lo stesso Monsignor Vegliò ha sottolineato che bisogna andar oltre, «anche se non c’è reciprocità». E se lo dice il presidente del Pontificio consiglio, certi politici farebbero meglio a risparmiarsi sterili polemiche nel nome di una cristianità che non viene neanche riconosciuta dal Vaticano.

    Se invece la questione sta nei termini espressi dal ministro della giustizia svizzero («non si tratta di un voto contro la religione islamica ma contro i minareti come edifici») allora ha ragione Marco Mura nel considerarla una imposizione dello Stato sulla proprietà privata, imposizione che – appunto – poteva essere addolcita grazie all’ordinamento federale della Svizzera, cosa che invece non è avvenuta. Sarebbe più saggio allora chiedersi le ragioni di questa scelta.

    PS: non so che amici abbia Andrea, ma dubito che un musulmano moderato non conosca un’espressione fondamentale come “Ahl al-Kitab”, che basta a smentire l’idea secondo la quale siamo tutti “impuri e infedeli”…

  14. Tralascerò il discorso delle radici cristiane, che non condivido e che farebbe rabbrividire qualsiasi europeo che non sia polacco, irlandese o italiano. Personalmente credo che questa Europa debba unirsi nel nome di qualcos’altro, la religione non può essere il collante di così tanti Paesi (diversi e ognuno con la loro storia).

    Come evidenziato dall’articolo un pericolo-Islam in Svizzera non esiste (5% della popolazione, di cui non oltre il 15% segue i precetti religiosi) e l’esito del referendum va comunque analizzato tenendo a mente l’enorme distinzione che passa tra il fenomeno reale (sicurezza) e la percezione popolare del fenomeno (sicurezza percepita), dal momento che la seconda è soggetta a distorsioni non indifferenti.

    Parlare di reciprocità comunque è un errore: se nessuno comincia a mostrarsi disponibile al dialogo le premesse per la reciprocità non ci saranno mai, anzi, le parti continueranno a incaponirsi sulle proprie posizioni. Temo sia proprio questo l’obiettivo di chi parla di mancata reciprocità. Lo stesso Monsignor Vegliò ha sottolineato che bisogna andar oltre, «anche se non c’è reciprocità». E se lo dice il presidente del Pontificio consiglio, certi politici farebbero meglio a risparmiarsi sterili polemiche nel nome di una cristianità che non viene neanche riconosciuta dal Vaticano.

    Se invece la questione sta nei termini espressi dal ministro della giustizia svizzero («non si tratta di un voto contro la religione islamica ma contro i minareti come edifici») allora ha ragione Marco Mura nel considerarla una imposizione dello Stato sulla proprietà privata, imposizione che – appunto – poteva essere addolcita grazie all’ordinamento federale della Svizzera, cosa che invece non è avvenuta. Sarebbe allora più saggio chiedersi perché.

    PS: non so che amici abbia Andrea, ma dubito che un musulmano moderato non conosca un’espressione fondamentale come “Ahl al-Kitab”, che basta a smentire l’idea secondo la quale siamo tutti “impuri e infedeli”…

  15. Pietro M.

    Diciamo, esagerando un po’ ma neanche tanto, che per la libertà è più pericolosa la democrazia che l’estremismo islamico. Almeno per i primi ci sono i cacciabombardieri.

    Ma quando il volgo decide se posso o non posso professare una religione in un edificio apposito, che difesa si può avere della libertà? Soltanto impedendo alle istituzioni politiche di prendere questo tipo di decisioni è possibile difendere la libertà individuale: occorre cioè abolire/ridurre l’ambito delle scelte collettive, anche quelle democratiche.

    Mi vien da pensare che non c’è differenza alcuna tra l’ordinare di rimuovere i crocifissi e l’ordinare di non costruire minareti. In realtà, la seconda cosa è più grave perché riguarda l’uso privato di proprietà privata, mentre la prima regolamentava solo uno spazio pubblico.

    Per quanto riguarda la religione come fatto privato, è una fissazione irrazionale: le ideologie sono fatti pubblici nel senso che informano le scelte degli elettori. Io, da agnostico, non vedo differenze tra ideologie e religioni, essendo sempre insiemi indimostrabili di giudizi di valore (e a volte anche insiemi indimostrabili di giudizi di fatto). Il Papa fa pressioni politiche tanto quanto la CGIL: entrambi lo fanno con i soldi del contribuente, e questo, e solo questo, è male. 🙂

  16. Jacques de Molay

    L’idea di Castelli di mettere la Croce Cristiana nella Bandiera
    Italiana la trovo, senza dubbio, una banale provocazione. La proposta
    arriva da un partito, che ha fatto dell’insulto alla Bandiera un
    cavallo di battaglia e che continua a insultarla con queste proposte
    campate in aria, la Lega non rappresenta i principi cristiani, non si
    può essere cristiani e poi fare battaglie xenofobe e razziste contro
    gli stranieri di qualsiasi credo e cultura, questo partito attacca
    tutti gli stranieri, compresi quelli cristiani! Il tricolore
    rappresenta l’Italia e gli Italiani non particolare credo religioso.
    La Bandiera si può cambiare, anche se io non la modificherei, ma deve
    essere il popolo a deciderlo, non partito o un governo.
    Condivido il pensiero di Casini e Cesa.

