15
Gen
2010

Da Ryanair a Google: se le imprese sfidano gli Stati

Nel caso del braccio di ferro tra Enac e Ryanair la cosa è stata del tutto evidente, ma qualcosa di simile è possibile rintracciare anche nel contrasto di queste ore tra Google e il potere comunista cinese: ci troviamo ormai di fronte a situazioni in cui talune aziende si sentono tanto forti (ma anche tanto credibili) da sfidare i diktat dell’amministrazione statale.
Nel caso italiano va detto che fin dall’inizio è apparso evidente che l’ente pubblico sarebbe uscito molto male da una controversia che – per pura ipotesi – avesse portato ad annullare i voli interni della compagnia low cost anche soltanto per qualche settimana. Così O’Leary ha sfidato l’agenzia di controllo e in sostanza ha vinto.
Ma anche il braccio di ferro tra Google e la Cina, in parte, può essere letto in questo modo. Quando il primo motore di ricerca del mondo minaccia di andarsene, è pur vero che c’è sicuramente qualche oligarca che a Pechino può rallegrarsi per la cosa, e certo è possibile che addirittura dietro alla vicenda della censura su Internet vi sia perfino una qualche intenzione protezionistica (una sorta di nemesi, ripensando al “buy American!” che ha dominato l’ultima campagna elettorale Usa), però non vi è il minimo dubbio che l’economia cinese nel suo insieme non abbia nulla da guadagnare dal ritrarsi di una delle maggiori imprese globali del momento. Speranze e apprensioni, insomma, si confondono nel cuore di un colosso economico che cresce e vuole continuare a farlo. (Su “La Stampa”, Marco Bardazzi ha giustamente messo in evidenza come anche le imprese cinesi abbiano poco da gioire da un’eventuale uscita di scena del colosso Usa).
D’altra parte, questi contrasti tra imprese e potere sono nella logica del libero mercato e della concorrenza istituzionale, dal momento che a ben guardare un qualche “ricatto” delle imprese nei riguardi dei governi è sotto traccia in ogni delocalizzazione. Se lascio il Veneto per la Romania, anche se non lo grido ai venti sto di fatto sostenendo con il mio comportamento che nel Banato ritengo di trovare opportunità migliori, e che posso fare marcia indietro solo se qualcosa cambia nel sistema regolamentare, fiscale ecc. che sto abbandonando.
Tale sfida è positiva, sebbene non sia esente da taluni rischi.
In ogni economia mista, il braccio di ferro tra impresa e potere può infatti risolversi semplicemente nella concessione di privilegi, nuovi aiuti, ulteriori intralci al mercato. Però è evidente che in linea di massima le imprese tendono a lasciare i regimi più statalisti per spostarsi verso quelli meno statalisti, e che sono “costrette” a fare tutto questo dalla loro necessità di soddisfare i clienti. Se continuo a produrre talune componenti dove – a causa della fiscalità – devo spendere 100 invece che 50, mi è impossibile reggere la concorrenza e offrire buoni prodotti a basso prezzo.
Per giunta, quando le sfide si fanno palesi – come sicuramente nel caso di Ryanair e in parte anche in quello di Google (dove ora sta scendendo in campo anche Washington) – quello che si può constatare è che ormai vi sono larghi spezzoni di mercato (un ampio gruppo di imprese, insomma) che godono di un prestigio e di un rispetto assai superiore a quello che circonda gli apparati pubblici. Con tutti i loro difetti, le aziende private devono ogni giorno dare risposte reali ai loro clienti. Questo, invece, non succede nel caso degli uffici statali e delle agenzie pubbliche, più o meno “indipendenti”.
E’ chiaro come tutto questo non possa piacere a quanti ogni giorno innalzano sermoni in lode del primato della politica e della sacralità delle istituzioni, ma a dispetto della loro opinione si tratta di un processo interessante, e che potrebbe riservare sviluppi molto apprezzati da quanti hanno a cuore le libertà dei singoli.

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5 Responses

  1. Sono un fan di big G, quasi qualunque cosa faccia (tanto lo spengo quando voglio,a nche se so che nn e’ vero) … qui pero’ mi pare di poter intravvedere un pre-accordo politico preventivo lato Washington … fantapolitica ?

  2. mich

    Chi non l’ha fatto consiglio di leggere il mito Hoppe, in cui spiega che ci troveremo in futuro a due livelli perpendicolari di potere. Quello verticale degli Stati e quello trasversale delle multinazionali. Con maglie aperte su cui innestare innovazioni di vario tipo.

    Vedi:
    Democrazia: il dio che ha fallito (Democracy: The God That Failed)

    saluti

  3. Luca Salvarani

    Seconde me ha ragione la CINA! Se Google vuole opere in Cina deve sottostare alle leggi cinesi, non può permettersi di andare li a dettarle lei! La verità è che la campagna cinese è andata male e Google anzichè ammettere la sconfitta cerca di incolpare altri! Cmq sia non vedo cosa ci debba perdere la cina dal fatto che un’impresa come Google se ne vada! Sinceramente credo che non sia poi cosi indispensabile come la gente crede! Trovo incredibile il livello di utili fatto da questa azienda per non si sa bene quali servizi! Luca Salvarani Mantova.

  4. Pietro M.

    @Luca Salvarani
    E’ uno scherzo, vero?

    Quando la Germania aveva leggi che dicevano, chessò, di non commerciare con gli ebrei, era giusto rispettarle?

    Stiamo veramente al giuspositivismo etico più becero, secondo cui il potere crea automaticamente la giustizia, e cioè ciò che è automaticamente diventa un dover essere?

    Dove sta scritto che il potere assoluto di legiferare è giusto ed è giusto sottomettersici?

  5. Luca

    Il fatto poi che Google in Cina non abbia mai generato utile potrebbe anche aiutare: se non sbaglio google detiene solo il 13% del mercato pubblicitario online.
    Non è che ci si riempie la bocca con paroloni e sproloqui sulla libertà e la democrazia ma non si cerca altro che una scusa per andarsene facendo anche la figura dei fighi?

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