15
Gen
2010

La Fama del buontempone

Su The New Yorker stanno comparendo una serie di interviste ad economisti di Chicago. Il 13 Gennaio è toccato ad Eugene Fama, autore noto per la teoria dei mercati efficienti. Non tutto ciò che dice Fama è inaccettabile: ciò che afferma sulla scarsa rilevanza dei subprime è corretto, come anche molte altre cose. Quando dice di far fallire tutto e vedere cosa succede, criticando l’ipotesi di Bernanke sulle nonmonetary causes delle depressioni, sono perfettamente d’accordo. Io mi focalizzerò però su ciò che reputo problematico, e occasionalmente sulle frasi che mi hanno fatto pensare “era ora che qualcuno lo dicesse!”

(1) “People who get credit have to get it from somewhere. Does a credit bubble mean that people save too much during that period?”

In un mondo atemporale ciò è corretto, lo diceva anche Krugman quando critica gli austriaci. Nel mondo reale, però, capita ogni tanto che si agisca oggi su aspettative future sistematicamente errate, si capisca domani che le aspettative erano sbagliate, e si paghino le conseguenze.

(2) A credit bubble “means that somebody must have made a lot of money betting on that, if you could identify it.”

Che c’entra l’identificare con l’esistere? Viene da pensare che per Fama ciò che non è noto non è, ehm, ignoto: è privo di significato o addirittura inesistente. Se esiste un nome adatto per questa posizione filosofico-epistemologica, credo sia positivismo, scientismo e abuso della ragione.

(3) “Now after the fact [the crisis] you always find people who said before the fact that prices are too high.”

Il che è corretto: è facile dire certe cose ex post. Però continua a confondere la non-identificabilità con la non-esistenza.

(4) “[Bubbles] have to be predictable phenomena. I don’t think any of this was particularly predictable.”

Perché? Questo è operazionalismo da quattro soldi: una cosa esiste solo se è prevedibile. La realtà è che i problemi esistono sia quando ce ne accorgiamo che quando non ce ne accorgiamo: il fatto che non esista una diagnosi non significa che non esista una malattia.

(5) “It wasn’t really a credit crisis. It was an economic crisis.”

Corretto. Il problema è capire se il credit boom crei le premesse per la credit e la economic crisis, e se la economic crisis giochi un ruolo strutturale positivo, come una sbronza, o sia un male evitabile, come credono i keynesiani. Ma per rispondere a queste domande bisogna perlomeno poter concepire che possano esistere problemi strutturali, dov’è la teoria?

(6) And all that is consistent with market efficiency? “Yes”

Risposta corretta: l’efficienza dei mercati è un’ipotesi infalsificabile e indimostrabile, quindi crederci o meno è questione di fede. Ecco perché gli economisti non si mettono mai d’accordo, neanche sull’interpretazione di eventi di 80 anni fa come la crisi del ’29: hanno premesse differenti e nessun modo per filtrare quelle errate e convergere verso conclusioni condivise. Hayek vince sul teorema di Bayes.

(7) “People have jumped on the bandwagon of blaming financial markets. I can tell a story very easily in which the financial markets were a casualty of the recession, not a cause of it.”

Dopo un bel po’ di asserzioni fideistiche, Fama comincia a parlare di economia… e da questo momento l’intervista diventa interessante.

(8) “But if it becomes the accepted norm that the government steps in every time things go bad, we’ve got a terrible adverse selection problem”

Yes. Ovviamente c’è anche un problema di moral hazard, probabilmente più rilevante, però abbiamo anche adverse selection: i progetti iniziati quando il credito è cheap sono quelli che erano insostenibili in condizioni normali, cioè erano submarginali, e i soldi quindi arrivano agli imprenditori che non dovrebbero averne (adverse selection), che sono inoltre incentivati a non considerare a sufficienza il rischio (moral hazard). Finalmente qualcuno lo dice: peccato che nessuno abbia una teoria a riguardo.