  17. bill

    No no, non ci siamo proprio.
    Già la questione sicurezza-sicurezza percepita è una bufala: ci sono zone dove quel 5% diventa un numero molto più grande, e qui nascono problemi assai reali, non “percepiti”.
    In Italia, per fare un altro esempio, la composizione della popolazione carceraria dimostra quanto non c’entri il totale delle presenze degli extracomunitarie rispetto al problema sicurezza.
    Seconda cosa: in democrazia decide il popolo, non una ristretta elite..de che? Di buonisti, di intellettuali, di illuminati, di cosa? Chi e cosa dà loro il diritto di decidere come qualcun altro deve vivere? Lasciamo questa nefasta intuizione ai soloni Scalfaristyle, va là..
    Terzo: la non costruzione di minareti non impedisce a nessun islamico di pregare, nè la possibilità di aprire altre moschee: onde per cui, la libertà di culto non c’entra niente.
    Ribadisco: occorre tempo per una vera integrazione, che oltretutto sta esclusivamente nel fatto che chi viene a vivere dalle nostre parti ne accetti modi di vivere, leggi, diritti e quant’altro. Preciso, per non essere frainteso: questo non significa affatto rinunciare alla propria religione (a meno che in nome di questa non diventi normale ammazzare una figlia peer un paio di jeans..).
    Personalmente, preferisco la Svizzera all’UK, dove è normata l’esistenza di tribunali islamici che possono giudicare, nell’ambito di comunità musulmane, in base alla Sharia. Ecco, questa è scemenza allo stato puro.
    Perchè non si può pensare che storia, tradizioni, abitudini, appartenenze si cancellino in quattro e quattr’otto, e in nome di cosa poi? Della proprietà privata? In questo fatto mi pare che non c’entri assolutamente nulla. O piutosto di un relativismo a pescindere in cui, forse sarebbe ora di capirlo, la maggior parte delle persone non si riconosce affatto.

  18. @bill

    Quando penso che in quartieri come Scampia e Zen oppure nel ghetto della droga di Milano le forze dell’ordine non volevano neanche entrare per paura dei criminali (italiani) mi viene il sospetto che il dato sulla composizione della popolazione carceraria sia palesemente distorto. Il sospetto aumenta se consideriamo che buona parte degli stranieri che commettono reati in Italia sono pedine in mano alla malavita nostrana, ma non voglio andare off-topic.

    Manteniamoci a quello che dicono i dati svizzeri, perchè della Svizzera si sta parlando ed è lì che sono stati vietati i minareti. I dati in Svizzera parlano di una minoranza musulmana che in maggioranza neanche è praticante, quindi il problema – lì e ora – non sussiste. Se il popolo comincia a fremere anche in Svizzera (ammesso che il problema non sia davvero di natura paesaggistica e architettonica) questo si può spiegare in tanti modi, a partire dalle politiche populiste fondate sulla paura, che influenzano – e non poco – la sicurezza percepita e che non sono una peculiarità soltanto italiana (penso a Bignasca, giusto per fare un esempio: il Bossi del Canton Ticino).

    La questione sulla democrazia non l’ho sollevata io, forse ti riferisci ad un altro intervento. In ogni caso ci tengo a ricordare che già Mosca, un secolo fa, parlava del sostanziale elitismo che si ha pure in democrazia. Non griderei allo scandalo dunque. Inoltre il popolo è sovrano, sì, ma esercita la sovranità “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (questa parte non viene ricordata mai, chissà perchè). E finchè i principi fondamentali della nostra società garantiscono libertà di culto e di espressione, mi dispiace, ma i forcaioli dovranno attendere.

    Rispondendo alle critiche (più che condivisibili) espresse da Jacques de Molay: se a Castelli piace tanto la croce, perchè non propone di inserirla sulla bandiera padana, visto che i leghisti il Tricolore hanno sempre sostenuto di preferirlo come carta igienica?

