5
Mag
2017

In ricordo di Juan Marcos de la Fuente—di Lorenzo Infantino

È scomparso nei giorno scorsi Juan Marcos de la Fuente, fondatore dell’Union Editorial, il principale editore liberale di lingua spagnola. Ospitiamo il ricordo di questa grande figura di imprenditore intellettuale del Prof. Lorenzo Infantino.

Ci ha lasciati nei giorni scorsi. Il suo nome dice nulla al grande pubblico. Ma Juan Marcos de la Fuente è stato un personaggio straordinario, a cui tutti gli amanti della libertà individuale di scelta devono rispetto e riconoscenza. Sono soprattutto gli spagnoli a doverlo piangere: perché, con pochi mezzi, egli ha dato loro la possibilità di conoscere le opere dei maggiori pensatori liberali del Novecento.

Ancor prima della caduta del franchismo, Juan Marcos aveva avviato, con pochi amici della sua stessa caratura umana, la propria attività editoriale. Il loro scopo era quello di preparare la cultura del dopo Franco. Erano tutti consapevoli che la piccola Spagna franchista avrebbe avuto bisogno di ben altre idee per affrontare la nuova navigazione: un problema non diverso da quello che molti anni prima si era proposto, purtroppo senza successo, José Ortega y Gasset.

Il manipolo capeggiato da Juan è stato un faro di cultura liberale, che ha fortemente influenzato opinionisti ed esponenti di primo piano della politica spagnola. Menger, Boehm-Bawerk, Mises, Hayek sono stati tradotti in spagnolo e resi disponibili per la formazione delle più giovani generazioni. De L’azione umana di Mises sono state stampate numerose edizioni e sono addirittura in corso di pubblicazione, così come programmate dall’Università di Chicago, le opere complete di Hayek.

Juan era un uomo che amava le sfide culturali. Non c’era nulla di esibizionistico nella sua vita. C’era ciò di cui mancano molti uomini: la capacità di individuare la propria vocazione e di viverla fino in fondo. Lavorava instancabilmente tutti i giorni dell’anno, traducendo dall’inglese, dal francese e dal tedesco. E, quando a sera sospendeva il suo lavoro, scriveva le sue delicatissime liriche, accompagnato dalle sue musiche preferite.

Io stesso ho beneficiato della sua opera. Ha tradotto in spagnolo tre miei volumi e ha dovuto fermarsi al secondo capitolo del mio libro sul Potere. Mi diceva: “Sarà la mia ultima traduzione!”. Ma non è riuscito a portarla a termine. Ho beneficiato anche della sua generosità. La sua porta non era mai chiusa. La sua ospitalità era autentica. Ho avuto la fortuna di frequentare Juan per più di vent’anni. Sebbene la cultura spagnola non sia stata estranea alla mia formazione, Juan mi ha aiutato a peregrinare nel suo sottosuolo, ad afferrare le ragioni intime della sua drammaticità. I nostri viaggi attraverso la Spagna storica, le nostre conversazioni su Antonio Machado e Federico Garcia Lorca, le riunioni conviviali a Segovia e nella Sierra de Guadarrama, a Salamanca, in Galizia: tutto è stato per me un’occasione di apprendimento. Ma Juan, avendo studiato per lungo tempo in Italia, ricambiava il mio amore per la Spagna con il suo amore per il nostro paese. Quest’uomo dalla statura non elevata possedeva una grandissima carica umana, credeva nel primato della vita. I suoi nipotini erano sempre in fila da lui, a invocare continuamente il suo nome: Abuelo! Coloro che sanno darci qualcosa rimangono per sempre con noi!

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