22
Lug
2012

L’Europa che declina sotto il peso delle tasse

Da ormai una dozzina di anni l’Iref (Institute for Research on Economic and Fiscal Issues) va pubblicando analisi e rapporti che riguardano i sistemi tributari europei, in primo luogo con l’obiettivo di monitorare i mutamenti in atto e sviluppare una comparazione che aiuti a cogliere i benefici e gli oneri delle diverse strategie adottate. Da parecchi anni, IREF pubblica anche un suo “yearbook” che interpella studiosi di molte realtà nazionali differenti, coinvolge vari think-tank e si propone soprattutto di fare il punto su quanto è accaduto nell’arco degli ultimi dodici mesi.

L’ultima edizione, curata da Pierre Garello e dedicata al 2011 (“Taxation in Europe 2012”), mostra più di una ragione di interesse, non fosse altro perché l’anno scorso è stato segnato da una lunga serie di problemi finanziari che hanno obbligato i governi a ripetuti interventi e aggiustamenti. (Il testo può essere scaricato direttamente dal sito dell’IREF.)

Trovandosi in serie difficoltà di bilancio, ad esempio, l’Irlanda ha operato tagli severi e ha trovato pure la forza – contro le indicazioni dei partner europei e di Bruxelles – di mantenere al 12,5% l’imposta sulle società, che molti consigliavano di innalzare. Analogamente, vari Paesi dell’Europa orientale si sono sforzati di lasciare inalterati – è il caso ad esempio di Bulgaria, Lituania o Romania – la loro tariffa unica (flat tax).

Diversa e assai più complicata è però la situazione delle economie dell’Europa occidentale e soprattutto dei Paesi di più ampie dimensioni. Paesi come la Francia e l’Italia (ma anche la Danimarca e altri ancora) posti di fronte a difficoltà crescenti hanno essenzialmente fatto ricorso a un aumento della pressione fiscale: sia introducendo imposte sui ceti più benestanti (come si è fatto a Parigi), sia avviando una dura lotta all’evasione fiscale (Italia), sia colpendo taluni comportamenti sotto pretesti morale e/o igienici, come nel caso dei nuovi oneri tributari sui cibi accusati di far ingrassare (Danimarca).

In linea di massima, il volume dell’Iref conferma convincimenti già consolidati in molti cittadini europei. Nonostante qualche lodevole eccezione ai margini (e anche da questa ricerca emerge che nell’insieme la Svizzera è il Paese che se la passa meglio), l’Europa è non soltanto l’area del mondo a più alta tassazione, ma nemmeno riesce a immaginare la possibilità di dirigersi con decisione verso una riduzione di imposte e spesa pubblica. Alle prese con debiti e deficit sempre più preoccupanti, i maggiori Paesi europei continuano a ritenere possibile un innalzamento della quantità delle risorse prodotte privatamente che sono spese dal settore politico-burocratico. In altre parole, dinanzi alle difficoltà di bilancio si reagisce quasi sempre con un mix di tagli e nuove imposte che però non riesce a eliminare il disavanzo e neppure a frenare la crescita della percentuale di Pil che viene assorbita dal settore pubblico (a dimostrazione del fatto che spesso i tagli sono più apparenti che reali, dato che si ha a che fare con una crescita inerziale della spesa pubblica).

Quello che scrive Giorgio Brosio, dell’università di Torino, nella sua conclusione al capitolo riguardante l’Italia è interessante non solo per il nostro Paese, poiché in qualche modo fotografa una situazione comune: “la pressione fiscale sta crescendo pesantemente, raggiungendo livelli in precedenza mai visti in Italia – dal 42,2% del 2011 al 45,3% del 2012 – e nutrendo in tal modo una forte reazione dei contribuenti, che già inizia a manifestarsi”. Per certi aspetti il nostro Paese offre un quadro esasperato di una situazione comunque piuttosto generale: anche in una realtà che se la passa meglio di noi, la Germania, a giudizio di Jan Schnellenbarch, “la tendenza prevalente del dibattito pubblico tedesco è più verso un aumento delle imposte che non verso una loro riduzione”, e questo soprattutto perché “gli argomenti redistributivi stanno sempre più dominando il confronto sui temi della politica fiscale in Germania”.

