8
Ago
2010

Il punto sulla crisi Spagnola – Parte Seconda

Le riforme strutturali sono necessarie in un Paese che è cresciuto molto velocemente negli ultimi 15 anni e le quali entrate tributarie hanno avuto un boom. Le amministrazioni pubbliche si sono ritrovate con una “manna” fiscale che hanno scialacquato nel corso degli anni. Il debito spagnolo non è a livelli esagerati e anche nei prossimi anni, quando raggiungerà il picco, non dovrebbe superare l’80 per cento. Ma vi è un’altra importantissima ragione per la quale i mercati sembrano dubitare della Spagna: il sistema bancario. Nel paese iberico vi sono due dei colossi della finanza internazionale, il Banco Santander e il BBVA. Entrambe le banche sono cresciute molto negli ultimi anni tramite processi di fusione e hanno conquistato il ruolo di player internazionali. Ma non sono le prime due banche spagnole a preoccupare i mercati. La problematica principale deriva dalle “casse”. Queste banche sono molto importanti nel paese, tanto che la Caja Madrid è divenuta il terzo operatore e la Caixa Cataluna è la quarta entità bancaria in Spagna. Hanno attivi vicini o superiori ai 300 miliardi di euro e giocano un ruolo molto importante nel Paese. Le “casse” hanno una triste particolarità. Sono completamente dipendenti dalla politica. Le regioni spagnole controllano tutte direttamente delle casse e questo è il grande male di queste banche. La gestione non è ottimale e non è stato un caso che il Governo Zapatero si è trovato “quasi” costretto ad impiantare il FROB, il piano che permette la ristrutturazione e la fusione di queste casse. Il Parlamento ha approvato inoltre a Luglio un disegno di riforma delle “cajas” nel quale si prevede la possibilità di entrata per i soci privati. Viene inoltre in parte, ma solo in parte, limitato il ruolo dei politici all’interno del board di queste.

Il processo di fusione non ha proceduto troppo velocemente e la durata del fondo del Banco di Spagna è stata prolungata fino alla fine dell’anno. Grazie ai soldi dei contribuenti spagnoli è iniziato un processo di aggregazione; ma anche questi merger sono stati totalmente politici.

Le diverse Regioni non volevano perdere il controllo diretto sulle casse e per questo motivo le principali fusioni sono state fatte sulla base del colore politico di appartenenza di questi istituti di credito. Non è un caso che Bancaja di Valencia si sia unita a Caja Madrid, entrambe le regioni controllate dal Partito Popolare e lo stesso si è avuto dal lato socialista, dove addirittura si è seguito anche il criterio di “nazionalismo”; infatti le casse catalane hanno eseguito una fusione “interna”, fino a riuscire a creare la banca con il valore di stress test meno elevato in Europa. Inoltre il FROB, che è un prestito della Banca di Spagna, è stato contabilizzato come capitale dalle diverse casse nello stress test e questo mette in dubbio la già poca solidità del sistema delle casse in Spagna.

Per la ristrutturazione delle casse il Governo ha spesso 11 miliardi di euro. Questi soldi dei contribuenti spagnoli servono a pagare il processo di ristrutturazione delle entità bancarie. Il fondo ha disponibilità fino a circa 99 miliardi di euro, ma né la maggioranza socialista, né il partito popolare all’opposizione sperano che avvenga mai una spesa di tale portata, pari al 10 per cento del prodotto Interno Lordo.

Comunque il FROB è già costato i due terzi dell’intera manovra finanziaria biennale promessa da Zapatero.

La politicizzazione delle casse era arrivata al culmine qualche mese fa, quando si decise la successione nella Caja Madrid. La presidente della Regione di Madrid, Esperanza Aguirre, iniziò una lunga battaglia con i vertici del Partito Popolare per imporre il proprio candidato, Rodrigo Rato. Dopo settimane di stallo la Regione riuscì a fare vincere il proprio candidato e indirettamente confermò la situazione grave nella quale si trovavano le differenti casse.

Un sistema bancario troppo politicizzato

E il mercato perché dubita della solidità delle casse?

Per rispondere a queste domande bisogna ricollegarsi alla crisi economica e allo scoppio della bolla immobiliare. Le casse, molto presenti sul territorio, erano cresciute anche grazie allo sviluppo immobiliare. Tutte quante avevano nel proprio portafoglio enormi quantità d’immobili e di terreni.  Al momento della contrazione dei prezzi degli immobili, le casse si sono ritrovate ad avere immobili che non riuscivano più a piazzare sul mercato. Attualmente le agenzie di vendita degli immobili delle casse, fanno sconti anche del 50 per cento pur di vendere e ricevere risorse di denaro fresco.

E i mercati non sono stupidi… Hanno visto questi segnali di allarme arrivare da importati entità bancarie, aiutate da un piano del Governo che non fa altro che accrescere il proprio deficit.

Il deficit della Spagna tuttavia non può crescere all’infinito e restare superiore al 7/8 per cento per molti anni e i mercati hanno iniziato a dubitare della stessa solvenza dello Stato spagnolo. Lo stesso Stato che aiuta i disoccupati con aiuti eccessivi e senza sanzioni per quei lavoratori che continuano a vivere del lauto assegno di disoccupazione e che spende 40 miliardi di euro l’anno per questa politica sociale.

Le politiche di “rilancio” dell’economia che hanno portato ad un deficit eccessivo si sono ritorte contro lo stesso Governo che a maggio ha dovuto presentare un programma di tagli della spesa pubblica per circa 15 miliardi di euro in due anni: troppo poco per molti economisti e troppo poco soprattutto per i mercati.

Inoltre la decisione di alzare di due punti percentuali l’IVA generale e di un punto quella ridotta non aiuterà l’economia riprendersi. Ad inizio luglio l’aumento delle tasse è entrata in vigore, proprio nel momento in cui le entrate fiscale stavano lentamente ricominciando a crescere.

La riduzione della spesa è stata troppo timida in Spagna e 15 miliardi sono circa l’1,5 per cento in due anni del PIL. Una cifra ridicola, che di fronte ai numeri del FROB o del costo degli assegni di disoccupazione provoca un sorriso amaro.

L’instabilità economica spagnola è inoltre accompagnata da quella che potrebbe essere un’instabilità politica. Il Governo basa la propria maggioranza su alleanze variabili, in funzione delle leggi. La sinistra estrema è ormai contraria alla politica dei tagli e non appoggia piú Zapatero, il cui Governo si basa sull’astensione dei partiti nazionalisti catalani e baschi.

Non si può certo dire che la Spagna sia immobile nel processo delle riforme, ma certamente si può dire che dovrebbe fare molto di più.

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