Banche. L’alternativa alla nazionalizzazione
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Davide Grignani.
Da alcune settimane noto crescere con vigore la “falange dei nazionalizzatori” ovvero di quegli stimati economisti, banchieri ed operatori economici favorevoli all’iniezione di capitali pubblici nel capitale delle banche italiane.
Dopo le note di Lorenzo Bini Smaghi sulla opportunita’ di iniettare alcuni miliardi di euro dello Stato nel capitale degli istituti bancari più bisognosi, la lettera di Antonio Foglia – che da anni insiste su una maggiore capitalizzazione di tutte le banche – ho letto con interesse il recente articolo di Pietro Alessandrini e Michele Fratianni che stimano un possibile intervento pubblico tramite CDP tra i 17 e i 18 miliardi di “buffer stock” di nuovo capitale bancario.
Mi sia consentito intervenire in contrapposizione a queste posizioni che evocano in “funzione anticiclica” l’intervento pubblico a sostegno di banche in temporanea difficolta’ nell’assunto che queste non siano in grado di attrarre i necessari capitali privati italiani ed esteri dato il loro eccessivo livello di rischio.