  19. armando

    secondo me questo evento conferma che politici e media parlano di democrazia, ma quando gli elettori sconfessano le loro posizioni
    praticano la dittatura di fatto ignorando le loro posizioni e insultandoli

  20. bill

    Le elites, per essere tali, devono essere riconosciute. E, se riconosciute, possono esercitare culturalmente una certa influenza. A me pare si possa tranquillamente constatare che l’establishment “culturale”, quello che appare maggiormente sui media, spesso autoreferenziale, non sia riconosciuto autorevole da una gran parte dei cittadini, che puntualmente, quando interpellati, prendono decisioni ben lontane dal mainstream imperante. Questo accade in Europa, e pure in America. In Svizzera ci si è espressi in maniera costituzionalmente perfetta, attraverso un referendum regolarmente indetto, e quindi il mantra sulla sacralità della costituzione in questo caso mi pare fuori luogo.
    Possiamo discutere a lungo sul perchè della distanza fra le elites e la gente, ma a mio avviso sarebbe meglio che proprio i componenti di queste elites si interrogassero a proposito. Avrebbero molti motivi per arrossire.
    Chiarisco una cosa: nessuno afferma che la delinquenza sia un fatto che interessi solo gli immigrati, nè che la maggior parte di questi non sia gente onesta. Ma allo stesso tempo, un’immigrazione senza controlli e senza logica come si è avuta per tanti anni ha avuto come ovvia conseguenza che tanta gente senza possibilità di lavorare sia stata costretta a vivere nell’illegalità. E’ inutile fare finta di no.
    A questo punto, ribadisco, è inutile chiudere frontiere e alzare muri. Ma comportarsi seriamente sì, senza discorsetti buonisti completamente fuori dal mondo, e senza ridicoli proclami di identità religiose che, in una società secolarizzata come la nostra, sono fuori luogo. E infatti, non è con la boutade della croce sulla bandiera che si risolva qualcosa.

  21. Marco Mura

    Nel ringraziare tutti i lettori che hanno commentato questo post, non posso sottrarmi al dovere di ricambiare il loro interesse – mi si scusi se ci arrivo solo quando, orologio alla mano, la giornata è ormai trascorsa da un pezzo – cercando di dare una risposta alle perplessità da loro evidenziate.

    Tra le tante emerse, due questioni estremamente rilevanti sono senza dubbio quella della reciprocità e dei (presunti, se permettete) pericoli dietro all’islamizzazione dell’Occidente. Precisato che si tratta di temi della cui rilevanza l’autore non ha mai dubitato, limitandosi – e lasciandolo capire nel testo – a lasciarli da parte per meglio dedicarsi a un differente approccio al tema, possiamo in questa sede tornarci brevemente.

    Per meglio giudicare il tema della reciprocità, che sappiamo essere caro a tanti, anche in virtù della sa (apparente) linearità, possono venire in aiuto un parallelo e un esempio concreto. L’analogia che qui si vuole proporre è quella tra la libertà di culto e quella di commercio. Prendiamo due paesi immaginari, il Liberalistan e il Burdistan, i quali – come tutti – soddisfino al meglio le loro necessità importando ed esportando reciprocamente. Supponiamo che per qualche motivo il Burdistan decida di chiudere le proprie barriere doganali rifugiandosi nel più rigido protezionismo nei confronti del Liberalistan, il quale però rifugga dalla tentazione di intraprendere la stessa politica economica. Così facendo i costi e lo spreco di capitale e risorse del Burdistan saranno tali da impoverirne notevolmente la popolazione, mentre nulla cambierebbe per il Liberalistan, che continuerebbe a commerciare secondo i criteri imposti dai criteri della divisione del lavoro e dei costi comparati. Per completezza, va osservato che le condizioni per il Burdistan si farebbero ancora più insostenibili quando dovesse arrivare a vietare anche le importazioni dal Liberalistan, ma questo ulteriore sviluppo porterebbe l’esempio fuori dalla nostra analogia (nella cui ottica questo fatto rappresenterebbe il divieto di emigrazione imposto dal Paese che discrimina verso quello più tollerante – fatto poi che, effettivamente, a qualcuno potrebbe non dispiacere).

    Veniamo ora all’esempio. Si tratta di un caso semplice e concreto che ancora di più aiuta a cogliere la fallacia della “reciprocità”. Parliamo dei casi in cui si registrano notevoli differenze nelle garanzie offerte nell’ambito processi penali da parte di diversi paesi. Si supponga che in una qualche lontana dittatura i cittadini italiani vengano imprigionati, maltrattati e condannati senza neppure l’ombra di quelle che per noi sono le imprescindibili garanzie personali e processuali. Quanti di noi pensano che si farebbe “giustizia” riservando lo stesso trattamento agli imputati di questo odioso paese che si trovassero a dover rispondere delle loro colpe dinnanzi a un tribunale italiano? Si tratterebbe, evidentemente, di una teoria della giustizia a dir poco inusuale e fortemente criticabile – non solo da parte di chi abbraccia le tesi del liberalismo.

