13
Ago
2013

Divieti d’Italia: la prostituzione

Tra i diversi tipi di divieto, non mancano quelli per ostacolare l’attività di merettricio (il cui sfruttamento fu vietato con la legge Merlin no.75/1958): ci sono infatti una serie di ordinanze che, anziché punire e colpire  direttamente chi la organizza, la svolge e la pratica, aggirano il problema, a volte in modo piuttosto stravagante.

Ad esempio, nel comune di Calenzano (Fi), dalle ore 22.00 alle ore 07.00 (si tratta, forse, di prestazioni che non possano essere offerte e di cui usufruire anche nelle altre ore della giornata?), i conducenti di veicoli su strade in prossimità di abitazioni, spazi e luoghi pubblici o aperti al pubblico, dove si trovano “soggetti dediti all’offerta di prestazioni sessuali a pagamento”, non possono fermarsi e chiedere loro informazioni sul servizio, contrattare o farli salire o scendere dal veicolo, né i conducenti possono procedere a passo d’uomo, rallentare improvvisamente e fare qualsiasi manovra repentina.

Si tratta, evidentemente, di norme già vietate non solo dal buon senso, ma dallo stesso codice della strada.

Nel territorio del comune di Cremona, è proibito contattare “soggetti che esercitino l’attività di meretricio su strada o che, per atteggiamento, abbigliamento o modalità comportamentali manifestino comunque l’intenzione di esercitare tale attività, nonché concordare con gli stessi prestazioni sessuali sulla pubblica via. Consentire la salita sul proprio veicolo di uno o più soggetti dediti alla prostituzione costituisce conferma palese dell’avvenuta violazione della presente ordinanza”.

Un rapporto di monitoraggio sulle ordinanze anti-prostituzione evidenzia che i Comuni che hanno emesso ordinanze in materia sono moltissimi, tra cui quelli nelle province di Verona, Padova, Treviso, Varese, Como, Brescia, Milano, Asti, Alessandria, Torino, Bologna, Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia, Perugia, Roma, Ancona, Fermo, Teramo, Pescara, Napoli e Cagliari.

I comportamenti sanzionati sono tutti piuttosto simili tra loro. La maggior parte è destinato a chi intende usufruire della prestazione, vietando di fermarsi, chiedere informazioni e contrattare. Ma non mancano le ordinanze che si rivolgono anche a coloro che offrono la prestazione, e proibiscono di assumere atteggiamenti e comportamenti, oltre a indossare abiti, che manifestino apertamente l’intenzione di esercitare tale attività e quindi di adescare clienti.

Quali siano atteggiamenti, abbigliamenti e modalità comportamentali che manifestino l’intenzione di esercitare la prostituzione, non è chiaro: è lecito pensare che un poliziotto particolarmente bacchettone potrebbe ritenere tali anche una gonna sopra il ginocchio o una scollatura un po’ “audace”. In tal caso, parlare con il soggetto in questione può arrivare a costare anche 500 euro.

Talvolta il divieto è così generale da vietare la sosta e occupazione prolungata degli spazi della strada, quindi attenzione a chiunque si fermi a chiacchierare, riposarsi o guardare le vetrine troppo a lungo.

Anche se il premio all’indeterminatezza va certamente a Genova, che vietò i saluti allusivi (l’ordinanza fu poi emendata in un secondo momento).

Il rapporto indica come sia evidente che si tratti di prescrizioni piuttosto indeterminate e aleatorie, che rendono l’applicazione delle ordinanze estremamente discrezionale da parte dei soggetti accertatori: non è infatti chiaro come possano verificare che il soggetto in questione stia contrattando o chiedendo informazioni.

Di conseguenza, tali norme non hanno alcun effetto sulla limitazione della reiterazione del comportamento: i clienti cercheranno altrove e le prostitute getteranno il verbale (la maggior parte sono irregolari, quindi irreperibili). L’unico effetto possibile identificato sarebbe un’opposizione davanti all’autorità Giudiziaria contro l’ordinanza di ingiunzione che segue il verbale di contestazione.

Risultato: la prostituzione non è contrastata, e le persone devono fare attenzione a coloro con chi parlano, a cui danno un passaggio, a fare una sosta troppo lunga o a rallentare con l’auto, magari per cercare una strada.

Del resto è evidente che si tratta di interventi di facciata, mirati a colpire la prostituzione di strada, o i clienti, non certo lo sfruttamento di tale attività.

Ricordiamo che chiunque volesse segnalare ordinanze di divieti particolarmente assurdi, limitanti e inutili, può farlo su twitter (@LuciaQuaglino) o via e-mail (lucia.quaglino@brunoleoni.it).

 

 

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8 Responses

  1. Beh che dire, la fantasia umana non ha limiti, del resto quando non si vuole affrontare questo argomento si spazia con la mente verso lidi che poco hanno a che vedere con la realtà. La prostituzione di strada è un fenomeno che poco ha a che fare col buon gusto e il senso civico, infatti vi sono spettacoli soprattutto notturni degni di un set pornografico. Ma non si puo’ neanche negare l’ esistenza di una verità che esiste dalla nascita dell’ uomo. Per cui non prendere misure di adattamento di queste attività border line significa non voler affrontare la questione.

  2. Ci sono due strade da poter intraprendere: la prima strada prosegue nel solco tracciato dalla Consulta. La prostituta non va perseguita penalmente in quanto soggetto debole, e si va a colpire il consumatore, il cliente. Questo sarebbe un approccio neo-abolizionista che secondo me andrebbe anche contro lo spirito originario della stessa Legge Merlin, il cui fulcro fondamentale era la liberazione della donna. E la seconda alternativa, invece, dovrebbe «riprendere un discorso di depenalizzazione di attività legate alle prostituzione, tema che però non ha nessun tipo di centralità e rappresentanza nei partiti progressisti e che rischia quindi di essere argomento perseguito dalla destra senza alcuna attenzione ai diritti e alle tutele sociali delle persone che si prostituiscono.» Quello che manca, è «una proposta politica che leghi libertà individuali, diritti sociali e protezione della vulnerabilità attorno alla prostituzione. Ma mi rendo conto essere tema forse troppo complesso per un periodo storico che sembra aver rinunciato alla complessità.

  3. L’unico comune in Italia Silvi Marina in provincia di Teramo il quale il sindaco è riuscito a fare un’ordinanza nel quale i vigili urbani andavano a verificare dove si svolgeva le attività di prostituzione dentro le case e da lì a sanzionare i proprietari e anche chi gli esercitava Tale attività in quanto si sono affiliati al fatto che cambiavano la destinazione d’uso e quindi la casa non era più ad uso abitativo ma ad uso commerciale Difatti il sindaco di questo piccolo paese del Centro Italia è riuscito a contrastare questo fenomeno che ad oggi viene considerato ancora in maniera bigotto

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