18
Ott
2011

Le contraddizioni della nuova PAC – 2: il ‘tetto agli aiuti’

Il 12 ottobre la Commissione Europea ha ufficialmente presentato il pacchetto di iniziative volte a riformare la Politica Agricola Comune (PAC) da qui al 2014, quando la riforma entrerà in vigore. E’ una serie di misure molto complesse, che merita migliore approfondimento. Intanto vorrei dedicare alcuni brevi post alle contraddizioni più evidenti della proposta appena approvata, seguendo il canovaccio  dell’efficace sintesi riportata sul periodico online “Agronotizie”.

Seconda puntata: il “Tetto agli aiuti”

Per la prima volta nella storia della Pac, i contributi saranno sottoposti a un tetto massimo di 300mila euro. “Se la logica dei pagamenti diretti è sostenere il reddito di chi lavora la terra, allora finanziare un’azienda con un milione di euro non è giustificabile”, così il Commissario Dacian Cioloş ha spiegato questo provvedimento. Gli aiuti verrano inoltre ridotti a partire da 150mila euro (cosidetta “degressività”). Per non penalizzare la componente lavoro, però, i salari (comprese tasse e contributi) saranno dedotti dal calcolo.

La casa reale d’Inghilterra è uno dei maggiori beneficiari dei sussidi della PAC e la cosa, ovviamente, fa un po’ storcere il naso. Il fatto che grazie alla PAC alcuni soggetti ricevano ogni anno centinaia di migliaia, in qualche caso alcuni milioni di euro di aiuti è sempre stato uno degli argomenti preferiti dei detrattori della Politica Agricola Comune: stiamo sostenendo il lavoro degli agricoltori o le rendite dei grandi proprietari terrieri? La novità del tetto agli aiuti sembra fatta apposta per eliminare una contraddizione, ma, come sempre avviene con gli interventi pubblici fortemente distorsivi, da una contraddizione apparentemente sanata ne saltano fuori altre peggiori.

Innanzitutto, checché ne dica Dacian Cioloş, non è la dimensione dell’azienda agricola (gli aiuti diretti vengono attribuiti in base alla superficie) che rende il suo titolare un rentier. Anzi, è molto probabile che un’azienda di grandi dimensioni sia più efficiente e capace di stare sul mercato di tante aziende piccole ed eccessivamente parcellizzate. Mettere quindi un tetto agli aiuti è un potente disincentivo all’accorpamento fondiario, l’unica cosa che potrebbe rendere l’agricoltura europea competitiva con il resto del mondo: chi oggi, con la sua azienda, non è ancora in grado di beneficiare di sussidi per 150.000 euro, da domani si guarderà bene dal tentare di ingrandirsi.

E chi invece, come i reali di Inghilterra, ne percepisce già oggi molti di più? Ogni tanto guardare all’esperienza altrui potrebbe tornare utile ai politici europei: infatti il tetto agli aiuti è stato già introdotto nel Farm Bill, l’equivalente americano della nostra PAC (equivalente fino ad un certo punto, ma non è questa la sede per fare una disamina delle differenze), e l’unico risultato tangibile è stato che i grandi beneficiari di sussidi hanno semplicemente frazionato le loro proprietà, intestandone parte a familiari, prestanome o società di comodo. Dopotutto anche i Windsor sono una famiglia piuttosto numerosa.

You may also like

Il green deal europeo non è politica ambientale ma (dannosa) politica economica (soprattutto in agricoltura)
siccità
Oltre la siccità. Abbandonare il dirigismo in agricoltura
Crisi ucraina e sicurezza alimentare
L’agricoltura biologica e il disegno di legge 988

Leave a Reply