Un dato, insomma, sembra chiaro: ed è che l’Europa nel suo insieme rischia di morire di tasse, spesa pubblica, regolazione e statalismo. Ma nonostante il disastro in cui ci si trova, essa non sembra trovare altre risposte al di fuori di un rafforzamento dell’intervento pubblico, anche e soprattutto grazie a sempre maggiori deleghe di potere a Bruxelles.

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33 Responses

  1. Alessandro Guerani

    Come ha ben dimostrato Martin Wolf (che non mi pare un marxista) sulla colonne del Financial Times (non il Manifesto) non c’è alcuna correlazione empirica fra livello di tassazione, produttività e crescita. (http://blogs.ft.com/martin-wolf-exchange/2012/05/31/taxation-productivity-and-prosperity/)

    Se poi guardiamo i primi tre paesi del mondo capaci di aumentare la propria ricchezza in quanto esportatori netti, cioè Cina, Giappone e Germania, nessuno dei tre sono paesi in cui “l’impronta” statale è piccola, anzi!

    Da che si deduce che bisognerebbe smetterla con le teologie economiche e i dogmi della verginità del settore privato, e provare a capire che le tasse e il settore pubblico non sono né bene né male, bisogna ragionare caso per caso per vedere cosa è utile o no alla economia del paese.

  2. Francesco_P

    @Alessandro Guerani

    Peccato che per la Cina l’ammontare complessivo delle tasse e degli altri introiti statali sia stimato (2011) attorno al 22,6%. Il Giappone s’attesta sopra alla Cina come pressione fiscale, ma rimane ancora una decina di punti percentuali di sotto dei livelli di tassazione europei. La Germania non è proprio un esempio di rapido sviluppo economico e la pressione fiscale complessiva s’attesta al 43,4% del PIL. La Germania ha goduto in questi anni dei vantaggi dell’euro forte e della delocalizzazione. Con la crisi della Grecia e dei Paesi mediterranei i suoi clienti “captive” del sud europa non potranno più contribuire come prima alla sua crescita e non potrà più crescere gli investimenti nell’Europa dell’Est e in Asia allo stesso ritmo degli ultimi 20 anni.

    In Cina non esiste libertà di parola, ma in quanto a libertà economica da molti punti all’Italia. Nella classifica del World Economic Forum la China compare al 26° posto, la Germania al 6°, Taiwan al 13°, il Giappone al 9° e l’Italia solo al 43°.

  3. Marco Tizzi

    Francesco_P :

    In Cina non esiste libertà di parola, ma in quanto a libertà economica da molti punti all’Italia. Nella classifica del World Economic Forum la China compare al 26° posto, la Germania al 6°, Taiwan al 13°, il Giappone al 9° e l’Italia solo al 43°.

    Su questo non concordo: nella classifica Heritage sulla libertà di impresa la Cina è al 138° posto, l’Italia al 92° (una merda, ma cmq molto meglio).
    Forse il WEF include Hong Kong all’interno della Cina, dato che questa è prima nella classifica Heritage, altrimenti non si spiega.
    In un Paese dove esistono ancora i piani quinquennali (e vengono rispettati) parlare di libertà di impresa fa ridere, col massimo rispetto.

  4. Francesco_P

    @Marco Tizzi

    Il WEF classifica Hong Kong al 11° posto. I due report adottano metodologie differenti e misurano aspetti diversi per cui non sono comparabili. Secondo il report del WEF ci sono alcune voci che rendono l’Italia un Paese che fa “scappare” le imprese. Ad esempio sui 142 Stati considerati:

    – Peso della regolamentazione statale: Italia 140° posto, Cina 21°;
    – Efficienza del quadro giuridico nella soluzione delle controversie: Italia 133° posto, Cina 42°;
    – Trasparenza del processo decisionale del governo: Italia 135° posto, Cina 41°;
    – ecc.

    In questo modo si spiega come un paese in cui gli individui non contano nulla sia migliore della nostra nazione dal punto di vista delle condizioni per fare impresa. Siamo rimasti fermi al 1800. Intanto le borse crollano, lo spread cresce… e i partiti ombelico del mondo litigano.

  5. Marco Tizzi

    @Francesco_P
    Be’, però questo dimostra anche che il concetto di “libertà di impresa” ognuno lo declina a modo suo.

    Davvero, non riesco a capire come si possa sostenere che in un’economia pianificata ci sia più libertà d’impresa rispetto ad un’economia di mercato, anche se malfunzionante.

