28
Lug
2009

Assonime, Abete esordisce bene

Esordisce molto bene, l’Assonime guidata da Luigi Abete. Trovate qui la lettera inviata al Parlamento in cui l’associazione delle società quotate chiede di rimuovere i vincoli alla contendibilità introdotti da governo e maggioranza recependo l’appello improprio del presidente della Consob Cardia. L’estensione delle eccezioni alla passivity rule in caso di Opa come le possibilità di chi esercita il controllo di non lanciare Opa se accresce la sua quota oltre quanto previsto dal TUF hanno l’effetto di rendere meno appetibile il nostro mercato dei capitali. Un plauso ad Assonime che chiede di levarle, disallineando la propria funzione da quella di guardiano dell’interesse di chi oggi esercita il controllo. Incredibile l’attacco del pezzo del Sole, che critica Assonime dicendo che tutto ci si poteva attendere tranne che a criticare le misure fossero proprio le quotate…

28
Lug
2009

Parafarmacie, RIP?

Come riportato da Sara Todaro sul Sole 24 Ore, oggi all’esame del preconsiglio dei ministri vi e’ un decreto che porterebbe all’abolizione della denominazione “parafarmacie”, per evitare “confusione” con le farmacie non-para. La croce verde parimenti dovra’ essere d’ora in poi un attributo esclusivo dei farmacisti proprietari.
Cosa pensiamo, sul tema, l’abbiamo gia’ detto tante volte. Ma cerchiamo un secondo di fissare di nuovo l’attenzione sulla questione, prendendo sul serio il punto di vista degli aspiranti assassini delle parafarmacie (qui invece trovate una petizione a loro difesa).
Perche’ il governo ce l’ha con le parafarmacie? Perche’ difende i farmacisti proprietari? Read More

28
Lug
2009

Risanamento, il silenzio degli indecenti

Ma son cose tecniche, che cosa vuoi che interessino ai lettori, bisogna stare su temi popolari, ma non vedi che le copie scendono? Mi pare di sentirlo nelle orecchie, il coro dei grandi direttori di grandi giornali che in queste settimane rispondono tra risolini e di compatimento e toni di superiorità ai redattori che vorrebbero in prima pagina un bel titolone sulla vergogna della vicenda Risanamento. Eppure ce ne sarebbe di che, per chiedere che di qui a poche ore i giornali schiaffassero in prima pagina la proposta finale che le banche hanno avanzato, a fronte della formale istanza di fallimento rivolta dalla procura di Milano nei confronti del gruppo Zunino. È vero o non è vero, che abbiamo letto solo 48 ore fa un’intervista dell’ad della prima banca italiana, Corrado Passera di Banca Intesa, il quale testualmente dichiarava che Risanamento aveva ottimi attivi, nettamente superiori ai debiti? È vero o non è vero, che se tale era la situazione, non si spiegherebbe perché le banche poche ore fa hanno invece avviato un concordato che andrà accettato dal 60% dei creditori? È vero o non è vero, che le banche comunque non rinnegano la linea che le ha sin qui comunemente ispirate verso Risanamento, tanto che nella loro prima trimestrale 2009 nessuna di esse (e comunque non le maggiori, Intesa e Unicredit che si dividono quasi il 50% dei 3 miliardi di esposizione) aveva accantonato un solo euro in vista delle perdite ormai evidenti, tanto evidenti da aver indotto la Procura a constatare la mancata continuità aziendale, eppure tanto negate ancor oggi da indurre le banche a confermare Zunino al 30% del capitale di Risanamento, anche al termine dell’aumento di capitale e in costanza di concordato?  È vero o non è vero, che migliaia di imprese italiane sono messe di fronte all’amara realtà che per loro occorrono oggi più che mai garanzie reali altrimenti nisba crediti, mentre gli amici degli amici si salvano anche contro le Procure? È vero o non è vero, che non capisce perché queste stesse banche che hanno plaudito e contribuito alla distruzione giudiziaria di immobiliaristi cosiddetti “furbetti”, si comportino con due pesi e due misure quando altri immobiliaristi, gonfiatisi con gli stessi metodi, si sono messi sotto la loro protezione mostrando la gola? È vero o non è vero, che le aree del gruppo Risanamento a Milano costituiscono parte essenziale del disegno collegato a Expò 2015, e che dunque a maggior ragion occorrerebbe una trasparenza cristallina?

Non ce l’ho con Zunino e non ho sposato pregiudizialmente la linea della Procura, sono e rimarrò sempre un garantista. Vorrei solo veder trattare la vicenda con l’importanza che merita. Non un articoletto in pagina economica, ma un’articolessa e un severo e cipiglioso editoriale in prima pagina. Le domande più incalzanti, oggi, vanno rivolte ai signori banchieri. “Banchieri, o ci spiegate o vi piegate”, sarebbe il mio titolo. Ma i banchieri domani chiederanno invece alla Procura di soprassedere, al riparo di un presidente di garanzia per Risanamento che non interpreta alcuna linea di ridefinizione aziendale, è solo un prestigioso avvocato aggiunto ai loro collegi difensivi. Chi resta muto di fronte ai banchieri anche su vicende così non è neanche loro servo, è solo un fantasma, un lémure, uno zero.

27
Lug
2009

Dare un prezzo ai reni?

