21
Giu
2010

Le conseguenze di uno yuan forte

In attesa del G20 di Toronto, il prossimo fine settimana, le autorità monetarie cinesi hanno deciso che il peggio della crisi è alle spalle, ed annunciano al mondo che lo yuan tornerà al regime di fluttuazione amministrata, riferita ad un paniere di valute, già vista nel periodo 2005-2008. Entusiasmo degli americani e dei mercati, che vedono la mossa per quello che è, un enorme reflation trade.

Uno yuan più forte servirà ai cinesi per comprare più materie prime, oltre che per contrastare le pressioni inflazionistiche domestiche indotte dal progressivo esaurimento dell'”esercito industriale di riserva” che le campagne hanno donato al boom economico della patria, e che produrrà crescenti pressioni al rialzo sui salari, oltre ad una sindacalizzazione che il Partito comunista cinese non vuole (né potrebbe) contrastare.

La Cina ridurrà l’incidenza sul Pil del proprio surplus delle partite correnti, stimolando la domanda interna, e di conseguenza esportando la propria ripresa, anziché sottrarre domanda al mondo, come fatto finora con una politica mercantilista difficilmente sostenibile ad oltranza. I cinesi esporteranno anche inflazione, e questo potrebbe essere un bene per un mondo occidentale che danza sull’orlo del vulcano della deflazione. Ovviamente, est modus in rebus, e non è dato sapere se, di quanto e in quanto tempo si compirà la rivalutazione, dato anche l’ammonimento delle autorità monetarie cinesi a non attendersi movimenti di apprezzamento spettacolari, visto che Pechino dovrà gestire il progressivo spostamento verso l’alto della catena del valore aggiunto, con tutto quello che ciò implica per la transizione di settori che già oggi lavorano sull’export con margini risibili, come il tessile. Analogamente, dal versante finanziario, la Cina dovrà gestire le aspettative di una rapida e ampia rivalutazione dello yuan, che potrebbero provocare imponenti afflussi di “denaro caldo” da tutto il pianeta, che le autorità monetarie non riuscirebbero a sterilizzare, attizzando le fiamme dell’inflazione.

Anche noi europei, che già stiamo godendo le prime conseguenze positive del rafforzamento del dollaro (a cui lo yuan aveva un hard peg), potremo tentare di mettere la testa fuori dall’acqua, ma serviranno sistemi-paese implacabilmente “tedeschi”. Se poi l’onda di marea sarà sufficientemente alta, anche il relitto italiano potrebbe galleggiare. In quello scenario, esprimiamo il futile auspicio che nessuno ci metta sopra un cappello politico.

Il mondo non smette di cambiare in attesa che, nella italica penisola, intellettuali di sinistra e miopi protezionisti padani riescano ad afferrare qualcosa da questa nuova situazione dello straordinario laboratorio cinese, per poi discuterne al bar, in provincia.

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9 Responses

  1. gfza

    Non sono un economista, ed i miei sono probabilmente discorsi da bar, pero’ ogni volta che si parla della rivalutazione dello yuan mi guardo attorno in casa e mi chiedo:
    . quasi tutto quello che c’e’, escluso forse l’insalata ed i pomodori del mio orto, sono made in China (o almeno contengono componenti essenziali provenienti dalla Cina, compresi prodotti Hi-Tech come telefonini, televisori, computer etc. etc.)
    . se lo yuan aumenta, tutti questi prodotti aumenteranno di prezzo.
    . quali sono invece i prodotti italiani che avranno “un grande impulso” per essere esportati verso la Cina ? forse i prodotti marchiati Armani o Versace o simili (ammesso che anche essi non siano in realta prodotti in Cina)
    . se per aumentare la vendita di prodotti italiani in Italia (o all’estero) bastasse un aumento del valore dello yuan, non sarebbe la stessa cosa comperare gia adesso prodotti italiani, gia’ molto piu costosi e della stessa qualita’ (o forse peggiori ?) di quelli cinesi? e perche’ nessuno lo fa’ ?

  2. Pietro M.

    Se la Cina riduce i propri risparmi, ci sarà bisogno di un disavanzo commerciale con gli alieni per finanziare i consumatori americani.

  3. gfza: non esportiamo in Cina solo luxyury goods, ma anche beni ad alto valore aggiunto (meccanica di precisione, ad esempio);

    Pietro M.: se la Cina riduce i propri risparmi e gli americani vendono di più alla Cina (cioè il loro deficit commerciale si riduce), il risparmio è creato in America, per definizione.

  4. Pietro M.

    Definizione contabile o economica? Gli americani possono vendere di più alla Cina soltanto se producono di più, e possono produrre di più solo se aumentano i risparmi, cioè le risorse non consumate. Se la produzione USA è finanziata dalla Cina, alla riduzione dei risparmi cinesi corrisponde una riduzione della produzione USA, non un aumento dell’export USA.

  5. Una riduzione del risparmio cinese riduce il deficit bilaterale americano con la Cina, e ceteris paribus ciò si traduce in un aumento del Pil americano. Il deprezzamento del dollaro non produce solo una relazione contabile, ma anche una economica, nella misura in cui la competitività americana aumenta. Ovviamente ci sono variabili non-price che entrano in gioco, ma prendiamola come una definizione di prima approssimazione. Anche perché, da come la dipingi, sembra che siamo in un mondo superfisso dove tutto dipende dal risparmio cinese, e non è così. Considera quanta parte dell’export cinese deriva da riesportazioni di imprese americane presenti in Cina, che a fronte di aumenti dei costi operativi finirebbero col rilocalizzare, riducendo anche solo per questa via il surplus cinese senza provocare nessun crollo di produzione americana.

  6. Riccardo

    Ma quanto vale il mercato cinese? In soldoni quanto aumento del pil mondiale potrà venire dall’aumento dei consumi cinesi? Purtroppo trovare le cifre, possibilemnte sensate, è sempre così arduo

  7. michele penzani

    …Praticamente lo Yuan (insieme allo Yen, ormai) è un dollaro “travestito”…DP USA “docet”…

  8. Massimo74

    L’occidente sarebbe a rischio deflazione?Veramente io ho letto dichiarazioni da parte di molti economisti sopratutto di scuola austriaca che paventano il rischio esattamente opposto e cioè il pericolo di una iperinflazione stile Zimbabwe dovuta alle manovre espansive messe in campo dalla fed negli ultimi 2 anni.

  9. Io pure. Ma tutti gli indicatori di prezzo, qui ed ora, mostrano una tendenza marcatamente disinflazionistica, ed al momento io mi attengo a quelli, dopo due anni di allarmi-Zimbabwe.

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