    Per quanto riguarda il pericolo che rappresenterebbe l’“islamizzazione” (e quello, derivante dalla conseguente variazione del consenso nei confronti delle istituzioni giuridiche occidentali) l’autore del post (che scrive ora per la prima volta dopo lunghi anni di riflessione in materia) ritiene che esso, semplicemente, non esista. O almeno non nelle forme con cui è solitamente rappresentato.

    Il semplice fatto che i flussi migratori siano da paesi con meno libertà a paesi meno oppressivi, spiega già da solo quali sono i valori che la maggior parte di queste persone sceglie di aderire a certi valori. Che poi esistano delle eccezioni – qualche spostato intenzionato a “conquistare” e “dominare” il mondo – è un dato di fatto. Eccezioni che, certo, devono essere considerate. Ma il diritto, la vita in società si basa essenzialmente sulle regolarità, su ciò che è normale.

    Che cosa avremmo perso tutti noi se uno zelante ufficiale dell’ufficio immigrazione statunitense avesse respinto la giovane Alisa Zinov’evna Rozenbaum, “colpevole” di essere cresciuta in un paese tradizionalmente ostile alla proprietà privata e alla libertà, all’epoca persino in mano ai comunisti!

    Non c’è nulla di liberale nel ragionare nel giudicare le persone per la “categoria” (a quante di queste appartiene ogni essere umano!) a cui appartengono, tanto più se si parla di etnia, nazionalità e religione, per cui – dovrebbe essere evidente – rispetto a cui l’individuo non ha,non può avere, alcuna scelta (eccetto per la religione, sebbene fino a un certo punto).

    Senza dimenticare, lo sapete bene anche voi lettori, che basta scorrere qualsiasi testo di storia per rendersi conto che gli Stati occidentali abbiano avuto – e abbiano tutt’oggi – bisogno di conoscere fenomeni di islamizzazione per calpestare il diritto di proprietà, di religione e tutti gli altri diritti cosiddetti “civili”.

    Brevemente, due righe su un altro punto interessante. Il territorio svizzero è degli svizzeri, si è detto. Ma è davvero così che stanno le cose? Non è piuttosto che questo sia diviso in porzioni legittimamente appartenenti a Flavio, Francesco, Mario…? Oltretutto – come già saprà chi ha avuto modo di confrontarsi con quanto scritto sull’argomento da Hans-Hermann Hoppe – è molto più probabile trovare il bandolo della matassa al problema dell’immigrazione proprio a partire dal concetto di proprietà privata che non da riferimenti comunitaristici, nazionalistici o comunque in altro modo collettivistici.

  22. bill

    E’ un pò complesso, e cerco di spiegarmi.
    Qui non si tratta di fare retorica su Dio, Patria e famiglia. Molto più banalmente, si tratta di integrare una massa ingente di immigrati nelle nostre società. Ergo, il problema va oltre il dualismo cristianesimo-islam.
    Non serve però minimizzare il problema, nè fare finta che abitudini, usi e costumi talvolta molto differenti si possano integrare con la decisione, tutta burocratica, di far sì che ad esempio un immigrato diventi italiano in cinque anni (e perchè non in quattro?), con un bel timbro appiccicato da qualche parte.
    L’integrazione è un processo lento, che può andare avanti nel momento in cui tutti, residenti ed immigrati, da un lato siano soggetti alle stesse normative, senza sconti e assistenzialismi stupidi che contribuiscono solo a creare risentimenti e ostilità, e dall’altro che alcuni principi dei paesi ospitanti, come la laicità delle istituzioni, i diritti personali etc etc vengano in qualche maniera recepiti e accettati comunemente. In questo modo si possono evitare contrapposizioni identitarie, che infatti sorgono proprio in un paese come la Svizzera, che non penso si sia scoperto improvvisamente più cristiano di prima. E’ evidente che qualcosa, nella gestione del fenomeno immigrazione, non abbia funzionato: sarebbe meglio concentrarsi su questo, invece che gridare alla xenofobia.
    Sono d’accordo sul punto di partenza: la proprietà privata. Ma anche questo, mi sa, è un concetto che mica tutti hanno ben digerito..a cominciare da qui, dove vige lo statalismo socialistoide più esasperato.