    Poi si può dire, come dice George Magnus di UBS, che Marx aveva ragione, che il capitalismo ha fallito e che è meglio prepararsi alla sua fine, però allora si dice che la libertà d’impresa non funziona, non che la Cina ha più libertà d’impresa del mondo occidentale…

  6. Francesco_P

    @Marco Tizzi

    Veramente è l’Italia che si sta suicidando per non essersi purgata in tempo da una classe di parassiti bulimici e ottusi. Quanto ai cinesi la questione è molto più semplice: i comunisti cinesi hanno capito che per continuare a fare i comunisti con la propria gente (1,3 miliardi di schiavi sono un “bel tesoretto”) devono fare i capitalisti in economia. Come lei sa bene, i paradossi hanno sempre delle spiegazioni molto semplici.

    Fra le voci considerate dal WEF e non da Heritage ci sono le dimensioni del mercato interno e quelle del mercato estero: La Cina figura rispettivamente al 2° ed al 1° posto, mentre l’Italia è al 10° e al 15°. La Cina è avvantaggiata moltissimo da questi dati, l’Italia lo è, ma in misura minore. Con la diminuzione del potere d’acquisto è probabile che l’Italia scenda nella classifica rispetto alla voce del mercato interno. Con l’aumento delle tasse e le sempre più gravi difficoltà di finanziamento, l’Italia è destinata a perdere posizioni anche per la dimensione del mercato estero, peggiorando il proprio ranking.

  7. Marco Tizzi

    @Francesco_P
    Be’, ma quindi davvero il WEF comincia a dare ragione a Marx 🙂

    Si vede per esempio nel capitolo “trasparenza decisionale del governo”: è ovvio che se ho un’economia pianificata è tutto più trasparente, perché ogni 5 anni so quel che farò nei seguenti 5.
    La democrazia è molto più complicata.

    Sul fatto che i cinesi in economia facciano i capitalisti ho davvero tanti dubbi: hanno funzionari più in gamba di quelli che furono dell’URSS e hanno imparato dai loro errori, ma da lì a un’economia di mercato ce ne corre…
    Curioso poi che si metta sullo stesso piano il mercato interno con quello estero: evidentemente non si sa che al mondo non si può essere tutti esportatori.
    E’ lo stesso errore che sta facendo la Germania e che pagherà molto caro.

  8. Alessandro Guerani

    Il fatto che i dati non siano univoci, come mettete giustamente in risalto entrambi, e che le soluzioni non possono essere uguali per tutti (diventiamo tutti esportatori netti? E dove esportiamo se tutti esportano?) è la precisa controprova fattuale, che era quella poi espressa da Martin Wolf, che le politiche economiche devono essere flessibili e pragmatiche mentre qui si continua a parlare in continuazione di “atti di fede” che aumentano la “credibilità” e concezioni dogmatiche sul privato e sul pubblico.

    Che si sbatta contro il muro della realtà è una cosa solo ovvia.

  9. Marco Tizzi

    @Alessandro Guerani
    Esatto.
    Ponendo forte attenzione al fatto che gli “atti di fede” stanno diventando come quelli degli adepti di alcuni santoni di svariate e bizzarre sette in giro per il mondo che inneggiavano al suicidio di massa.
    Perché quella è la direzione e ancora in molti ci credono.
    linkiesta.it/monti-mercati-manovra-recessione

  10. antimondialista

    @Alessandro Guerani
    ALESSANDRO GUERANI HA RAGIONE, BISOGNA ESSERE PRAGMATICI, NON ESISTONO TEORIE PRECONFEZIONATE EFFICACI,ANCHE PERCHE’ LE TEORIE PIU’ GETTONATE , STATALISMO E LIBERISMO ,HANNO FALLITO,BISOGNA RIPARTIRE DALLA PERSONA

  11. marcantonio

    ma non l’avete ancora capito!! E’ crollato il muro, si sono aperte le frontiere e il comunismo mascherato ci ha travolto con uno statalismo paragonabile ai regimi or ora crollati. Fortuna che ci è rimasta ancora la possibilità di parlare. Per quanto ancora? Troppi sono coloro che devono difendere i loro piccoli o grandi privilegi e sarà certamente molto difficoltoso eliminarli in maniera indolore!!

