30
Mag
2015

Riformare la PA riducendo la spesa corrente—Il Giardino dei Semplici

L’Istituto Bruno Leoni pubblica una proposta di legge di riforma della pubblica amministrazione elaborata dal gruppo di studio Giardino dei semplici.
La proposta è di particolare interesse, anche rispetto alla delega in materia di riorganizzazione della PA in corso di approvazione in Parlamento, perché unisce l’esigenza di ristrutturazione della PA a quella di revisione della spesa, obbligando le amministrazioni a portare avanti dei programmi di riorganizzazione funzionale interna e quindi anche di riduzione dei costi.
Si tratta di un progetto senz’altro ambizioso, anche perché richiede e fa perno sulla collaborazione delle amministrazioni, ma proprio per questo realistico.

Il testo completo della proposta di legge è disponibile qui (PDF).

Gruppo di studio Giardino dei semplici
Via G. Capponi 26 – 50121 Firenze

La proposta di legge: riformare la PA per migliorarne le prestazioni riducendo la spesa corrente

1 – L’obbiettivo (cfr. art. 1 comma 1)

La ristrutturazione della pubblica amministrazione è volta a migliorare la produttività nell’erogazione dei servizi, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa, anche incrementando il livello qualitativo delle prestazioni; ridefinisce, nell’interesse dei cittadini, delle imprese e delle formazioni sociali, il perimetro di attività dell’amministrazione, compresa quella svolta tramite società partecipate o enti strumentali; persegue tali obiettivi in un quadro economicamente sostenibile, improntato alla stabilità programmatica delle risorse finanziarie; assicura alla struttura organizzativa dell’amministrazione un grado di flessibilità sufficiente ad assicurare tempestiva risposta alle esigenze di rimodulazione della spesa che emergano nel tempo.

Il miglioramento della produttività e dell’efficienza dell’azione amministrativa elimina gli ostacoli burocratici allo sviluppo della società; produce di per sé una riduzione della spesa pubblica; prosciuga il brodo di coltura della corruzione, che si nutre dell’inefficienza dell’apparato amministrativo.

La ristrutturazione può porsi l’obbiettivo di incrementare la produttività e la qualità delle prestazioni, secondo una metrica condivisa che renda misurabili i risultati; ridurre la durata dei procedimenti; ridurre del 20% la spesa corrente per i consumi finali e del 10 % la spesa primaria (spesa corrente al netto degli interessi passivi), al netto dei trasferimenti esclusi, in ragione della delicatezza politica delle finalità di spesa (si pensi, ad esempio, ai trasferimenti per pensioni o sanità).

Sono stimati, risparmi di spesa per circa 60 miliardi come effetto della ristrutturazione delle Amministrazioni Centrali e delle principali Amministrazioni locali (Regioni e Comuni oltre 200.000 residenti). Se l’azione sarà perseguita con determinazione, e sorretta politicamente con l’impegno necessario, risultati della Germania, per efficienza e spesa, sono alla portata del Paese.

2 – Il campo di azione

L’intervento persegue entrambi gli obbiettivi, riforma della PA e revisione della spesa, con modalità innovative, suggerite dall’esperienza del mondo produttivo e da alcune esperienze di successo nella riforma del settore pubblico in altri Paesi.

I due obbiettivi vanno collegati poiché sono legati da una relazione stretta di causa ed effetto. È sbagliato agire solo sulla spesa; occorre agire contestualmente sulle cause che ne producono l’eccesso, le quali si annidano in tutti gli aspetti dello apparato amministrativo italiano, che è il frutto della sovrapposizione di norme dall’unificazione del Paese, in parte ereditate dagli Stati preesistenti. Nessuna revisione organica è mai intervenuta. Anche in ragione del modo in cui si è formato storicamente, il Paese deve fare i conti con un ordinamento confuso, composto da norme non facilmente interpretabili, caratterizzato da sovrapposizioni e contraddizioni, da un’organizzazione pletorica, procedure lunghissime, un’Amministrazione, suo malgrado, impegnata in miriadi di piccoli servizi, spesso inutili ma che assorbono una quota non piccola della spesa corrente.

Si propone quindi che la rivisitazione sia generale: riguardi, cioè, con lo stesso metodo, tutte le Amministrazioni, che del resto sono legate anche trasversalmente, non solo per connessioni operative, ma anche per legami logici e giuridici. La legge proposta include nella revisione anche le Regioni e i Comuni con oltre 200 mila abitanti, compresi gli Enti regionali e le partecipate non quotate. Ciò avviene secondo gli stessi principi e finalità, ma la disciplina ne rispetta le autonomie, con gli adattamenti richiesti dalle loro specificità e dal dettato costituzionale.

3 – L’impostazione logica della riforma. I piani di ristrutturazione e gli ammortizzatori sociali

La legge dispone che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri, le Amministrazioni centrali ad ordinamento autonomo, gli Enti pubblici nazionali, nonché gli Enti locali con le specificità del caso, entro sei mesi sottopongano al Governo piani di ristrutturazione.