  23. andrea lucangeli

    Siamo alle solite: quando un risultato (elettorale o referendario) piace alle “elite occidentali ed illuminate” allora il popolo è saggio ed il risultato è certamente frutto di pensosi approfondimenti…..viceversa quando il voto sbugiarda clamorosamente il “sentire” di tali “elite” allora il popolo diventa rozzo, ignorante, superficiale, razzista, xenofobo etc. etc.- Ma che razza di democrazia è questa’ Ma che razza di modo di ragionare? Una democrazia “a sovranità limitata”? Mi spiace ma così proprio non ci siamo! In democrazia il voto popolare non va commentato ma semplicemente RISPETTATO (anche se non piace agli “intellettuali” con il sopracciò e la “puzzetta sotto al naso”….).- Se 300 milioni di cittadini europei manifestano una qualche preoccupazione nei confronti dell’islam non è che si può liquidare la cosa come “semplice isteria” per la paura del diverso….Andiamo, cerchiamo di essere seri, qui il problema c’è ed è pure grosso!

  24. orazio

    Il referendum avra’ conseguenze negative come il proliferare di fanatismo e partiti etnici.Concordo con le posizioni della Chiesa.

  25. bill

    E io ribadisco: fanatismo e partiti etnici proliferano per una cattiva politica dell’immigrazione, che sta nel concedere prebende e presunti diritti a chi non manifesta chiaramente, col proprio comportamento, di volersi integrare. Se poi questa politica è pure dettata dalla paura, è ovvio che nascano reazioni che si potrebbero evitare.
    PS: la chiesa ha tanti meriti, ma magari potrebbe ricordarsi anche dei cristiani trucidati in varie parti del mondo, a proposito dei quali non ho sentito o visto le lacrime accorate dei nostrani difensori dei diritti, pronti a commuoversi per la mancata costruzione di minareti (che non sono luoghi di culto, oltretutto). L’ipocrisia non paga.

  26. Mimmo da Ardore (RC)

    Vorrei ricordare che Bossi è stato condannato per vilipendio al tricolore (salvato poi dall’indulto).
    E adesso la Lega propone ciò?
    Si stia zitta per favore e abbia prima di ogni cosa rispetto per la bandiera italiana.
    Noi veri italiani cattolici, il crocefisso lo difendiamo come simbolo dell’identità cristiana italiana ed europea nelle scuole e negli edifici pubblici. E ciò è sufficiente.
    Ma la volontà di inserire la croce nella bandiera proprio dai leghisti mi sembra una richiesta ambigua se fino a ieri la volevano usare come carta igienica, non riconoscendo innanzi tutto il valore della bandiera tricolore.

  27. pietro

    A proposito di rispetto dei risultati referendari, vorrei ricordare che il popolo italiano aveva richiesto con un referendum in cui aveva risposto sì il 90% dei votanti l’eliminazione del ministero dell’agricoltura poltrona attualmente scaldata dal sovvenzionatore di grandi imprese agricole e fanatico nemico degli OGM Zaia.
    Chi chiede il rispetto della volontà popolare e poi se ne dimentica quando questa è in conflitto con i propri interessi lottizzatori mi fa ridere.
    Come chi vuole mettere il crocifisso sulla bandiera italiana e poi la usa come carta igienica.

  28. Sulla “reciprocità” (io abolirei la parola, almeno fino a quando non verrà utilizzata in maniera sensata) l’autore del post e altri hanno già risposto abbondantemente.

    Abbandonando il tema “Islam” volevo ritornare al problema della proprietà privata nell’ambito del referendum svizzero.
    Secondo voi io dovrei avere il diritto di comprare un edificio storico a Montmartre o a Trastevere dal legittimo proprietario, abbatterlo e costruire al suo posto una baracca in lamiera o un MacDonald in vetro e cemento?
    Sono contrarissimo al contenuto del referendum svizzero, ma se un comune emanasse un’ordinanza per vietare la costruzione di un minareto (edificio non neutrale nè esteticamente nè simbolicamente) in centro città non mi scandalizzerei, nè lo considerei un affronto contro la libertà di culto o la proprietà privata. Probabilmente mi opporrei se abitassi in quel comune, ma senza farne una questione di vita o di morte.

  29. bill

    Oh, se è per i referendum non rispettati (in Italia, non in Svizzera), me ne vengono in mente due: il finanziamento pubblico dei partiti e la responsabilità civile dei magistrati.
    Quindi, il problema non è di dare addosso ad un partito, in questo caso la Lega perchè ha il ministero dell’agricoltura, piuttosto che ad un altro. Provate a proporre la RC per i magistrati (cosa oltretutto sacrosanta) un’altra volta, così vediamo cosa succede..

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