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Dic
2022

Tetto ai prezzi del gas: c’è il rischio di bruciarsi

Newsletter IBL, 24 dicembre 2022

Dopo dieci mesi di intensi negoziati, alla fine il Consiglio europeo ha dato il via libera al price cap sui prezzi del gas. Sul piano politico si tratta di un’indubbia vittoria della coalizione di paesi assemblata dall’Italia, a cui si sono accodati Grecia, Belgio e Polonia. Ma con quali conseguenze?

In punto di principio, qualunque forma di controllo dei prezzi rischia di amplificare la scarsità del bene sottostante. Nel caso del gas, il meccanismo emergenziale entrerà in vigore a partire da febbraio e scatterà se si verificheranno simultaneamente due condizioni: 1) i prezzi del gas nei principali hub continentali supereranno per almeno tre giorni consecutivi la soglia dei 180 euro / MWh; 2) il differenziale tra i prezzi del gas e un indice del Gnl (gas naturale liquefatto) sarà superiore ai 35 euro / MWh per almeno tre giorni consecutivi. In pratica, ciò significa che il tetto ai prezzi si applicherà nel caso in cui i prezzi siano eccezionalmente alti ma solo se tale fenomeno costituisce un’eccezionalità europea e non è determinato dai prezzi internazionali del gas. In retrospettiva, nel corso del 2022 questa situazione si è presentata per una quarantina di giorni.

I sostenitori del meccanismo sostengono che questo metterà un calmiere alla corsa dei prezzi. Ci sono in realtà molte ragioni per nutrire dubbi. Sono infatti tre i principali rischi che, da adesso in poi, andranno monitorati. In primo luogo, il meccanismo potrebbe compromettere gli approvvigionamenti di gas, specialmente via nave, inasprendo la crisi, anziché risolverla, specie nella parte finale dell’inverno e nei mesi successivi quando dovremo ricostituire le scorte in vista della prossima stagione fredda. Secondariamente, il vincolo alle negoziazioni sulle piattaforme europee potrebbe spingere gli operatori a intensificare gli scambi bilaterali, facendo perdere liquidità e significato alle prime e quindi, paradossalmente, aumentandone la volatilità e rendendole più manipolabili. Infine, la Russia ha già detto che potrebbe reagire con ritorsioni, cioè tagliare del tutto quel poco gas che ancora ci invia. La probabilità che ciò accada è, ovviamente, tanto maggiore quanto più l’Europa avrà difficoltà con gli approvvigionamenti.

Di ciò i rappresentanti degli Stati membri sono perfettamente consapevoli. Infatti è prevista la possibilità di sospendere l’applicazione del meccanismo qualora esso determinasse effetti avversi. Il problema è che in tal modo potremmo finire per rincorrere un problema che non ci sarebbe stato se non avessimo introdotto il price cap. Ma, più in generale, è fuorviante la retorica sottostante al price cap: essa sembra suggerire che gli attuali livelli dei prezzi del gas siano dovuti alla condotta più o meno opportunista degli operatori. Al contrario, la radice della crisi va cercata nei fondamentali, cioè nella scarsità dell’offerta di gas rispetto alla domanda. Ed è lì che bisogna intervenire: aumentando l’offerta di gas e di fonti alternative e cercando di contenere i consumi. Tutto ciò che ci distrae da questi obiettivi, a prescindere dal sollievo che può dare nel breve termine, allontana la soluzione di lungo termine della crisi. Non è un buon regalo di Natale per i consumatori e le imprese europee.

Carlo Stagnaro

Direttore studi e ricerche Istituto Bruno Leoni

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