  12. g

    Personalmente non me ne frega niente della Cina e dei relativi rapporti, intrerpretabili come accidenti volete voi. ProvaTe, come azienda a smaltire regolarmente due e ripeto due cartucce toner . Mi stanno frullando le mutande fra iscrizioni CCIAA , acquisto di bolletari, vidimazioni, ritorno all’ente incaicato e via.
    Ma va….. interpretate sto’ rapporto

  13. Marco Tizzi

    @g
    A me li ha sempre ritirati il fornitore… provi!
    Ma capisco la frustrazione, non era assolutamente mia intenzione minimizzare il peso della burocrazia italica nell’attività aziendale.
    E l’elefantiaca selva di regolamentazioni per le quali la comunità europea peggiora vistosamente la situazione.

  14. Io condivido in parte le considerazioni di mr G .
    Non credo piu’ a tabelle , teorie o parole .Dopo la Grecia , Non si ha piu certezza in nulla , non credo neanche alle grandi menti del male che governano questo mondo .
    L’unica cosa certa e’ l’incubo di regole in cui viviamo che inesorabilmente ci strappano giorno per giorno un po’ di liberta e qualche ora di vita .
    il caos dell’universo e’ in continuo aumento e noi inevitabilmente ne facciamo parte .

  15. Lorenzo

    Guardate che mi sono davvero rotto di lavorare e vedermi prendere quasi due terzi di quello che produco (…anche se non mi pagano) per pagare il conto di quarant’anni di spese e pure sentire la morale. Questa è schiavitù e sudditanza. Sono le cicale che fanno pure la morale alla formica dopo avergli fregato le riserve.
    Perchè devo andare a scuola a ritirare le “competenze” (pagella non va bene?) del figlio e vedere cinque segretarie cinque per fare nulla ed il personale non facente che sa solo dirmi faccia il giro della scuola, l’ingresso dell’ufficio è dall’altra parte?
    Perchè io pago le tasse e non ho nulla mentre il figlio della “personale non facente” ha invece la colonia pagata?
    Perchè bisogna pagare 3500 Euro di “caratterizzazione del terreno” per fare uno scavo per posare la linea elettrica di casa mia e richiudere il buco?
    Perchè devo pagare 200 Euro di modello INTRA perchè ho fatto un acquisto nella CEE mentre non serve nulla se la stessa cosa la compro in Albania?
    Perchè se ho bisogno di telefonare alla guardia medica devo prima sorbirmi di notte un minuto di disco per la privacy perchè la telefonata è registrata?
    Perchè se ho una regolare contabilità devo anche compilare pagine di questionari idioti per sapere se sono congruo (ovvero doppio conteggio ma paghi sempre il conto più alto)? Me lo danno loro il fatturato che mi manca?
    Perchè lo stato ha salvato Alitalia e questi ti annullano anche il biglietto di ritorno se salti l’andata e ti lasciano a piedi all’estero?
    Perchè più di metà degli italiani non paga le tasse ma le paga per loro il datore di lavoro?
    Perchè un dipendente dello stato dovrebbe prendere più di 10000 Euro netti al mese?
    Potrei continuare ore ma la domanda finale è perchè resto in Italia a pagare tasse assurde in cambio di disservizi e vessazioni continue? (è solo perchè ad una certa età è difficile spostarsi altrimenti l’avrei già fatto).
    Non vedo l’ora che l’Italia e l’Europa falliscano e tutti i parassiti muoiano, come zecche che abbiano ucciso il cane da cui succhiano il sangue.

    Purtroppo non vedo altra fine possibile perchè chi non è confrontato direttamente con certi problemini non capirà mai.

  16. silvia ferretto

    @Lorenzo
    Condivido al 1000permille.Sono arrivata a pensare che e’ meglio che muoia Sansone con tutti i filistei..Forse facendo un po di sana fame capiranno qualcosa?Ne dubito, comunque a questo punto non abbiamo nulla da perdere.Leggo oggi che aumenta il numero di imprenditori che emigra verso Balcani e Nord Africa.Dalla Francia i manager vanno in Gran Bretagna.La verita’ e’ che con la pretesa della redistribuzione dei redditi siamo diventati uno stato comunista(la Francia non e’ da meno)comandato da una elite corrotta che scambia la sua legittimazione a governare con regalie e distribuzione di benefit ai sottoposti-amici.Chi ha iniziative viene automaticamente dissuaso dal muoversi salvo ovviamente andarsene se gli resta un sussulto di voglia di operare.Piu’ che uscire dall’Euro bisogna uscire dai paesi che hanno questa mentalita’.Qui non c’e’ futuro almeno nel medio periodo.Forse dopo un po di sana hambre si vedra’..