I piani di ristrutturazione contengono un progetto organizzativo volto a migliorare la produttività nella erogazione dei servizi, il livello qualitativo delle prestazioni e a ridefinire il perimetro dell’attività, selezionando tra gli interessi censiti nella prima fase, quelli sui quali concentrare attività e risorse, in un quadro di sostenibilità di bilancio. Devono altresì identificare le esigenze di adattamento del quadro normativo e verificare l’eccedenza delle attuali dotazioni di personale, strutture, risorse finanziarie, rispetto alle esigenze del servizio ridefinite a regime.

La legge si rivolge alle stesse Amministrazioni: solo i Dirigenti che le guidano conoscono bene il labirinto nel quale occorre muoversi: senza la loro collaborazione nessuno potrebbe impostare il lavoro in modo efficace. La vastità del campo di azione non consente deleghe a terzi.

I Dirigenti peraltro non possono essere lasciati soli. Vanno aiutati. La legge proposta prevede quindi che vengano affiancati da un Nucleo tecnico di alto livello, operativo e tecnicamente qualificato, che assicuri l’apporto di professionalità che abbiano maturato adeguata esperienza in processi analoghi, nel settore privato e nell’amministrazione, in Italia o anche all’estero. Nel procedimento interviene anche una Commissione Parlamentare bicamerale, appositamente istituita, che assicuri la coerenza dei piani di ristrutturazione con i valori costituzionali. (cfr. punti 3.1 e 3.3).

La ristrutturazione dell’apparato amministrativo è così affidata ad un trinomio, composto dalla Dirigenza amministrativa dal Nucleo Tecnico e dalla Commissione Parlamentare, chiamato a perseguire gli obbiettivi in modo coordinato.

Non sarebbe realistico ritenere che la ristrutturazione razionale di un apparato amministrativo obsoleto possa essere realizzata senza ricadute sul personale. Gli esuberi che emergano vanno gestiti con ragionevolezza. In ottica di concretezza, la legge combina soluzioni di mobilità interna, anche tra amministrazioni e società partecipate, ed un ammortizzatore sociale a carico delle amministrazioni ristrutturate, coerente con l’esigenza di garantire rapidamente il recupero di produttività perseguito.

4 – Gli aspetti qualificanti della disciplina

4.1 – Per impostare la ristrutturazione su basi razionali, la legge prevede che le amministrazioni consultino, anche mediante canali telematici, i cittadini e ogni altro organismo destinatario delle loro prestazioni, anche interno alla stessa PA, per conoscere il giudizio sulla propria attività; censiscano le attività che svolgono, identifichino il personale e le risorse che vi sono destinate; identifichino gli interessi alla tutela dei quali l’intero loro apparato deve essere funzionale; misurino in modo oggettivo, il loro livello di efficienza.

Il procedimento prevede forme di responsabilità, interventi sostitutivi e automatismi sanzionatori per assicurare che i risultati perseguiti vengano conseguiti effettivamente. Razionalizzazione e semplificazione del quadro normativo sono perseguite mediante la redazione di testi unici, formulati secondo uno stile redazionale unitario, che la legge stessa impone.

4.2 – Il Nucleo Tecnico per la Ristrutturazione della Pubblica amministrazione, istituito con deliberazione del Consiglio dei Ministri, è composto da giuristi, esperti di contabilità pubblica, aziendalisti esperti in organizzazione. E’ una struttura operativa. Non avrà solo il compito di affiancare le Amministrazioni nell’elaborazione dei piani di ristrutturazione, fornendo un apporto di consulenza: è chiamato a stimolare il cambiamento monitorando costantemente lo sviluppo del procedimento, con suggerimenti e prescrizioni, fino a proporre al Governo la nomina di commissari ad acta per ottenere il risultato voluto. Il Nucleo si avvale del personale della Presidenza del Consiglio.

4.3 – I piani di ristrutturazione costituiscono il progetto esecutivo della riforma. Se ne prevede l’approvazione con decreti legislativi delegati, per assicurarne la rapida attuazione, alla quale viene quindi immediatamente dato corso. I decreti legislativi approvano anche la nuova disciplina, secondo le esigenze di revisione che si rendono necessarie per conseguire gli obbiettivi della riforma, segnalate dall’Amministrazione. Nel corso del procedimento, le amministrazioni possono comunque dare corso, a normativa invariata e con gli strumenti ordinari, agli interventi immediatamente possibili. La ristrutturazione delle Regioni e dei Comuni di maggiori dimensioni avviene secondo procedimenti analoghi, con gli adattamenti costituzionalmente necessari.

4.4 – La legge prevede anche l’istituzione di una Commissione Parlamentare, unica per entrambi i rami del Parlamento. Le conferisce espressamente il compito di esprimere un giudizio – necessariamente politico – sulla selezione degli interessi compiuta nel piano, in aggiunta al ruolo tradizionale affidato alle Commissioni parlamentari coinvolte nel procedimento di emanazione dei decreti legislativi.

