Banca del sud: le ragioni del pessimismo, le condizioni per il successo
Giovedì sera Oscar Giannino ed io abbiamo postato, quasi in sincronia, due opinioni di segno opposto sul progetto di Banca del sud, ma la mia, che per ragioni temporali di inserimento precede nel blog quella di Oscar, non ha fatto in tempo ad avvalersi della lettura della sua. Ho rimediato solo ieri sera e dopo aver letto peraltro anche la sua analisi più ampia sul Messaggero mi sono posto la seguente domanda: potrebbe funzionare il progetto (e quindi avere ragione Oscar) e a quali condizioni? Che cosa giustifica invece il mio pessimismo, in linea con quello di Francesco Forte? Cerco di rispondere con questa breve integrazione al post precedente.
Inizio col premettere che se l’articolo di Oscar Giannino fosse uscito non sul Messaggero ma su Le Figaro e commentasse un progetto di Nicolas Sarkozy e Christine Lagarde mi troverebbe pienamente d’accordo con lui. Non sarei d’accordo sull’ampliamento dell’intervento pubblico ma non avrei dubbi sulle aspettative di successo dell’iniziativa. Cosa fa la differenza tra un identico progetto proposto in Francia o in Italia e spiega il mio pessimismo? La minore qualità relativa della classe politica italiana e, soprattutto, della burocrazia pubblica.
Il colbertismo in Italia non può funzionare perché si pone obiettivi ‘napoleonici’ ma deve perseguirli con eserciti burocratici nostrani. E’ per questa ragione che gli unici progetti pubblici sui quali posso trovarmi d’accordo a priori sono quelli che prevedono una riduzione del perimetro dello stato e del suo intervento; è anche per questa ragione che sono pessimista sulla Banca del sud e ho riportato nel post di giovedì quella bella citazione da Francesco Forte. Che cosa sintetizza essa se non l’inadeguatezza della classe politica che, quanto più grandi sono i progetti, tanto più si perde su aspetti ridicoli (ad esempio di che regione debba essere il presidente o il vicepresidente o in quale palazzo storico debba avere sede il gestore dell’Expo 2015). L’esempio dell’Expo è particolarmente istruttivo e viene da Milano, non dal sud; per questo sono pessimista, à bien plus forte raison, sulla Banca del sud.
Le qualità personali di Giulio Tremonti sono tuttavia indiscutibili, non risentono del mio pessimismo sulla qualità media della classe politica italiana e non hanno nulla da invidiare alla grande tradizione degli interventisti pubblici francesi. Potrebbe quindi riuscire nel progetto di Banca del sud, a cui sembra tenere molto, ma solo a condizione di seguirne i passi personalmente e prioritariamente e se riuscisse a imprimere una svolta, improbabile ma non impossibile, nel modello italiano di bassa politica e di bassa burocrazia. Estrapolando dal passato la Banca del sud non funzionerà, anzi non riuscirà neppure a divenire operativa; con una drastica rottura rispetto al passato potrebbe anche farcela.