8
Feb
2010

Misurare il rischio e l’incertezza

Misura a separazione delle delicate categorie “rischio” e incertezza” rappresentano da sempre croce e delizia della triste scienza economica. Da Keynes a Knight, da Walras ad Hayek, rischio computabile e incertezza delle vicende e influenze umane hanno contraddistinto svolte fondamentali nell’interpretazione di come i mercati funzionino o falliscano, e di come vi operino individui e imprese. La teoria del rischio di portafoglio di Markovitz, che tutti noi abbiamo studiato per attenuare il rischio d’investimento finanziario attraverso la diversificazione, si continua a studiare e consigliare ma in realtà è poco più che preistoria e consigli della nonna, nella finanza globalizzata. Idem dicasi per il teorema Merton-Modigliani, assai più fondativo della stessa Efficiet Markets Hyphotesis di Eugene Fama ai fini dell’efficienza nell’abbattimento del rischio una volta note tutte le informazioni che al mercato e all’investitore servono. Che cosa capita invece del rischio e dell’incertezza, quando essi si applicano alla nostra salute e aspettativa di vita? È un tema che mi ritocca personalmente in questi giorni, quando sono alle prese con qualche problema da risolvere con un’operazioncina. Ed è un perfetto esempio di inefficienza di mercato da ritardo dottrinario e indifferenza del consumatore. Poiché lo sconto dell’aspettativa di vita si applica come all’ammortamento di un bene strumentale, a fare la differenza è il criterio con cui una società di assicurazione stabilisce il premio per una polizza: e non ci sono santi, il criterio è standard per tutti gli individui e s’incardina solo sulla statistica di sopravvivenza – aggiornata ogni ics anni – alle diverse patologie riscontrate. Come se fossimo tutti uguali e contasse solo il male, non il track record della tua individuale e irriducibile ad altri risposta al problema. Eccovi un esempio pratico di come l’ignoranza teorica su rischio e incertezza continuino a minare non solo il mondo della banca e della finanza, e senza Cigno Nero, visto che qui non stiamo parlando di polizze sul rischio di morte improvvisa. Per chi volesse invece credere alla statistica assoluta del rischio – io ne diffido, è pura tecnica di comunicazione al servizio del proprio punto di vista – ecco la più aggiornata tavola generale mondiale in cui mi sia appena imbattuto, da organizationsandmarkets.com.

11 Responses

  1. DE MARCO ROCCO

    Magari ci fosse un algoritmo statistico probabilsitico che minimamente misurerebbe l’incertezza in ambito sanitario. La enorme quantità di variabili renderebbe il calcolo troppo complesso.
    Le statistiche che vengono fatte, per avere una minima cognizione del problema sanitario sono leggibili ma non lette correttamente, in quanto, il contesto in cui sono lette viene ignorato. Mi riferisco al campione rappresentativo, ecc. Per capirci per poter leggere una minuscola parte dell’immensa realtà ci mettiamo gli occhiali sbagliati.

    Oscar la lascio con un quesito sanitario statitisco:
    un chirurgo compie 10 operazioni ne sbaglia 2
    un altro chirurgo compie 100 operazioni ne sbaglia 20
    chi è il miglior chirurgo statisticamente.?….:)

  2. andrea lucangeli

    sono un convinto sostenitore del Lupo Italiano perciò in sostituzione della frase “in bocca al lupo” (che prevede la canonica risposta: “crepi il lupo”) Ti dirò “good luck” Oscar!

  3. La maggior parte di noi pensa e agisce come se la propria vita fosse esente da rischi. Consideriamo l’assunzione dei rischi come qualcosa di sbagliato, da evitare assolutamente. Consideriamo in genere inaccettabili i rischi imposti su di noi da altri. Educare i bambini ad evitare il rischio è un dovere importante dei genitori.
    Sfortunatamente, qualunque cosa noi facciamo implica un rischio. Ci sono pericoli in ogni tipo di viaggio e c’è pericolo anche a rimanere a casa, il 25% degli incidenti mortali avviene entro le mura domestiche. C’è pericolo nel mangiare, il cibo è una delle principali cause del cancro e di diverse altre malattie, ma benché ne siamo coscienti mangiano più del necessario. Ci sono pericoli nel respirare, l’inquinamento dell’aria uccide probabilmente 100.000 americani ogni anno, l’inalazione del radon e dei suoi prodotti di decadimento è stimato uccida 14000 americani ogni anno, molte malattie come l’influenza sono contratte semplicemente inalando i germi. Questi pericoli potrebbero facilmente essere evitati respirando attraverso maschere filtranti, ma nessuno lo fa.
    Ci sono pericoli nel lavorare, 12000 americani muoiono ogni anno in incidenti sul lavoro, il numero dei morti per malattie collegate al lavoro è inoltre almeno 10 volte più grande. In ogni caso la maggior parte delle alternative al lavoro sono ancora più pericolose.
    Questo non significa che non dobbiamo cercare di minimizzare il rischio ma che per farlo occorre procedere con criteri scientifici, come prima cosa occorre una procedura per quantificare il rischio.
    Non si evita il rischio semplicemente evitando quello che ci appare più evidente. Per esempio se uno pensa di fare un viaggio alla guida di un’auto può evitare il rischio di guidare decidendo di andare a piedi, questa decisione spesso gli causa l’assunzione di un rischio spesso maggiore.
    Il problema è che seguendo un approccio istintivo i rischi a cui si pensa sono sempre quelli più pubblicizzati dai media, e ciò assolutamente non è una buona guida per evitare e ridurre il rischio.
    La procedura logica per minimizzare il rischio è quella di quantificare tutti i rischi e assumere quelli minori invece che i maggiori.
    Il nostro obiettivo è quello di fornire una procedura per questa misura del rischio e di applicarla poi anche al caso dei rischi connessi con la produzione della corrente elettrica, inclusa quella per via nucleare.

    La misura del rischio attraverso la LLE
    (loss of life expectancy- riduzione dell’aspettativa di vita)
    continua su…
    http://fusione.altervista.org/calcolo_rischio_nucleare.htm

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