27
Lug
2015

Braccianti sfruttati e rivoluzione verde—di Massimo Del Papa

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Massimo Del Papa.

“Oportet ut scandala eveniant”, per dire, alla latina, meglio che le cose si sappiano per quanto sgradevoli, almeno possiamo vederle per quelle che sono e tentare un rimedio. Non c’è dubbio che la situazione dei braccianti abusivi, vale a dire sfruttati, in Puglia come in qualsiasi altra campagna di qualsiasi latitudine, sia scandalosa, e non c’è dubbio che i servizi giornalistici siano necessari a gridare la condizione di schiavitù, di impossibile sopportazione alla quale i più poveri tra i poveri vengono costretti, fino a stroncarsi sotto al sole. Però anche la indignazione deve tenere conto di una coerenza, e, in particolare, della provenienza: se a denunciare la brutalità del sistema sono i nostalgici dello stato di natura, i fan(atici) di Vandana Shiva che equipara la ricerca sugli OGM alla licenza di stupro, i danarosi snob che vorrebbero reintrodurre la coltivazione “naturale”, niente trattori, solo bestie e uomini da stroncare sotto al sole (come faceva vedere un servizio agiografico, ma demenziale, del Tg2 Rai), allora non ci siamo. Tutti questi rettopensanti nutrono la fandonia della natura naturale, di nostalgie collettiviste, in odio al capitalismo, alla ricerca, all’industria e, in definitiva, alla scienza: bene, le condizioni che tutti questi rimpiangono è precisamente quella degli immigrati schiavizzati in Puglia e ovunque. Lo precisa con esattezza Chicco Testa nel suo ancora recente “Contro (la) Natura”, lo descrivono con altrettante precisione i ricercatori Bressanini e Mautino nel quasi omonimo “Contro Natura”. Ai nostalgici del peggio andrebbe ricordato che lo sfruttamento subumano si dà dove l’uomo è abbandonato alla sua condizione; che la natura, a lasciarla com’è o a totemizzarla come vorrebbero loro, ha mietuto milioni di morti proprio in ragione delle sue forze straordinarie, cieche, distruttive; che se mai, di “naturale” c’è appunto il desiderio dell’uomo di lavorare con meno fatica e più efficacia, senza doversi uccidere sotto un sole di rame per scarsissimo e incerto risultato alimentare. Noi rimpiangiamo lo stato di natura proprio perché ne siamo usciti, quelle nostre sono solo lamentazioni snob. Ma la condizione dei braccianti equiparati agli animali è durata per migliaia di anni, fino alla rivoluzione verde di appena mezzo secolo fa, che ha tenuto conto di innovazioni tecniche, tecnologiche, scientifiche, insomma tutto il contrario della restaurazione delle varie, e troppe, Greenpeace. Chi, se non la tecnica, le macchine, hanno creato quella agricoltura industriale, davvero sostenibile per la condizione umana, oltre che infinitamente più fruttuosa? La condizione dei braccianti abusivi, che in questo caso si traduce come “privi di diritti umani”, in Puglia e ovunque non deve smettere di farci soffrire e di farci provare quella umana solidarietà che è presupposto inevitabile per cambiare la condizione dei più sfortunati; ma non può neppure risolversi in un lamento fine a se stesso, incoerente, che vagheggia certe condizioni “di natura” in effetti presociali, che punta, senza alcuna logica, proprio a restaurare su base generale quelle atroci condizioni di lavoro agricolo per le quali si muore. Chilometro zero, odio agli OGM (che non hanno mai provocato una sola vittima ed hanno consentito di ridimensionare in mezzo secolo a circa un miliardo la quota di umanità sotto soglia di povertà estrema, portandola da un rapporto di circa uno su due a meno di uno su sette), agricoltura naturale, “natura naturale” sono formule senza senso e senza esito, anzi dall’esito tragico: proprio quello che ci sgomenta in questi giorni, seppure la scandalosa condizione delle campagne dove muoiono gli ultimi fra gli ultimi, tutto è meno che uno scandalo insospettato.

You may also like

Il green deal europeo non è politica ambientale ma (dannosa) politica economica (soprattutto in agricoltura)
Start-up, ma soprattutto bottom-up
siccità
Oltre la siccità. Abbandonare il dirigismo in agricoltura
Crisi ucraina e sicurezza alimentare

4 Responses

  1. Gianfranco

    Bell’articolo. Bel punto.

    Quando 2000 calorie sotto forma di carboidrati costano meno di 40 centesimi di euro, non e’ piu’ necessario per nessuno, essere intelligenti.

    Saluti.

  2. Gianfranco

    grazie dell’articolo, ma a costo di essere pedante e OT, questo e’ il grandioso futuro preparato per i pugiiesi da coloro che hanno voluto l’assassinio dell’ILVA e della siderurgia italiana.

  3. Anonimo

    Si dovrebbe anche guardare al prezzo dei pomodori che raccolgono e a quello di tutte le altre materie prime agricole per capire chi è veramente lo schiavo

  4. uitko

    Questo articolo è completamente privo di senso.
    Invece di parlare delle regioni economiche e delle connivenze politiche che permettono da anni la tragedia umana dei campi del meridione che cosa fate?
    Date addosso agli “attivisti verdi”.
    Guardate che le condizioni di lavoro subumane nei campi del sud non sono mica frutto della voglia di produzioni “bio-crueltyfree-green-NO_OGM-bucolico-oldstyle”. La situazione LAVORATIVA dei braccianti è grave, non segna di un paese come il nostro e perfettamente STRUTTURALE alla produzione agricola massiva di alcune colture.
    Di questo si deve parlare, se il problema che si vuole affrontare è la condizione dei braccianti.
    Se poi si vuole criticare la posizione bucolica degli attivisti anti-ogm, cosa che mi trova anche d’accordo, bisogna perlomeno partire da un episodio di cronaca inerente.

    Il punto è che la condizione lavorativa dei braccianti agricoli mi è sempre stata a cuore, da un punto di vista politico non semplicemente umanitario. Sono molto deluso che in questo articolo non ci sia alcuna analisi fatta con cognizione di causa.

Leave a Reply