Oggi sul Wall Street Journal trovate l’ennesimo editoriale di Sally Satel sulla possibilità di stimolare schemi di compensazione per i donatori d’organi. Satel ne scrive da anni, vox clamantis in deserto. Per ora il massimo cui si è arrivati (in Paesi diversi come Singapore e la Repubblica Ceca) è una compensazione delle spese in cui il donatore dovesse incorrere per compiere il suo gesto generoso: giornate di lavoro perse, spese di viaggio, eventuali spese perché altri si occupino dei suoi figli, eccetera.
Capisco bene che il tema non sia dei più gradevoli da affrontare, e mi sono trovato un po’ spiazzato dal doverne parlare intervenendo a Radio Anch’io, alcuni giorni fa.
Tuttavia, per una riflessione non banale sul tema bisogna considerare alcuni argomenti. Il primo, e il più forte, è l’autoproprietà. Se un individuo è proprietario del suo corpo (e almeno qui, credo che su questo siamo tutti d’accordo), allora lo è anche delle singole parti che lo compongono. Impedirgli di alienarle secondo il suo desiderio è una violazione del principio dell’autoproprietà. Read More

27
Lug
2009

Eco-protezionismo?

Dove finisce l’ambiente e dove comincia il protezionismo? Sabato scorso ho partecipato alla giornata sull’energia della Scuola di politica di Michele Salvati e Salvatore Vassallo, nell’ambito della quale Ricardo Hausmann – economista e direttore del Centro per lo sviluppo internazionale dell’università di Harvard – ha svolto un interessante ragionamento sulle prospettive dei biocarburanti. Hausmann ha in particolare suggerito di stare molto attenti a distinguere le politiche ambientali da quelle industriali, perché – pur potendosi sovrapporre – hanno obiettivi e sfruttano mezzi diversi. Poiché la riflessione mi sembrava molto sensata, gli ho chiesto un commento sulla scelta dell’Unione europea di imporre dazi sui biocarburanti importati. Contrariamente a quello che mi aspettavo, Hausmann si è detto favorevole.

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27
Lug
2009

Bernanke bis? Un urrah per Anna Schwartz

Reduce da un numero improbabile di ore per andare e tornare da un dibattito che dovevo fare alla Versiliana, solo per colpa delle immonde code autostradali arrivo in ritardo per proporvi di unirci in un ideale urrah ad Anna Schwartz, autrice con Milton Friedman della fondamentale storia monetaria degli Usa da cui tutti hanno imparato “la” vera lezione della Grande Depressione. Il suo editoriale di oggi sul NYT su Ben Bernanke, personalmente lo condivido dalla prima all’ultima parola, insieme all’auspicio di un successore diverso: ma perderemo, temo.

26
Lug
2009

La ballata della crisi

All’Istituto Bruno Leoni per un seminario, Arnold Kling ha iniziato il suo intervento con una buffa quanto istruttiva “canzoncina”. Ai versi sarebbe abbinato qualche passo di danza, ma per vostra fortuna mi limito ad incollare qua sotto le parole. Non è stato solo un modo divertente per cominciare un discorso. E’ una canzoncina molto istruttiva:

The financial crisis will produce a battle
And that is, “What will be the narrative?”
They will tell you that the failure was all moral
But I say it was mostly cognitive

The loans a bank regrets are what I call bad bets.
They made a bigger mess with leverage to excess.
And when they spread their woes they fell like dominoes.
They spoiled each others’ fun with new-style banking runs.

What made it all go wrong?
Just listen to my song.

Capital regulations were sure arbitraged
Bank protection against risk was just a mirage
With securitization, requirements did fall.
With a SIV a bank needed no equity at all.

Capital regulations were unsafe and unsound.
Their perverse implications brought the whole system down.

24
Lug
2009

TBTF: limiti alla crescita bancaria e politica monetaria

Non riesce a persuadermi, l’argomento sollevato da Mario Seminerio nel suo post di stamane, citando l’intervento del presidente della Fed di Dallas Richard Fischer. Mi riferisco al problema posto all’efficacia della politica monetaria da banche e intermediari finanziari TBTF – too big to fail; ormai come insegna l’esempio AIG o delle finanziarie delle case automobilistiche non sono solo le banche a rientrare nella definizione, bensì ogni intermediario finanziario le cui dimensioni e interrelazioni su rischio di controparte possano essere valutati macrosistemicamente imprescindibili, per evitare reazioni  a catena.  Per scoraggiare l’assunzione di dimensioni monstre, bisogna assumere politiche antitrust ostili alle fusioni? Oppure ratios di capitale variabili al crescere degli asset patrimoniali, pre dichiarati ma inevitabilmente a discrezione del regolatore?  O ancora, adottare una disciplina più onerosa delle riserve obbligatorie degli intermediari e dei relativi repos presso le banche centrali? Non mi sfuggono i limiti del gigantismo, ma non ne sono convinto. Un paper molto utile, per quanto di autore a me non molto caro, rafforza ulteriormente i miei dubbi.

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24
Lug
2009

Troppo grandi per non far fallire la politica monetaria

In un discorso tenuto ieri al Fixed Income Forum in California il presidente della Federal Reserve di Dallas, Richard Fischer, ha affrontato il tema dei problemi creati da banche giganti che hanno acquisito altre banche giganti durante la crisi finanziaria. Per Fischer (e per il buon senso, aggiungeremmo), le acquisizioni indotte dalla crisi finiscono col consolidare e concentrare attivi e potere finanzario nelle mani di alcune grandi organizzazioni, conducendo in ultima istanza a riduzione della competizione e ad un settore finanziario meno efficiente e diversificato.

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