11
Ago
2010

Dell’incredibile Popolare per il Meridione, di Totò e della Consob

La truffa è arte pura e assoluta, quando tocca vette di maestria nel raggiro della buona fede di centinaia e centinaia di persone. L’articolo 640 del codice penale, per chi è cultore della materia e conosca la giurisprudenza accumulata in decenni di vita italiana, si applica sovente nel nostro Paese a dei maestri sommi della dissmulazione, che non avrebbero sfigurato in scena ai tempi della Commedia dell’arte, che avrebbero benissimo potuto campare quali spalle d’eccezione nei film di Totò, Peppino e Nino Taranto. Uno di questi è con ogni probabilità Lello Cacciapuoti, sedicente principe di Montebello tanto per non farsi mancare nulla sul biglietto da visita, l’ideatore e e realizzatore nella realtà del vecchio detto caro a chi brechtianamente diffida per definizione di banche e banchieri: e cioè che c’è solo una cosa moralmente più grave che rapinare una banca, fondarla appunto.

Cacciapuoti lo ha fatto. Ha raccolto 10 milioni di euro di capitale perché la ”sua” Banca del Meridione era una banca popolare. Bastavano 20 titoli da 100 euro di nominale per diventarne azionisti, e quasi 900 persone, imprese ed enti ci sono cascate. Ha coinvolto nell’iter di promozione e fondazione primari professionisti e accademici napoletani titolari di fior di cattedre universitarie, e financo un ex ufficiale presso lo stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, a fianco di un’improbabile compagnia composta da parenti e amici, nonché da un vetraio a Castellammare. Ha convinto a diventare soci la Popolare di Bari, la Fondazione Banco di Napoli.

Ora spetta ai magistrati Fausto Zuccarelli e Francesco Raffaele, della Procura di Napoli, accertare quanto sarà lunga e grave la lista di reati del sedicente principe, involatosi nel nulla ma, naturalmente, col più del capitale della banca intanto raccolto. La mia esperienza mi dice che non dovrete stupirvi, se il Cacciapuoti, nelle sue dichiarazioni oculatamente girate alla stampa nelle prossime settimane, riserverà veri e propri fuochi d’artificio, tra rivelazioni ad effetto e foschi scenari di oscuri complotti finanziari, domestici e financo -vedrete – internazionali, dei quali tenterà di presenterà vittima. Perché oltretutto ho l’impressione, da quel che si raccoglie riservatamente in ambienti finanziari, che agli 842 soci ufficiali della banca, registrati a raccolta del capitale chiusa, vanno aggiunti altri soggetti, anche al Nord, che si erano fidati delle stratosferiche sparare del principe e gli avevano affidato bei soldini.

Al di là del colore e della vicenda che a questo punto è puramente giudiziaria, però, il caso straordinario di Cacciapuoti e della Popolare per il Meridione non può che far suonare a mille decibel un serio campanello d’allarme. Perché la truffa non si è perpetrata secondo una legge non scritta ma ferrea in materia di truffe, e cioè nella minima unità di tempo possibile perché le vittime del raggiro non aprano gli occhi e chiedano la restituzione del maltolto. E’ una storia andata avanti per 5 anni, dacché il Cacciapuoti annuncia l’idea e affianca a sé i primi stimati professionisti, fino a presentare il progetto alla Confindustria napoletana. L’autorizzazione all’emissione di titoli da parte della costituenda Popolare è regolarmente stata concessa nell’agosto del 2008 dalla Consob. E nell’agosto 2009 l’obiettivo della raccolta è stato raggiunto. Da allora sono passati altri 11 mesi, prima che i tanti rispettabilissimi associati all’impresa capissero che qualcosa non tornava, se la prescritta richiesta di autorizzazione all’attività bancaria non era mai nemmeno stata inoltrata alla Banca d’Italia. E’ partita quando già fioccavano i primi esposti alla magistratura, quando già i buoi erano scapati dalla stalla.

