Please, rileggiamo Buchanan! – di Michele Silenzi
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Michele Silenzi.
Si perdono ore, giorni, mesi ad analizzare la crisi, le sue cause, le sue conseguenze quando per sapere praticamente tutto basterebbe rileggere James M. Buchanan, il grande economista della Public Choice (che analizza, tra le altre cose, il comportamento dei politici nella loro gestione della finanza pubblica in base alla propria utilità personale di breve termine: la rielezione). Perché ostinarsi a perdere tempo quando qualcuno ha già pensato tutto per noi e la storia lo ha ampiamente legittimato? Uno dei suoi capolavori (scritto in collaborazione con Richard Wagner, l’economista, non il compositore) è del 1977 e si intitola Democracy in deficit. Si tratta di materiale straordinario, ben al di là della semplice letteratura accademica. Non è un libro come gli altri ma una profetica analisi storico-economica in cui con un linguaggio diretto, ironico, efficacissimo, Buchanan smonta l’intera architettura dei keynesiani toccando tra l’altro da un punto sacrosanto che sempre viene dimenticato: Keynes ha pubblicato la sua General Theory nel 1936 sull’onda della grande depressione. È morto nel 1946 senza essere stato per nulla in grado di vedere il nuovo mondo che si sarebbe venuto formando e di cui lui aveva contribuito a gettare le basi come uno dei protagonisti di Bretton Woods. Avrebbe continuato a perseverare nelle sue idee? O le avrebbe adattate ad un mondo del tutto diverso?











