31
Ott
2009

Uh-oh. Mi è semblato di vedele una letlomalcia

Straordinaria intervista del Times a Sir David King, direttore della Smith School for Enterprise and the Environment a Oxford e già capoconsigliere economico dell’allora primo ministro britannico, Tony Blair. L’uomo che pochi anni fa sosteneva che “il cambiamento climatico è una minaccia peggiore del terrorismo”, oggi dice:

When people overstate happenings that aren’t necessarily climate change-related, or set up as almost certainties things that are difficult to establish scientifically, it distracts from the science we do understand. The danger is they can be accused of scaremongering. Also, we can all become described as kind of left-wing greens.

Non so se queste parole, pesantissime se si pensa che l’intera propaganda ambientalista (a cui King non è stato estraneo) si è basata per almeno un decennio sull’idea che il riscaldamento globale fosse una scorciatoia verso l’Apocalisse, siano frutto di un ravvedimento sincero, o se vadano piuttosto interpretate come la reazione barometrica al clima intellettuale e politico che cambia. Certo è che qualcosa si sta muovendo. Sono principalmente due le componenti del mutamento. La prima è il clima: negli ultimi anni, i cambiamenti climatici non hanno dato particolari segni di esistere. Prevengo l’obiezione (giusta): il global warming è un fenomeno di lungo termine, quelle che osserviamo anno dopo anno sono variazioni di breve, quindi possono tranquillamente coesistere e non sono necessariamente incompatibili. Vero, naturalmente. Ma non sono stato io a indicare tutte le presunte “anomalie”, tutti i disastri naturali da Katrina all’ondata di calore del 2003, dalle piogge troppo intense al bel tempo troppo prolungato, come diretta conseguenza della CO2 da noialtri sparata nell’atmosfera. Sono stati proprio gli allarmisti climatici – o, almeno, alcuni di loro – ad accreditare la sovrapposizione tra breve e lungo termine. Ora, la marea rifluisce e loro stessi sono colpiti dalla loro disonestà intellettuale.

La seconda ragione del vento che cambia è la crisi. La crisi ha reso evidenti a tutti due fatti, che non era difficile prevedere (anzi, tanti, compresi noi dell’IBL, queste cose le hanno scritte quando era certamente meno facile di oggi). Anzitutto, c’è, nel breve termine sicuramente, nel lungo termine probabilmente, un trade off tra la crescita economica e la riduzione politica delle emissioni. I target vincolanti sono incompatibili con lo sviluppo economico. Tant’è che, dopo anni di accanimento terapeutico sull’industria europea, la riduzione delle emissioni la si vede in misura massiccia solo ora che la recessione ha tagliato gli ordinativi. Non significa, se hanno ragione gli allarmisti, che non possa essere necessario intervenire sulla CO2 per salvare il mondo: significa solo che, contrariamente a quanto ci hanno raccontato per anni, non è una scelta a costo zero. L’altro è che è ridicolo pensare di risolvere il problema climatico (nella misura in cui il clima è un problema) con politiche di breve termine. Queste necessariamente interferiscono con, e sono influenzate da, le oscillazioni economiche, climatiche, culturali, ecc. di breve termine, e quindi aprono un grande spazio per i rent seekers, ma rendono poco probabile il raggiungimento di risultati duraturi. Il teatrino patetico con cui il mondo si sta avvicinando a Copenhagen ne è una dimostrazione: il vertice da cui doveva uscire il nuovo ordine mondiale, giorno dopo giorno appare sempre più come l’ennesima riunione inutile. Tutto questo vociare, questo pretendere che il clima sia il primo e il più grande dei nostri problemi, ambientali e no, ha prodotto una sovraesposizione che oggi non paga più. A farne le spese sono principalmente gli ambientalisti seri e quelli che, dal fronte avverso, riconoscono che è comunque importante non perdere di vista la faccenda.