  17. giuseppe 1

    @silvia ferretto
    Scusi, Silvia. Ma di quale ridistribuzione dei redditi sta parlando?
    L’unica che riesco a vedere (questa molto tangibile) trasferisce denaro dalle casse dello Stato a grandi e piccoli burocrati.
    Vassalli, Valvassini, Valvassori. Non è cambiato nulla.
    Ai Servi della Gleba mi sembra arrivi molto poco. O quasi nulla.
    Anzi. Non hanno reddito, e quindi sono sospetti evasori.
    Gli mandano la Guardia di Finanza. (Saranno pure falsi ciechi o che so io, ma mezzi sciancati e morti di fame lo sono di sicuro)

  18. Fra

    Io proverei ad analizzare la teoria economica di base. Siamo davvero sicuri che il saggio di produttività del capitale sia maggiore di quello del lavoro? Partiamo da uno scenario 0 dove non esiste capitale. Lavoro e produco 100, creo un corrispettivo monetario di 100. Il valore creato in più nel combinare i fattori produttivi deriva sempre dal mio lavoro. Quindi azzardiamo a dire che in realtà la produttività del capitale è uguale a quella del lavoro. Ogni soggetto che nello scenario 0 lavora crea il corrispettivo monetario. Poichè viene meno la prevalenza del capitale sul lavoro, viene anche meno il criterio di proporzionalità del carico fiscale. In un mercato di concorrenza perfetta infatti il moltiplicatore dei consumi viene assimilato normalmente e viene quindi meno qualsiasi processo forzato di redistribuzione essendo esso ora automatico. Quindi nello scenario di regolamentazione dei mercati, non solo vanno create regole volte alla concorrenza ma bisogna tenere conto di una progressiva omogenizzazione della fiscalità. Invito a criticare il mio commento per avere analisi più ferree.

  19. radici piero

    Mi pare che ci sia un equivoco di fondo nelle ricerche delle organizzazioni che misurano gli indici e fanno le classifiche sulla democrazia, sulla libertà di impresa e via discorrendo: tengono conto soltanto delle situazioni ” formali ” di un paese ma non di quelle “reali” : si può avere la più bella democrazia del mondo scritta sulla carta, ma poi in realtà come funziona ? Da noi in Italia anche lo stradino ( pardon “operatore ecologico comunale ” ) può suonarti il campanello ed intimarti: “guardi che lei non può tagliare quell’ albero!”. Veramente l’ albero in questione nel mio giardino lo avevo piantato io 30 anni fa perchè mi facesse ombra, ed ora che me ne fa troppa mi sento in diritto di tagliarlo, ma da noi qualunque pirla si alzi alla mattina e si metta il cappello da ecologo diventa una autorità. Mio nonno ufficiale di carriera diceva: prendi il più cretino del plotone, mettigli i gradi da Caporale ed avrai creato un Generale. Trenta anni per fare ( forse ! ) la pedemontana e venti anni di tira e molla per il rigassificatore in Puglia ( con conseguente fuga degli inglesi ) la dicono lunga sul funzionamento di un paese con una bellissima costituzione scritta dai ” perdenti ” ( il referendum monarchia/repubblica era stato taroccato ) artatamente per non far funzionare nulla! Al di la di ogni possibile sondaggio….. questo non è più uno “stato di diritto” ma è diventato invece lo ” stato del dritto”.

  20. radici piero

    giuseppe 1 :
    @silvia ferretto
    Scusi, Silvia. Ma di quale ridistribuzione dei redditi sta parlando?
    L’unica che riesco a vedere (questa molto tangibile) trasferisce denaro dalle casse dello Stato a grandi e piccoli burocrati.
    Vassalli, Valvassini, Valvassori. Non è cambiato nulla.
    Ai Servi della Gleba mi sembra arrivi molto poco. O quasi nulla.
    Anzi. Non hanno reddito, e quindi sono sospetti evasori.
    Gli mandano la Guardia di Finanza. (Saranno pure falsi ciechi o che so io, ma mezzi sciancati e morti di fame lo sono di sicuro)

    La cosa comica è che hanno dato in mano agli sgherri anche la pistola carica, infatti la filosofia è questa: Noi “commis” di stato mangiamo due polli, tu servo della gleba zero, ma siccome gli studi di settore dicono che la media è “uno”, su quello devi pagare le imposte altrimenti… ed è a tua carico anche l’ onere della prova …. !

