26
Giu
2009

I biocarburanti hanno causato i rincari dei prodotti alimentari? – di Elisabetta Macioce

Riceviamo da Elisabetta Macioce e volentieri pubblichiamo.

I biocarburanti sono la causa dell’aumento dei prezzi alimentari?
Per poter rispondere a questa domanda analizziamo per primi i prezzi dei feedstock negli ultimi anni. Secondo la FAO l’indice dei prezzi alimentari è cresciuto dell’8% nel 2006 rispetto al 2005, del 24% nel 2007 rispetto al 2006, raggiungendo una crescita percentuale massima (+53%) nel primo trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tali aumenti venivano spiegati soprattutto, per il 75%,  con l’aumento della domanda di feedstock e la maggiore allocazione delle colture destinate alla produzione di biocarburanti.
Nel passato gli aumenti dei prezzi erano passeggeri, provocati da una scarsità temporanea. Dopo un raccolto povero gli agricoltori si affrettavano ad approfittare degli alti prezzi di un  prodotto per piantarne di più, così contribuivano ad abbassarne nuovamente il prezzo. Questa volta invece, i prezzi si sono mantenuti alti per tre anni di seguito anche in presenza di un raccolto buono come quello del 2007. Questo perché qualcosa è cambiato anche nei meccanismi del mercato. Il trend rialzista non era limitato ad un settore, ma li ha coinvolti tutti, i futures sulle commodities sono stati sempre in crescita. Possiamo dire che il mercato dei cereali è stato coinvolto dalla speculazione proprio come è accaduto per quello del petrolio, nonostante in questo caso ci sono concause rilevanti. Dopo i forti rialzi dei prezzi che nel mese di giugno 2008 hanno colpito il mais e, di riflesso, i frumenti, nel mese di luglio l’andamento delle quotazioni sui principali mercati internazionali si è contraddistinto per un trend a ribasso. Con l’esplosione della crisi finanziaria, l’inversione di tendenza è stata radicale e nel primo quadrimestre di quest’anno i prezzi dei cerali hanno registrato una riduzione del 46%, tornado ai livelli del 2006.
Lo stesso vale per il mercato delle oleaginose che  dopo i prezzi record raggiunti all’inizio del mese di agosto, ha fatto registrare un calo progressivo delle quotazioni e degli scambi, poiché sono state riviste al rialzo le stime produttive di Argentina, Brasile e Stati Uniti.
Queste riduzioni dimostrano che gli andamenti dei prezzi dei feedstock per produrre biocarburanti seguono la legge della domanda e dell’offerta ma non creano una distorsione del mercato come era stato ipotizzato da diversi organismi internazionali. Anche perché nell’ultimo anno la produzione dei biocarburanti è stata ed è in crescita contrariamente ai prezzi dei feedstock. Inoltre non si può pensare ad una riduzione dei consumi di cereali e dei suoi derivati ad uso alimentare, nonostante il periodo di crisi, perché in tutti gli strati della popolazione non si andranno a ridurre i consumi di quegli alimenti che comunque sono i più economici e che costituiscono l’alimentazione di base delle fasce più povere.
Senza dimenticare poi, che nel caso dei rincari del pane, della pasta e degli alimentare in genere verificatisi lo scorso anno, l’aumento delle materie prime è stato solo un fattore, che per altro ha un peso piuttosto ridotto rispetto a tutti gli altri costi (7- 14%), molto più rilevante è  stato l’aumento dei costi dell’energia e dei trasporti.
Quindi sembra plausibile l’ipotesi secondo cui su questa altalena dei prezzi abbiano influito in parte l’uso di cereali per produrre biocarburanti e per una parte molto più consistente la speculazione finanziaria. Ad oggi con i biocarburanti di seconda generazione, prodotti da materie prime non alimentari e con scarso impatto sull’utilizzo del fattore terra, e le nuove ricerche, le esternalità negative da questi prodotti potrebbero diminuire.
In Brasile, la produzione di canna da zucchero ha raggiunto una efficienza tale da renderlo competitivo con i carburanti fossili e viene abitualmente utilizzato miscelato con i carburanti tradizionali al 70%.
Mentre in diversi paesi equatoriali, l’uso della jatropha  per produrre agrocarburanti potrebbe far scrivere una nuova pagina di storia. Essendo una pianta velenosa, non può essere mangiata, cresce senza particolari cure e non ha bisogno di molta acqua, nel suo habitat naturale ha rese per ettaro molto elevate,  l’estrazione dell’olio ( 30 -35% del frutto) è piuttosto semplice e può essere usato anche grezzo dei motori meno sofisticati (trattori). Se gli studi tuttora in atto confermassero questi primi dati, terreni inutilizzati come i deserti potrebbero essere messi a coltura per produrre biomassa e si eviterebbe il disboscamento di aree verdi incontaminate.

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