(9) “The simple solution is to make sure these firms have a lot more equity capital—not a little more, but a lot more, so they are not playing with other people’s money.”

La domanda è: perché il leverage? Indubbiamente serve, ma crea problemi di principal/agent problem, e quindi, come il mercato dei bidoni, sul mercato normale dovrebbe avere un ruolo ridotto (ridotto quanto, e rispetto a cosa? Questa è una domanda a cui è forse impossibile rispondere). Perché non è così? E’ questa la vera domanda. E l’adverse selection e il moral hazard sono la possibile risposta. Tracce di ciò in letteratura sono minime.

(10) “In the Modigliani-Miller view of the world, it’s only the assets that count. The way you finance them doesn’t matter. If you decide that this type of activity should be financed more with equity than debt, that doesn’t particularly have adverse effects on the level of activity in that sector.”

Questa frase contraddice la precedente ed è contraddetta dalla successiva (la contraddizione è apparente: Fama cambia premesse da una risposta all’altra, come spiega in seguito). Diciamo che il teorema MM non è granché rilevante e lasciamolo nel circo Barnum delle curiosità walrasiane insieme alla neutralità monetaria e all’equivalenza ricardiana.

(11) “The experiment we never ran is, suppose the government stepped aside and let these institutions fail. How long would it have taken to have unscrambled everything and figured everything out? My guess is that we are talking a week or two.”

Una settimana o due? Che si è fumato? Nessuna recessione che abbia cause strutturali può essere superata senza modifiche alla struttura reale dell’economia, che normalmente prendono mesi. Di certo la crisi del 2007 sarebbe già finita (nella fase acuta) da un pezzo senza intervento statale, ma ancora avremmo un bel po’ di slack strutturale come postumi della sbronza. Fama dice che ci vogliono due settimane, ma fore confonde i cambiamenti dei prezzi con i cambiamenti della struttura economica: i primi sono flessibilissimi, la seconda no. Vedendo la recessione come un aggiustamento a nuovi dati, che richiede solo cambiamenti dei prezzi, non vede il vero motivo per cui le recessioni sono costose. Gli manca una teoria.

(12) “government involvement in economic activity is especially pernicious because the government can’t fail”

Concetto fondamentale e assolutamente condivisibile. Una recessione è data dal fatto che si sono sottostimati i rischi? La politica anticiclica consiste nel sottostimarli ancora di più: le politiche anticicliche curano i sintomi e peggiorano le cause. E’ così che la teoria economica dovrebbe ragionare, e spero di vedere paper del genere in quantità nei prossimi anni, invece di perder tempo con i real business cycles.

(13) “But measuring that requires that you have a good variable for tracking (risk aversion) or good models for tracking it. We don’t have that. The way that people do it, including me, is by using kind of ad hoc variables to pick it up.”

Ho un ghigno sarcastico stampato sul volto. Perché non concludere che l’econometria serve a ben poco? Mi piacerebbe leggere una frase del genere esplicitamente.

(14) “I’m not saying you couldn’t do it, but I’m an empiricist. It’s got to be shown.”

Rectius: sono un empirista, se non mi si mostra che ho torto, rimango coi miei pregiudizi fino a prova contraria; se è impossibile dimostrare che ho torto, rimango coi miei pregiudizi in eterno. C’è qualcosa di profondamente errato in tutto ciò, e devo dire che Fama è molto chiaro nell’ammetterlo, a differenza di tutti i neo-keynesiani che fanno gli apprendisti stregoni con i VAR. Faccio notare che i VAR non sono in grado di dimostrare se la moneta è neutrale o non-neutrale. A che possono servire se non rispondono neanche a questa domanda?

PS “Insurance is not the solution: it’s the problem. Making the problem more widespread is not going to solve it.”: questa frase me la stampo sulle t-shirt. E’ bellissima.

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