  21. Giuseppe

    Lo capisce anche un ragazzino, senza bisogno di laurea in economia, che l’enorme debito accumulato nel nostro paese e’ solo l’epifenomeno, il frutto di una degenerazione e della deriva di una societa’ piegata dal micidiale combinato disposto tra:
     illegalita’ diffusa (siamo la societa’ che ha eretto i falsi, le patacche, i taroccamenti e i bidoni d’ogni sorta a stile di vita)
     evasione fiscale di massa, tollerata se non incentivata per decenni
     assistenzialismo e campanilismo come merce di scambio per il consenso politico
     corruzione pubblica diffusa
     clientelismo politico e sperpero del denaro pubblico in ogni possibile forma (vedi l’esempio emblematico della Sicilia)
     degenerazione del sistema politico (casta) e dello stato sociale, ridotto a strumento di clientelismo affaristico o paternalismo borbonico
     comportamenti pubblici degli italiani “furbetti e vigliacchetti” (chiaggni e fotti)
     criminalita’ organizzata diffusa
     economia di rapina e predazione dei beni comuni a fini privati
     nepotismo, parassitismo e familismo amorale ad ogni livello
     corporativismo e sfruttamento di rendite di posizione, posizioni dominanti, monopoli vari..

    Le tasse sono solo la punta dell’iceberg dei nostri problemi, il termometro che misura la febbre e non la radiografia che fa certo la diagnosi di polmonite.
    Questo coacervo di concause ovviamente genera micidiali circoli viziosi.
    Prendiamo ad esempio il connubio tra evasione e titoli di stato: grazie all’evasione di massa tollerata per decenni si sono costituiti ingenti patrimoni e una certa quota di liquidita’. Una parte consistente di questi “guadagni” occulti sono stati re-investiti in titoli di stato da parte dei cosiddetti bot-people, con il risultato che lo stato si e’ ri-finanziato grazie all’evasione fiscale, ma ovviamente elargendo agli evasori un generoso ulteriore contributo premio sotto forma di tassi di interesse assai appetitosi per attirare i capitali frutto della “propria” evasione. Piu’ generoso/masochista di cosi’ non si puo’, ovviamente alla faccia dei contribuenti onesti che hanno dovuto sopportare ulteriori inasprimenti fiscali per reggere il traballante bilancio statale, divorato dall’interno dall’evasione fiscale di massa e dai crescenti interessi per il continuo ri-finanziamento del debito sul mercato.

    Solo aggredendo e riportando questi fenomeni entro la fisiologia, rispetto agli attuali livelli patologici e tossici per la società e l’economia, si potra’ riportare il debito/deficit pubblico, e di riflesso lo spread, entro la media europea. Il resto sono solo rozze semplificazioni economico-giornalistiche di stampo riduzionistico!

    Mi viene da sorridere quando sento proporre la retorica dei beni comuni come terapia per la crisi italiana, quando le radici della situazione in cui ci dibattiamo stanno proprio nella predazione privata dei beni pubblici da parte di una societa’ che vede solo il proprio immediato e particolare tornaconto l’unico orizzonte futuro. La crisi finanziaria italiana e’ con evidenza un esempio emblematico e, nel contempo, l’esito finale di una “tragedia dei beni comuni” a livello nazionale.

    E’ chiaro che si tratta PRIMA DI TUTTO di cambiamenti culturali e sociali di portata storica ed epocale, al confronto dei quali il problema del debito/deficit statale e’ solo un banale fenomeno di facciata, privo di reale consistenza problematica in se’. Ci vorranno almeno una trentina di anni per riportare il paese ad un minimo di decenza CIVILE paragonabile a quella dei paesi nord Europei, esattamente quelli che occorreranno per riportare il debito dall’attuale 120% al 60% del PIL, al ritmo di un 2% annuale di abbattimento a furia di lacrime e sangue. O forse e’ un caso che la speculazione abbia preso di mira i paesi del sud Europa, accomunati da malcostumi e vizi storici che ogni tanto vengono al pettine e prendono oggi la forma dello spettro bancarotta finanziaria?

    Alla base di tutto sta l’incapacita’, prettamente cognitiva di percepire il legame ECO-SISTEMICO tra i propri interessi e quelli comuni, tra sfera privata e pubblica nella dialogica che connette gli individui alla comunità, i micro-comportamenti ai macro-effetti sistemici, i cittadini alle istituzioni democratiche, viste solo come “altro”, estraneo da spolpare, sfruttare e piegare ai propri bisogni.

