27
Ago
2009

Dopo la crisi, più contendibilità e più armi agli azionisti

Luca Enriques, professore di diritto commerciale e Commissario Consob, ha distillato per il Foglio e lavoce.info un articolo che è assieme una disamina sintetica e accurata delle cause della crisi finanziaria, e un’utile focalizzazione delle componenti di “corporate governance” delle stesse.
Nelle banche travolte dalla crisi, per Enriques “è mancata, da un lato, una leva di governance fondamentale per la buona gestione, il monitoraggio da parte dei creditori” mentre al contrario vi è stata  “per soci e manager, la tentazione di scommesse sempre più rischiose a spese dei contribuenti”. Inoltre

il mercato del controllo societario ha premiato, nel breve, i peggiori: le banche più apprezzate da un mercato distorto (perché contava sulle garanzie pubbliche) hanno potuto acquisire le società ad esso meno gradite (magari perché più prudenti), diventando ancor più grandi e dunque più inclini all’azzardo morale.

L’articolo è da leggere e meditare, ma ci fa soprattutto apprezzare il grande merito di studiosi come Enriques o Jonathan Macey (che proprio nel mezzo della crisi ha pubblicato il suo strepitoso Corporate Governance. Promises Kept, Promises Broken, che nel 2010 potrete leggere in italiano per IBL Libri): l’applicare cioè all’interno delle imprese strumenti analitici cari agli studiosi di public choice.
Alla fine, il succo dell’articolo di Enriques (e del libro di Macey) è molto semplice: bisogna assicurarsi che i diritti di proprietà siano appieno rispettati. Condizioni di opacità e autoreferenzialità del management mettono a rischio il corretto funzionamento dei mercati proprio nella misura in cui contribuiscono a indebolire i diritti dei proprietari.

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6 Responses

  1. manT

    “bisogna assicurarsi che i diritti di proprietà siano appieno rispettati. Condizioni di opacità e autoreferenzialità del management mettono a rischio il corretto funzionamento dei mercati proprio nella misura in cui contribuiscono a indebolire i diritti dei proprietari.”
    Ho fatto un copy and paste della sua sintesi e ho mandato la mail al mio amico che studia (al contrario di me)l’Economia e Commercio.

  2. La ringrazio per la considerazione, ma forse sarebbe più interessante per il Suo amico l’articolo di Enriques, che pure è sintetico e molto chiaro. Grazie molte per il commento.

  3. manT

    Ha ragione, manderò i link (il link di chikago-blog.it e quello dell’ articolo di Enriques). Grazie ancora.

  4. Appena faremo di una società/attività/impresa una persona, allora le attribuiremo anche un’anima, una coscienza ed anche la responsabilità di una persona.
    Venute in essere queste caratteristiche,
    la trasparenza negli affari potrà quindi divenire la norma.

    E si capirà ancora meglio che lavorare, produrre, distribuire, condividere responsabilità porta non solo a maggiori profitti ma soprattutto al benessere sociale,
    alla massimizzazione dell’utile (inteso come aggettivo) ossia alla massimizzazione dell’utilità.

    Tali società avranno il diritto e il dovere di denominarsi “società per azioni coscienti”.

  5. Scarthorse

    Interessanti argomentazioni teoriche. Ma visti gli incerti confini tra chi ha causato la crisi, i controllori e i legislatori mi sembra assolutamente improbabile che possano avere qualche seguito pratico. Mi sembra fantascientifico che chi è stato in grado di imporre le regole attuali che gli hanno consentito di arricchirsi a dismisura, distruggere l’economia mondiale, farsi salvare con i denari dei contribuenti, far pagare il conto ai comuni cittadini e mantenere le stesse posizioni di potere di prima, acconsenta ad un mutamento delle regole del suo bengodi personale. Anche perchè dovrebbe cambiarsele da solo…
    Ma questo è il liberismo nella sua forma più fulgida no?

  6. Alberto Mingardi

    Non so bene che cosa abbia “distrutto l’economia mondiale”, mi limito ad alcune considerazioni. Il “liberismo” privilegia la certezza del diritto rispetto a provvedimenti discrezionali, sempre “costruiti” a vantaggio di gruppi particolari. Inoltre, si basa su poche, essenziali prescrizioni: il rispetto dei diritti di proprieta’, e dei contratti liberamente stipulati fra legittimi detentori degli stessi. Non e’ un caso se siano proprio i “liberisti” a ravvisare nella regolazione una forma di cattura del regolatore da parte del regulato. E ad opporsi ai bail out, ovvero ai salvataggi di taluni gruppi a spese del contribuente. Un minimo di realismo porta a vedere che comunque la scrittura delle regole e’ influenzata dai regolati, ovvero da coloro che avranno maggiore interesse a farsi sentire, nel mentre quelle norme vengono stilate. Gli interessi dispersi pesano meno degli interessi concentrati. Ma questa e’ semplicemente la politica – ad ogni latitudine del mondo, in ogni momento dello storia. Il liberismo e’ il sistema di idee per cui la politica deve essere limitata il piu’ possibile.

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