Comunque, la ragionevolezza delle parole di King stride con quella che è stata la regola, per gli allarmisti, fino a oggi. E che è bene espressa da un altro protagonista della cialtroneria climatica, Stephen Schneider, trait d’union tra Al Gore e Barack Obama, che ha detto:

On the one hand, as scientists we are ethically bound to the scientific method, in effect promising to tell the truth, the whole truth, and nothing but — which means that we must include all the doubts, the caveats, the ifs, ands, and buts. On the other hand, we are not just scientists but human beings as well. And like most people we’d like to see the world a better place, which in this context translates into our working to reduce the risk of potentially disastrous climatic change. To do that we need to get some broadbased support, to capture the public’s imagination. That, of course, entails getting loads of media coverage. So we have to offer up scary scenarios, make simplified, dramatic statements, and make little mention of any doubts we might have. This ‘double ethical bind’ we frequently find ourselves in cannot be solved by any formula. Each of us has to decide what the right balance is between being effective and being honest. I hope that means being both.

Fa piacere poter rivendicare che noi forse siamo stati poco efficaci. Ma l’onestà intellettuale è un valore che non abbiamo mai messo in dubbio, a cui non abbiamo mai rinunciato. Benvenuto nel club, Sir King.

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9 Responses

  1. liberal

    Ma dov’è che Lei prende tutta questa sicurezza? Se King non era serio prima perchè dovrebbe essere credibile adesso? Perchè viene incontro ai suoi desideri?
    Anch’io sono scettico, ma se chi vede e forse sopravvaluta i pericoli viene chiamato “allarmista” o “gufo”, chi si ostina a vedere sempre rosa e …tira a campare, come deve essere definito? Io propendo per “criminale ” o “babbeo”.
    Bipartisan, giusto?

  2. Franco Bocchini

    @liberal
    Non mi pare sia una questione di credibilità – passata od attuale – quanto, piuttosto, un’ammissione di disonestà intellettuale da parte di alcuni ex (?) esponenti di primo piano del fanatismo ambientalista.
    Ciò va ascritto – umanamente – a loro merito, ma non conferisce alcuna patente di serietà: rimane incontrovertibile il fatto che l’unico metodo di analisi accettabile sia quello scientifico – con i suoi riscontri sperimentali e tutti i caveats, dubbi, limiti contestuali e quant’altro – che l’ambientalismo militante ha sempre messo in secondo piano (quando non completamente trascurato) rispetto alla cieca furia ideologica.
    Questo è il motivo – e non la legittima divergenza d’opinioni – che sta alla base del giudizio negativo nei confronti di chi si straccia le vesti, paventando indimostrati (indimostrabili?) sconvolgimenti appena dietro l’angolo.
    Ed il fastidio prodotto da tale atteggiamento, unito al rilievo acriticamente concesso dai media, spinge alcuni ad assumere superficiali posizioni specularmente contrarie ma, per lo più, chi contrasta il fanatismo catastrofista si basa su approcci decisamente più concreti. Ed onesti, ça va sans dire ……

  3. damiano

    lo sviluppo economico e’ roba del passato , secondo me una crisi demografica/economica come quella verificatasi alla fine dell’ impero romano non ce la toglie nessuno . si tratta di salvare il salvabile in termini di
    a) popolazione umana
    b) biodiversità
    c) scienza e letteratura .
    (tenendo sempre conto che ormai per noi e’ tardi ,eh .. )

    personalmente io la vedo cosi’ , forse (magari ? ) mi sbaglio.

    per quanto riguarda l’ambietalismo militante ,vi sottolineo una cosa che forse vi sfugge …

    ci sono due tipi di ambientalismo :

    -ambientalismo ‘hippie’ , che fonda le sue argomentazioni sull’inadeguatezza dell’uomo a vivere in maniera spiritualmente soddisfacente in una società industriale (si pensi a charlie chaplin in tempi moderni , per esempio ) .. raforzatosi durante la controcultura degli anni ’60 ,quando ad esempio nacque greenpeace

    – ambietalismo ‘matematico’ , che dimostra /mira a dimostrare l’insostenibilità dello sviluppo economico usando modelli matematici
    (pensate all’ ASPO , al club di roma ) che si basano essenzialmente sulla limitatezza delle risorse naturali e il crescente inquinamento .

    se non sbaglio voi con ‘ambienstalismo militante ‘ intendete greenpeace , mentre le crtiche allo sviluppo economico in quanto tale vengono piu’ da ambienti quali l’ASPO .