    La nostra bancarotta (storica) e’ di natura CIVILE e COGNITIVA mentre il vero differenziale da colmare non e’ quello dei titoli di stato ma del livello di CIVILITA’ che ci separa dal resto d’Europa!

    Giuseppe

  22. silvia ferretto

    @Giuseppe
    Bravissimo.Pero’ qual’e’ la conclusione?Almeno una generazione di tempo per cambiare mentalita’ ma solo in presenza di una discontinuita’ severa che temo ci imporranno dall’esterno dato che appunto essendo un problema prima di tutto culturale non sapremo risolverlo da soli.Che tristezza..

  23. giuseppe 1

    @Giuseppe
    Analisi articolata, totalmente condivisibile. La Signora Silvia fa notare che la soluzione non è a breve termine. Se ne potrebbe, forse, uscire con un vero “patto sociale”, mettendo al bando egoismi e furberie. Ma questo è ancora più irrealistico. I lupi restano lupi. Andrà a finire male. Malissimo.

  24. Lorenzo

    Purtroppo non se ne uscirà coi “patti sociali mettendo al bando egoismi e furberie”. Questi sono i sogni, almeno fino a quando non vedrò tolta la tredicesima agli statali, applicati costi standard a tutte le amministrazioni pubbliche (pena taglio non lineare degli stipendi con aliquota di taglio progressiva col reddito) e vendute le proprietà pubblche dopo aver tolto l’IMU per ridare fiato al mercato immobil(e)iare.
    E’ più probabile che si vada a finire in parecchi anni di crisi vera solo dopo un collasso traumatico della situazione economica.

  25. Giuseppe

    Temo proprio di si, perche’ una nazione non si puo reggere su una impressionante serie di falsita’.

    Ho provato a stilare l’elenco dei falsi che riempiono quotidianamente le cronache dei giornali e delle TV: falsi invalidi, ciechi, malati, poveri e ricchi, indigenti, testimonianze e testimoni, pentiti, contributi pubblici, bilanci, perizie, professionisti, medici e dentisti, rendiconti, vigilanti e controllori, piste, fatture, ricette, certificati e autocertificazioni, proprietari e prestanome, dichiarazioni e comunicazioni, documenti, marchi e griffe, testimonianze, notizie, dossier, scoop, pensioni, braccianti, giuramenti, risultati sportivi, gol e autogol, esami e concorsi, graduatorie, gare d’appalto, rimborsi, sentenze, atti pubblici, contratti e verbali, banconote, assegni, ricevute, controlli, incidenti, infortuni, falsari d’ogni risma etc.. etc..

    Puo’ una nazione seria reggere l’impatto di questa realta’ taroccata e del tutto illusoria? Prima o poi tutto rischia di crollare su se stesso…. :-((

    Giuseppe

    @giuseppe 1

  26. eridanio

    @Fra
    Spero tu sia molto giovane e che tu abbia ancora tempo per renderti conto e non fare danni, prima a te stesso.
    Se le cose che hai studiato, magari con sacrificio tuo de della famiglia, te le ha insegnate un professore universitario sentiti autorizzato a sputargli in un occhio.
    Leggiti questo e poi ne riparliamo
    http://library.mises.org/books/Ludwig%20von%20Mises/Human%20Action.pdf
    è in inglese, cosi fai anche esercizio linguistico
    sinceramente preoccupato
    eridanio

  27. Fra

    eridanio :@FraSpero tu sia molto giovane e che tu abbia ancora tempo per renderti conto e non fare danni, prima a te stesso.Se le cose che hai studiato, magari con sacrificio tuo de della famiglia, te le ha insegnate un professore universitario sentiti autorizzato a sputargli in un occhio.Leggiti questo e poi ne riparliamohttp://library.mises.org/books/Ludwig%20von%20Mises/Human%20Action.pdfè in inglese, cosi fai anche esercizio linguisticosinceramente preoccupatoeridanio

    Cercherò di completarlo per capire al meglio il suo consiglio.

