21
Gen
2012

Decreto liberalizzazioni: Siae, la riforma incompiuta

Il decreto liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei Ministri consegna agli artisti interpreti ed esecutori per uscire dal quel luogo di detenzione che si chiama Siae. Il monopolio è scalfito, perde pezzi. I cosiddetti “diritti connessi”, ossia i diritti delle radio, delle televisioni o di chi canta, suona, interpreta, recita i brani, le canzoni, i testi e le commedie scritte da altri, potranno essere oggetto di tutela collettiva da parte di altri intermediari in concorrenza con la Siae. Questi artisti potranno rivolgersi quindi a una collecting society che garantisca una gestione più efficiente, che riesca a piazzare sul mercato più licenze trattenendo minori importi per i costi di amministrazione.

Sacrosanto liberare gli artisti interpreti ed esecutori dal giogo della Siae. Rimangono però dietro le sbarre del monopolio pubblico gli autori. Con loro, ahinoi, la maggior parte dei consumatori, costretti a bussare agli uffici Siae per ottenere la licenza e i servizi di intermediazione offerti in regime di privativa dalla Società.

La Siae ha tassi di efficienza più bassi rispetto alle analoghe società operanti all’estero (per questo e altri aspetti si veda “L’intermediazione dei diritti d’autore”, IBL Briefing Paper n.89 – PDF). Nel 2010, per incassare 554,3 milioni di euro dalle licenze, ha sostenuto costi amministrativi per 203,9 milioni di euro. L’ultimo anno di bilancio prima del commissariamento è stato chiuso in perdita di 27 milioni di euro e non sono bastati i 52 milioni di euro di compensi per la copia privata, garantitile da un legislatore compiacente, per portare i conti in pareggio.

Troppi i costi del personale: 92 milioni di euro per stipendiare 1346 addetti; utilizzo di metodi di monitoraggio antiquati e inefficienti; a ciò si aggiunga una gestione del fondo pensioni allegra, che ha pesato per circa 7 milioni di euro all’anno nell’ultimo lustro; per porvi rimedio i vertici hanno deciso la dismissione del patrimonio immobiliare accumulato, ma l’operazione si è rivelata disastrosa, con la cessione a 260 milioni di euro di stabili del valore di mercato pari a 463 milioni di euro.

Questi, in sintesi, i fattori che allontanano la Siae dai benchmark europei. Nel Regno Unito, dove nessuna legge sancisce il monopolio pubblico di una società di intermediazione, le licenze costano meno e gli artisti vengono remunerati di più, perché la PRS for Music, operando in modo più efficiente, trattiene una percentuale inferiore di qualche punto percentuale degli incassi registrati. Solo nel settore della musica, l’inefficienza del monopolio Siae costa oltre 13 milioni di euro all’anno a artisti e consumatori. A questi costi si devono sommare quelli relativi alle altre sezioni della Siae (audiovisivi, opere letterare etc.), dove il divario tra i tassi di efficienza della Siae e quelli delle analoghe società estere è ancora più forte.

Il legislatore italiano si trovava fino a ieri davanti a un bivio: rimpinguare con nuovi balzelli le casse della Siae socializzandone le perdite o chiedere soccorso al mercato, affinché nuovi concorrenti potessero offrire a condizioni più vantaggiose i propri servizi di intermediazione ad artisti e consumatori. Il Governo Monti ha trovato una terza via, dal tracciato molto incerto: mantenere intatto il monopolio per il segmento dei diritti d’autore e aprire al mercato i servizi di gestione collettiva dei diritti connessi.

Se è vero che interpreti e esecutori troveranno con ogni probabilità una collecting society più efficiente, gli autori rimangono legati forzatamente a una società che ormai ha accumulato debiti nei confronti dei propri iscritti per oltre 800 milioni di euro.

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3 Responses

  1. Massimo

    La SIAE non c’entra nulla coni diritti degli Artisti Interpreti Esecutori. Si informi un po’ meglio

  2. Diego Menegon

    @Massimo
    Dal sito della Siae: “La SIAE, in virtù di quanto previsto dall’articolo 2, p. 2 dello Statuto e dagli articoli 21 e 25 del Regolamento Generale, oltre a svolgere la funzione istituzionale propria di tutela del diritto d’autore, può accettare il conferimento di mandati individuali – senza vincolo associativo – da parte dei titolari di diritti connessi.”
    Solo per il diritto connesso discografico esiste oggi l’alternativa data dalla SCF, che agisce in forza della previsione contenuta nella legge sul diritto d’autore in base alla quale “Il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti, hanno diritto ad un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. L’esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati”.

  3. umberto balsamo

    Secondo il mio modesto parere la S.I.A.E., come è stata concepita per tutelare il diritto d’autore è perfetta,
    c’è solo un problema: Gli EDITORI dovrebbero essere amministrati da una società staccata , perchè gli interessi degli autori si scontrano con quelli degli EDITORI.
    Quindi a mio parere c’è un problema che si chiama:
    CONFLITTO DI INTERESSE.
    ( COME SI FA A METTERE COME PRESIDENTE DELLA S.I.A.E.
    CON TUTTO IL RISPETTO, UN AVVOCATO CHE IN PASSATO HA LAVORATO MOLTO PER GLI EDITORI, AVV.ASSUMMA .
    La S.I.A.E. deve ritornare al suo originale compito e cioè tutelare gli autori, difatti quando fu costituita la società si chiamava S.I.A. SOCIETA’ ITALIANA AUTORI ; E QUESTO DEVE RITORNARE AD ESSERE.

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