  4. aldo

    proprio perchè le risorse sono finite, il loro prezzo tendenzialmente sempre più alto, instilla comportamenti virtuosi negli operatori economici.
    Oggi i più grandi costruttori verdi sono le industrie e la distribuzione, IKEA, WALMART, COOP ESSELUNGA, visto l’incidenza che hanno i costi di trasporto e dell’energia sul loro conto economico, più elevato di quello del personale,hanno sposato politiche per ridurre consumi e sprechi, spingendo l’industria in tale senso.
    Tutto questo viene dimenticato o nascosto dagli ambientalisti, domanda ma perchè nessuno parla del kytegen, idea e prototipo italiano per avere energia a basso costo

  5. Carlo Stagnaro

    Credo che Franco abbia centrato perfettamente la questione. Non è che Sir King sia passato in campo scettico. Tutt’altro. Lui resta persuaso che quella climatica sia una priorità ambientale, che deve essere affrontata con gli strumenti appropriati. E io resto convinto del contrario. Come prima. L’intervista al Times, però, è importante per una questione di metodo, più che di merito: King fa una (auto)critica all’allarmismo esagerato, alla tendenza di molti a farsi profeti di sventura. A me è capitato, qualche mese fa, di trovarmi a un convegno dove una tizia dal pubblico mi ha sibilato “assassino” mentre dicevo che controllare la CO2 è una fregnaccia. E’ questo che non va bene: l’idea religiosa che qualunque male sia riconducibile al riscaldamento globale e dunque alla CO2, e che dalla CO2 non possa derivare altro che male. Non mi interessa tirare King per la giacchetta: non sarebbe serio e non lo faccio. Mi interessa avere, con chi ha opinioni diverse dalle mie, un dialogo educato e fondato sull’onestà intellettuale. Può esserci stato, nel nostro campo, chi ha ciurlato nel manico, ma nel campo avverso questa è stata troppo spesso la regola. Oggi, per le ragioni che dicevo, ne pagano le conseguenze. King se n’è accorto e ha cercato di fissare un paletto, del tutto ragionevole. Tanto mi basta per salutare le sue parole come una piacevole novità.

  6. Mauro Ongaro

    Solo due piccoli spunti:

    1) Le previsioni per un collasso globale sono fatte su modelli che pretendono di prevedere il clima a decenni di distanza; mi si spieghi come mai le previsioni del tempo valgono al massimo per tre giorni.

    2) La CO2, tra le altre cose, è il risultato della respirazione umana, propongo quindi di cambiare la denominazione da “carbon tax” a “air tax”, si vuole insomma far pagare l’aria che si respira.

  7. stefano

    @Mauro Ongaro: forte! Tassare l’aria che respiriamo: speriamo che chi ci governa non legga il punto 2).

  8. Fausto

    17-19 Novembre, a Exeter, UK, si conclude il più grande progetto di studio europeo sul cambiamento climatico. Praticamente tutti i principali servizi e centri di ricerca sul clima in Europa sono stati coinvolti.

    http://www.metoffice.gov.uk/conference/ensembles/

    Vista la sua grande passione sull’argomento caro Stagnaro le potrebbe interessare molto (il press-day è il 16).

    Io partecipo al gruppo RT6 (gli ‘utilizzatori finali’, come il ns amato premier :-), da bravo italiota con il mio inglese stentato farò una gran fatica a reggere tre giorni con i biascicanti anglo-centrici colleghi del Met Office, ma prometto di stare attento e magari fare una precisa relazione.

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