  28. Francesco Rhodio

    la grande condizione storica,determinata dalla graduale sovrapposizione del modello industriale al modello agricolo,ha generato lo statalismo totalitario-comunismo,fascismo e nazismo-i cui effetti ancora imperversano in Europa attraverso uno statalismo burocratico,che legittima una democrazia consociativa,la cui punta di diamante è la tecnica dei’tavoli di concertazione’.Tanta necessaria questa tecnica,al fine di consolidare prezzi e prassi per consensi democratici,per il mantenimento della struttura statuale per quanto il potere politico-culturale proietta sulla popolazione,quali presupposte esigenze di quest’ultima,da soddisfare in modo burocratico,centralizzato,culturale,sociale,morale.Le varie forme di comunicazioni sono lo strumento necessario per tenere in piedi quanto sopra.Ma quando la comunicazione diventa velocissima-internet-il modello informatico si sovrappone al modello industriale,con ovvie riflessioni di tipo economico-politico,che travolge gli assetti fin ad ora attivi,con robusti interrogativi.Perchè penzioni e stipendi dei pubblici dipendenti non sono legati da un rapporto fisso?Per es,minimo 1 max 3? Cioè stipendio/pensione minimo 1000 euro,max 3000 euro?soluzione socialmente necessaria,socialmente giusta,praticabile,vantaggiosa per tutti. Perchè non s’introduce la moneta elettronica con saggio fiscale coordinato a scaglioni di spesa? ecc,ecc,Certamente uno Stato tecnicamente avanzato coincide con uno stato più giusto.Ll’elettore deve convincersi della sussidiarietà della cultura Statale e della necessità della libertà d’intraprendere in tutte le direzioni ed in tutti gli ambiti del mondo con cui si può entrare in contatto e creare oggettiva qualità della vita e quasi nulla ricchezza finanziaria,basata sulla espansione moltiplicativo del risparmio,poiché ogni accumulo è un reato in termini di distribuzione di ricchezza proveniente dal lavoro e,quindi,dal livello dei consumi materiali ed immateriali.franco.rhodio@gmail.com

  29. Giuseppe

    Se l’Europa declina sotto il peso delle tasse l’Italia sprofonda sotto il peso del ricatto/furto occulto dell’evasione fiscale. I dati dei controlli effettuati nei giorni scorsi a Palermo sono impressionanti: dopo mesi e mesi di dichiarazioni pubbliche, caccia ad evasori incalliti che manco si sognano di dichiarare 10000 di facciata e di eclatanti blitz della Guardia di Finanza per tutto il belpaese, i commercianti palermitani non rilasciano scontrini nel 70% e passa dei casi.

    Ma vi rendete conto dell’enormita’ del furto perpetrato da questa gente ai danni della collettivita’, che ovviamente piange miseria e se la prende con l’oppressione fiscale dello stato magari scendendo in piazza a manifestare contro le tasse. Non si riuscira’ a ridurre la pressione fiscale se questo vergognoso fenomeno, sintomo di incivilta’ radicata e di spirito di rapina ai danni delle persone oneste, non verra’ ricondotta in limiti fisiologici e minimamente decenti.

    La prima mossa per lottare contro il declino, che ha fatto mobilitato Giannino e i suoi adepti, sarebbe una lotta serrata all’evasione/rapina fiscale, vero proprio cancro che corrode alle basi e in modo occulto i fondamentali del vivere collettivo e la decenza civile. Ma, guarda, caso il manifesto dei buoni propositi Gianniniano si e’ scordato di citare il problema tra quelli di piu’ urgente soluzione. Che strana dimenticanza, vero!

    E sempre e solo colpe dello stato e dei suoi odiosi balzelli, non e’ vero?

    Giuseppe

  30. Fra

    eridanio :@FraSpero tu sia molto giovane e che tu abbia ancora tempo per renderti conto e non fare danni, prima a te stesso.Se le cose che hai studiato, magari con sacrificio tuo de della famiglia, te le ha insegnate un professore universitario sentiti autorizzato a sputargli in un occhio.Leggiti questo e poi ne riparliamohttp://library.mises.org/books/Ludwig%20von%20Mises/Human%20Action.pdfè in inglese, cosi fai anche esercizio linguisticosinceramente preoccupatoeridanio

    Non ho capito bene il suo intento. Credo volesse dirmi che l’economia non è solo matematica. Credo sia evidente. Ma attualmente, e con un crescendo fin dagli anni 80, è la matematica che governa l’economia ed è sicuramente la principale causa della crisi mondiale in corso. Per quanto riguarda i danni, rimaniamo un poco nel vago… I danni li hanno fatti decisamente di più altri !

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