28
Mag
2009

Prometeia e Geithner, Tremonti e Draghi

Francamente, nella lettura un po’ distratta dei giornali saltellando per l’Italia tra un’associazione e l’altra di imprese, mi è venuto un po’ a noia il dibattito sulle colpe degli economisti che il Sole continua ad alimentare. Riguarda comunque il passato. E’ meglio concentrarsi sui problemi di oggi, per capire come le diverse scuole di pensiero economico possano – sempre che lo vogliano- orientare governi e opinioni pubbliche, media e imprese, sindacati e famiglie. Segnalo alcune questioni intellettualmente e praticamente di un certo fascino.
Lo Stato. Come mai non c è alcuna presa di posizione organizzata europea contro il fatto che la Germania abbia prima imposto il veto a ogni chiarezza sulla reale condizione patrimoniale del suo sistema bancario, poi organizzato una sorta di maxi congresso di Vienna della restaurazione statalista in materia di aggiudicazione dei diritti proprietari nell’industria dell’auto? Hanno tutti paura di fare uno sgarbo a chi deciderà a Berlino, con ogni evidenza poi contro la Fiat e non a favore?
La fiducia. Da due mesi, i mercati dei Paesi Ocse, a differenza di quelli delle Emerging Economies, si aggrappano agli indici di fiducia e cioè al sentiment, non ad indicatori “reali” che sono all’insù in realtà soprattutto in Cina, Inda e Brasile. Eppure il ritmo di discesa del valore dell’immobiliare nell’ultimo mese si è accentuato negli Usa, non è diminuito, per dirne una. Anche nella seduta appena chiusa, il Dow Jones è risalito per la fiducia dei consumatori Usa, rafforzatasi nella maniera più cospicua da nove mesi a questa parte. C’è una gran voglia di “credere” che il punto più basso di decrescita tendenziale sia stato toccato. Abbiamo tutti creduto agli stress test disposti da Obama, solo 75 miliardi di dollari di nuovo capitale per le 19 maggiori banche Usa, a fronte degli 1,4 trilioni di dollari di svalutazioni preventivate dal FMI nel mercato bancario Usa. Eppure….
Le banche. E degli 1,7 trilioni di dollari di svalutazioni bancarie che il FMI prevedeva solo qualche settimana fa per l’Europa sul totale di 4,1 mondiali complessivi ancora da venire, vogliamo parlarne, oppure non bisogna disturbare il manovratore bancario, sia esso tedesco o di qualunque altro paese europeo? Lo stress test di Prometeia reso noto ieri è molto interessante. Utili bancari quasi azzerati e roe abbattuto, in ripresa solo nel 2011 a un modesto 1,4%. Questo dice Prometeia, dopo aver sottoposto un campione di banche italiane (i 5 gruppi maggiori e 10 operatori di medie dimensioni) ipotizzando una caduta del Pil nel 2009 più marcata rispetto allo scenario base, con un forte aumento delle sofferenze, un aumento dei tassi sugli impieghi e una minore domanda di credito. Fino a 21mld di rettifiche nel 2009 e 42mld nel 2010-2011 dopo gli 8,5 del 2008, con impieghi che tornerebbero a un modestissimo incremento del 3% solo a fine 2010. E l’istituto bolognese ha precisato che tale scenario non comprende tutte le esposizioni verso i Paesi esteri a rischio in cui le banche italiane sono presenti. Perché gli economisti italiani tacciono su questo? Forse perché troppi di loro sono amministratori – naturalmente “indipendenti”, ah ah – nei cda bancari? Geithner sta con le banche Usa come da sempre il suo maestro Summers, ha dichiarato chiusa la crisi bancaria americana, e i mercati se ne muoiono dalla voglia di crederci. Tremonti da noi punta il dito un giorno sì e l’altro pure sulle banche italiane, i loro utili pro forma e i tassi che dichiarano di praticare, diversi da quelli che si riscontrano nella realtà. E’ troppo sperare che Draghi, venerdì, altre ai grandi temi mondiali attinenti al suo ruolo nel FSB, dica parole chiare se non sia il caso di incalzare le banche italiane, perché le aspettano patrimonialmente tempi 7-8 volte più duri del 2008 come ha detto Prometeia, o se invece sia preferibile lacerare il velo dell’ipocrisia, e ammettere che si tratta di una distorsione ingiusta, far pagare di più al cliente italico la loro mancata richiesta di sostegno pubblico?
Su ciascuno di questi tre esempi, difendere il mercato significa costruire meglio il futuro, non guardare al passato per sapere se la crisi era meglio prevedibile o no.

You may also like

Punto e a capo n. 50
Quantitative Easing: funziona davvero?
Un nuovo ruolo per la CdP? Modelli di mercato o “catoblepismo” di ritorno – di Stefano Simonelli
Sul decreto #salvabanche troppi punti da chiarire – L’#Hashtag di Natale D’Amico

Leave a Reply