L’autorizzazione Consob, e le 183 pagine di prospetto informativo che sono regolarmente scaricabili dal sito della mai nata Popolare, ci fanno amaramente capire come non ci sia lezione della crisi finanziaria che tenga. La catena di Sant’Antonio, il più classico schema di truffa finanziaria, è nata nell’Italia del Seicento. E’ a tutti gli effetti made in Italy anche il cosiddetto “schema Ponzi”, quello usato con successo per moltissimi anni da Bernard Madoff per raggirare la crema della crema di mezzo establishment finanziario e politico americano. Eppure, proprio nel nostro Paese che da secoli ha purtroppo insegnato al mondo come con carte false si possono estorcere volontariamente denari a risparmiatori e investitori, è ancora del tutto possibile che capitino vicende come questa napoletana. E’ legittimo pensare che il Cacciapuoti rinviasse a oltranza la richiesta a Bankitalia perché tanto esperto delle cose di mondo da sapere bene che lo scrutinio sarebbe stato più intenso e capillare, e non l’avrebbe superato. Ma possiamo solo supporlo. Perché intanto per raccogliere il capitale il placet della Consob era venuto eccome. E non a caso astutamente la forma giuridica della banca prescelta era quella di una Popolare, in maniera che non si dovessero dichiarare ex ante né soci né attività, ma solo il comitato promotore, e nove dipendenti in tutto compreso il direttore generale che per il primo anno sarebbero bastati e avanzati, per quello che c’era da fare.

La Consob replica che l’autorizzazione alla raccolta si basa sull’adempimento dei prescritti requisiti formali richiesti alla presentazione del prospetto. Di qui, le due lezioni che sin qui si possono trarre dalla storia. La prima è che, quand’anche fosse come sostiene legittimamente la Consob, significa con ragionevole certezza che c’è un buco nella regolazione, o nella concreta attività dello sceriffo finanziario. Ed è un buco al quale occorrerà subito rimediare. La seconda lezione non riguarda i regolatori, ma la società civile. Non solo quella napoletana, della Campania tutta e della Puglia, le aree in cui si concentra il più dei soci. Se per cinque anni interi fior di gente del mestiere è stata così grossolonamente raggirata, non è solo frutto della maestria certo singolare di Cacciapuoti. Significa purtroppo che la seduzione del denaro facile attraverso denaro raccolto a sbafo da terzi è ancora molto, troppo diffusa: e proprio in ambienti dove, più che nel resto della tecnicamente sprovveduta società italiana, di quest’ambizione si dovrebbe invece massimamente diffidare.

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6 Responses

  1. marco penazza

    ,,Egregio Dott. giannino, comprendo che possa sembrare “luogocomunista” nel mio prox post, ma pocanzi leggendo la sua cronaca, mi balzava un unico pensiero,,,ora capisco perchè i giapponesi hanno bandito la lettura di COLLODI, e della sua migliore opera, un vero classico della narrativa, per me un “saggio”, PINOCCHIO, e l’albero degli zecchini….comunque queste truffe lasciano l’amaro in bocca non solo a chio le subisce, perchè anche la Comunità SANA inevitabilmente ne risente….viene voglia di ribellarsi….

  2. Una volta lessi che le truffe possono funzionare perché si basano sull’avidità (consapevole o inconsapevole) della gente.
    Sembrerebbe vero.
    Mi chiedo se ci sarà in Italia uno scrittore capace di trarne un buon racconto. Siamo un po’ sbilanciati verso la “non-fiction”, mi sa.

  3. francesco

    Mai ricostruzione fu più precisa, e mai conlusione fu così azzeccata.
    Come al solito, Egr.dottore, Lei ha individuato i fatti e le lacune che hanno reso possibile tale paradossale truffa.
    Concordo, anche con quanto scritto da Umberta a proposito dell’avidità della gente, sentimento che certamente ha avuto un ruolo principale nella produzione della vicenda, anche se non dobbiamo dimenticare che, tante persone ” per bene “, in un momento economico finanziario difficile come quello che viviamo, pur se ingenuamente, hanno investito tempo e denaro in questa iniziativa, spinti dalla vana speranza di creare qualcosa di buono per se, e per il martoriato sud.
    Mi farebbe piacere ricevere un Suo contatto, per discutere della vicenda.

  4. Nicole Kelly

    Quando una truffa viene perpretata sotto alla linea Garigliano-Liri esce subito fuori il lombrosiano “alla Bixio”, il massacratore della povera gente Bronte truffata da Garibaldi, quello che si compro’ dal generale Landi la vittoria a Calatafimi con un assegno di 16.000 ducati risultato poi falso perché l’eroe dei due mondi aveva aggiunto due zeri a uno di 160.
    qualcuno ha ricordato Madoff pero’, stranamente, non vede i suoi emuli locali…forse perché parlano di danee’ invece che ‘e denare?

  5. rudy

    PER PRIMA COSA SEQUESTRARE CAUTELATIVAMENTE TUTTI I BENI COMPRESA LA CASA DOVE ABITA LA SUA FAMIGLIA E TUTTI I BENI DEI SUOI PIU’ STRETTI COLLABORATORI

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