20
Giu
2010

Globalizzazione e civiltà: una lezione italo-polacca

In queste ore i polacchi sono chiamate alle urne per eleggere il presidente che succederà a Lech Kaczynski, morto in occasione della sciagura aerea di Smolensk. Sono stato a Varsavia nei giorni scorsi ed è stato facile avvertire la tensione che accompagna tale decisione. Non è però di questo che intendo parlare, ma invece di un qualcosa che ho scoperto nella mia breve permanenza in Polonia e che ai miei occhi è assai più interessante di un semplice voto messo entro un’urna.

Due giorni possono essere pochi o molti. Ma confesso che le 48 ore trascorse a Varsavia tra mercoledì e venerdì, su invito di IC&Partners Warsaw, mi sono apparse un tempo importante, poiché mi hanno dato l’opportunità di accostare quel pezzo del nostro Paese che con più coraggio e intraprendenza sa guardare al mondo come al proprio orizzonte naturale; e quel pezzo di Polonia che ha saputo cogliere questa opportunità per crescere e progredire, valorizzando al meglio la propria antica tempra e il nuovo entusiasmo di chi finalmente – dopo l’89 – è uscito da un lungo incubo.

L’occasione è venuta da un convegno intitolato “Crisi economica: casualità o necessità?” con cui la IC&Partners di Varsavia ha inteso festeggiare i suoi primi dieci di attività. E se le relazioni e le discussioni sono state certamente interessanti (mi riferisco in particolare agli interventi di Mateusz Machaj e Robert Gwiazdowski del locale Mises Institute), ancor più sono rimasto colpito dalla qualità delle persone – imprenditori, professionisti, dirigenti, ecc. – incontrate in tale circostanza.

La IC&Partners è una struttura di professionisti e consulenti (presieduta da Roberto Corciulo, con sede a Udine) che è specializzata nell’assistere imprese, principalmente italiane, che vogliano sviluppare progetti di internazionalizzazione nei Paesi dell’Europa centro-orientale: Croazia, Serbia, Ungheria, Romania, Moldavia, Russia, Estonia, Cechia, Slovacchia e, certamente, Polonia. Il presidente della struttura polacca è Jacek Juszkiewicz, che ha alle proprie spalle studi di teologia morale e giurisprudenza, ha un’ottima conoscenza dell’italiano e molti amici, colleghi e clienti provenienti dal nostro Nord-est con i quali da tempo condivide molto più che le relazioni di lavoro.

Questo è un po’ il punto che vorrei enfatizzare. A Varsavia ho incontrato responsabili di aziende manifatturiere, costruttori edili, imprenditori attivi nel commercio e nella distribuzione, e altri ancora nei settori più diversi, e mi è parso subito chiaro come alla base della loro cooperazione vi fosse uno spessore umano che deriva certo dalle loro qualità personali, ma è egualmente espressione del miglior spirito capitalistico.

In un mercato davvero libero, l’esigenza di acquisire credibilità induce a comportamenti corretti e, nel corso del tempo, tutto questo diventa un qualcosa di naturale. Come già nella Venezia che nei secoli scorsi ha reinventato il commercio internazionale, l’imprenditoria e la civiltà procedono assieme, poiché non ci può essere sviluppo se taluni principi non sono saldi e se talune virtù non vengono custodite e valorizzate.

Mentre ascoltavo tali formidabili imprenditori (per lo più piccoli e medi) sempre pronti a lanciarsi in nuove iniziative – che si tratti della Bosnia come di Dubai, della Cina come dell’India, e così via – non potevo non pensare però a quegli universi politico-burocratici che le risorse non le costruiscono, ma invece le distruggono; a quegli apparati che non aprono le distinte società alla cooperazione e alla reciproca comprensione, ma invece alzano barriere; a quei poteri che costantemente progettano banche, imprese e infrastrutture non rischiando un solo euro di tasca loro, ma quasi sempre dilapidando la ricchezza prodotta da altri.

Sempre in questa logica, mi ha fatto un certo effetto il contrasto (tanto evidente) tra il vero spirito europeo che questa compagnia di amici con radici variamente polacche e italiane sta costruendo quotidianamente grazie al proprio lavoro, e il carattere totalmente artificioso degli apparati burocratici che, a Bruxelles, sembrano costantemente in guerra con il buon senso e la libertà d’impresa.

Nelle prossime ore l’informazione, anche da noi, si soffermerà sul nuovo presidente polacco, sul candidato sconfitto e così via. È l’albero che crolla e che, certamente, fa molto rumore. A me sembrano infinitamente più interessanti gli imprenditori incontrati a Varsavia: uomini che, lontani dai riflettori, costruiscono sviluppo economico e relazioni personali, opportunità di lavoro e nuove condizioni di vita. Sono alberi che crescono lentamente, sono la gloria del migliore capitalismo e una buona ragione per continuare a battersi e a sperare.

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4 Responses

  1. microalfa

    Mi commuovono, caro Lottieri, le tue parole di speranza: sono il necessario combustibile che possa alimentare la speranza contro il generale sconforto per un mondo che sembra fin qui procedere al contrario di ogni etica e di ogni razionalità.
    Già, l’albero che cade e fa rumore non deve distogliere dalla conoscenza e dalla sottolineatura di un vasto tessuto di professionalità, di passioni, di energie responsabili che invece vanno nella direzione giusta. In Polonia come qui in Italia o altrove.
    D’altronde è naturalmente organico che costruire sia difficile, lungo, faticoso, mentre sopravvivere o al limite distruggere sia molto più semplice e gratuito.
    La mia personale impressione è che stiamo vivendo in un ristretto periodo – un paio di decenni – nel quale i nodi di una scellerata esplosione di statalismo fintamente democratico e di follie ideologiche giungono al pettine dell’insostenibilità. Chi non l’abbia ancora compreso lo dovrà forzatamente recepire sulla propria pelle, forse rimandando di qualche minuto il redde rationem per isteresi, ma ritengo che questo tempo sia al volgere.
    Non sarà distruzione creatrice in senso shumpeteriano ma quasi. Lo spero.

    microalfa

  2. MarcoF

    complimenti per l’analisi.
    sono un giovane imprenditore edile e sono sposato con una ragazzza polacca da ormai cinque anni, perciò faccio frequenti viaggi in Polonia ed ho potuto constatare nel suo articolo le stesse sensazioni che ho sempre proavto anch’io.
    purtroppo in italia si cerca sempre di complicare,ingarbugliare e rendere la vita difficile a chi (rischiando personalmente) cerca di fare impresa e di creare ricchezza.

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