*** ** ***

In sintesi, la legge imposta il procedimento in due fasi. La formulazione del progetto è affidata alle strutture interne della PA, al Nucleo Tecnico, alla Commissione Parlamentare (un trinomio che assicura, nell’ordine, la conoscenza del contesto, la competenza tecnica corroborata dall’esperienza maturata su progetti analoghi, la valutazione politica); l’approvazione è rimessa al Governo, che opera con decreti legislativi, appunto delegati secondo la proposta di legge. Resta ferma la possibilità di dare corso, a normativa invariata, agli interventi immediatamente possibili coerenti con le indicazioni del progetto.

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4 Responses

  1. Emiliiano Pepa

    Bah … io non capisco perché la dovete fare così complicata eppure siete dei liberisti, dovreste essere miniarchici … perché tutto questo uso di decreti, dirigenti apicali nominati, nuclei tecnici, commissioni parlamentari. Ma poi perché parlare di efficientamento della P.A … è un controsenso … l’efficienza è un MUST AUTOMATICO per un operatore economico che produce beni e servizi in un mercato competitivo, se non è quantomeno efficiente il piede del mercato lo butta fuori a pedate. Nella P.A non c’è il piede del mercato ed è inutile cercare di reintrodurre i suoi benefici effetti tramite delle astruse e complicate tecnostrutture basate su fallibili e corrompibili uomini.
    Perciò la P.A non và efficientata va semplicente tagliata via a pezzi, ed anche piuttosto grossolanamente.
    Cominciamo a spostare i servizi delle parti operative della P.A in un contesto di mercato (es. col contributivo puro l’INPS serve ancora?? Non basta un banale PAC a mezzo di fondi di investimento? … oppure … a quando la messa sul mercato di pezzi di ASL ed OSPEDALI e delle famigerate società partecipate??? ), poi tutto ciò che è P.A amministrativa pura cioè, uffici che passano carte e soldi, si devono recidere con la scure, altro che efficientamento. La gran parte delle amministrazioni regionali e centrali/periferiche sono di fatto delle enormi società pubbliche immobiliari, in cui ogni tot metri quadri e soldi da trasferire vanno posizionati dirigenti e quadri un po’ come i feudatari distribuivano vassalli valvassori e valvassini nei palazzotti e masserie sparsi sul territorio … E’ questa impostazione che ci portiamo avanti dal medioevo e che fino all’anno scorso era gestita con la “partita semplice”, cioè con le scritture del “sovrano” che autorizzava alla spesa, che va scardinata. Vanno chiusi e venduti i palazzotti, licenziati in tronco e senza bonus dirigenti e direttori per semplice soprannumero e mandata a casa la truppa dei dipendenti pubblici diciamo col 75% del netto e per un certo numero di anni (bisogna permetterglidi rifarsi una vita e nel frattempo risparmiamo), abolendo indennità di posizione, di segreteria ecc… cioè soldi in più a secondo di “quanto si è vicini al re sole”, senza contare i soldi risparmiati in appalti per il mantenimento e funzionamento dei palazzotti stessi.
    Le Regioni, le Agenzie, tanti enti “tematici” (es. enti parco, enti per il turismo, per lo sviluppo, ecc..) sono ad esempio sono un ottimo bersaglio per esercitare questa scure, sono istituzioni che non danno servizi diretti ai cittadini … Basta riscrivere il titoloV della costituzione e permettere referendum abrogativi delle leggi di istituzione di questi enti, ma sono sicuro che non si farà, come è stato un bluff la ”chiusura” delle provincie, perché? … perché fa sempre comodo avere posti da dirigenti da distribuire agli amici, che poi fanno trasferire fondi in un modo “consono” … perché è comodo avere territori limitati nei quali esercitare test elettorali su alleanze politiche ad-hoc in vista delle elezioni nazionali. Lupo non mangia carne di lupo. E non ci sono NUCLEI TECNICI che tengano, le burocrazie non si autoriformano, o lo si fa per referendum tagliando brutalmente parti della costituzione e delle attuali leggi, oppure ce lo devono imporre da fuori confine, accentando i LORO SECONDI FINI.

  2. Francesco_P

    @Emiliiano Pepa, 1 giugno 2015,
    Sottoscrivo pienamente il suo intervento. La PA è irrecuperabile.
    La proposta del “Gruppo di studio Giardino dei semplici” non è risolutiva e rischia di fare la stessa fine dei vari commissari alla revisioni della spesa pubblica, le figure più impotenti (ma ben stipendiate) della recente storia della Repubblica.
    Dovremmo porre molta attenzione anche a rivedere le funzioni dello Stato e degli Enti territoriali. Senza una vera “rivoluzione liberale” è velleitario sperare di ridurre la spesa pubblica.

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