5
Feb
2010

Il divorzio auspicabile tra Fiat e governi

Se si prendono alla lettera le dichiarazioni rilasciate – in Italia, è sempre un esercizio pericoloso – ieri si è celebrata una svolta. Nella storia pluricentenaria della Fiat in Italia, per la prima volta sono gli industriali stessi a girare pagina. Si afferma infatti una distinzione che, in passato, mai era stata considerata possibile. La Fiat è un conto, la sua profittabilità, la sua storia di grande azienda simbolo della manifattura italiana nel mondo, con i suoi periodi di fulgore al pari di quelli di crisi nera sempre sinora seguiti da un rilancio, fino alla grande sfida americana e mondiale lanciata mesi fa da Sergio Marchionne. La politica nazionale dell’auto è un’altra cosa, e non coincide per forza di cose con la tutela da parte della politica nei confronti della casa torinese, come unico produttore italiano. Ed è di grande importanza, che a fare con chiarezza tale distinzione siano appunto gli industriali per primi, non la politica contro gli industriali.

Infatti ieri è stato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a notare saggiamente che la questione del rinnovo o meno anche nel 2010 degli incentivi pubblici al settore automobilistico non deve essere legata in alcun modo alla chiusura di Termini Imerese a fine anno, già comunicata dalla Fiat. E sull’eventuale mancato rinnovo degli incentivi pubblici nel 2010, è stato il capoazienda Fiat Marchionne a dirsi agnostico ieri mattina, intervistato dalla Stampa, e d’accordo con il governo in una nota ancor più significativa, emessa nel tardo pomeriggio quando ormai lo scenario del mancato rinnovo diventava, dopo le parole di Berlusconi, molto probabile da possibile che era. Fossi stato in Luca di Montezemolo, oggi, non avrei certo detto che la Fiat non ha mai avuto aiuti di Stato, ma questo è un altro paio di maniche, in fondo trascurabile visto che Marchionne pesa molto di più.

Vi sono almeno tre aspetti da sottolineare, in questa che – a prenderla in parole, poi come al solito:vedere per credere – potrebbe rappresentare una vera svolta “storica”. Il primo è quello dei numeri, che aiuta a capire e tuttavia non è quello decisivo. Il secondo è la nuova filosofia Fiat, che con Marchionne si avvia a cambiare sempre più. Il terzo, quello di una vera sfida nazionale che deve accomunare tutti, politica e sindacato in prima fila.

I numeri sono presto fatti. Sul totale dei 300 o 400 milioni che verosimilmente, stando alle indiscrezioni dai tavoli governativi, potrebbero rappresentare in tutto e per tutto la disponibilità del Tesoro per incentivi alla domanda – spostando il più degli incentivi all’offerta, cioè per investimenti tecnologici e in ricerca, nella Tremonti ter – all’auto ne andrebbero non più di 200. Si tratterebbe di una cifra pari a circa un sesto di quanto è stato stanziato per lo stesso fine nel 2009. In altre parole, se si ipotizzasse che anche nel 2010 continuasse a funzionare l’effetto di mera “anticipazione degli acquisiti” che gli incentivi inducono nel mercato, drogandolo più che rappresentare veri acquisiti aggiuntivi come ieri ha ammesso lo stesso Marchionne, si tratterebbe di poco più di 100 mila auto nuove a bassa emissione. Per la quota che nel mercato italiano rappresenta la Fiat rispetto ai produttori esteri, si tratterebbe di 30-35 mila unità di venduto in più in Italia. Per una quantità così trascurabile, rispetto alle prospettive di utile già inglobate negli obiettivi Fiat per il 2010 e nelle stime degli analisti, è un gioco che non vale la candela. Per Torino, è di molto preferibile affermare una volta per tutte che la Fiat non chiede niente alla politica, rispetto al molto che ha già avuto nella storia (gli italiani fanno bene a pensarla così, e sono sicuro che anche Montezemolo lo sa benissimo).

È il significato più profondo, in definitiva, della sfida lanciata da Marchionne per proiettare la Fiat con un Chrysler risanata prima ai 4,5 milioni di venduto l’anno, entro un triennio, e poi con politiche aziendali di ulteriore consolidamento verso e oltre la quota dei 6 milioni. Nella sfida, l’italianità di Fiat non sarà più definita da dove essa produrrà più auto, poiché l’obiettivo massimo torinese è di passare dalle 650mila dell’anno scorso a 900mila entro il triennio. L’italianità vivrà nella progettualità e nel design del suo marchio, nelle sue soluzioni motoristiche e di cambio che accomuneranno le piattaforme. Prodotte laddove sarà più conveniente, ma con la “testa” dell’azienda che resterà in Italia.

Quanto a un serio piano nazionale auto distinto dalla difesa con le unghie dei soli cinque stabilimenti Fiat in Italia, sta alla politica e al sindacato ora comprendere che si sono persi troppi decenni, ma che oggi è venuto il momento di uno scatto in avanti. La Gran Bretagna non ha difeso nessuno dei suoi storici marchi nazionali, ma ha attirato grandi gruppi dell’auto di tutto il mondo, e produce oggi cinque volte più di noi. Per far questo, occorre garantire tasse competitive, vincoli amministrativi non soffocanti, e accordi salariali come quelli consentiti dal nuovo modello contrattuale varato un anno fa. Un modello che non introduce solo la contrattazione decentrata del salario, ma anche la facoltà di derogare – per consenso delle parti – dalla parte normativa del contratto nazionale. Io dico che per attirare produttori dal mondo, e accrescere l’indotto italiano dell’auto che ha posizioni di eccellenza mondiale, è il caso di applicarla, quella deroga, in modo da dimostrare che il lavoro si difende meglio nel mercato, che nei singoli stabilimenti storici oggi privi di competitività internazionale. E la politica per parte sua deve pensare ad ammortizzatori sociali nuovi e diversi, dopo aver esteso in deroga per un anno e mezzo quelli esistenti precrisi:  serve la tutela ai lavoratori nel mercato del lavoro, non nelle singole aziende obbligandole a stare aperte quando perdono. Altrimenti, più che ammortizzatori sociali sono freni alla ristrutturazione, e l’occupazione che si crede di difendere oggi significa solo meno posti di lavoro per tutti domani.

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6 Responses

  1. Emiliano Sala

    Per anni al rapporto Fiat-governi ho associato il motto “privatizzazione degli utili – socializzazione delle perdite”. Credo che nel 2010, ancora nel pieno di una crisi economico-finanziaria, i criteri di assegnazione degli incentivi governativi debbano guardare ai settori potenzialmente in grado di generare il maggior ritorno in termini di traino della domanda interna, competitività sui mercati internazionali, ricerca e innovazione e quindi, in ultima istanza, generazione di posti di lavoro. Mi spiace per i lavoratori della Fiat che finiranno in esubero, ma quante piccole-medie aziende vi sono oggi in Italia, con più potenziale del settore auto, che insieme fanno uno stabilimento FIAT, in difficoltà finanziaria e costrette a licenziare, che però non finiscono sul tavolo del governo perchè il loro marchio non fa grancassa e i titolari non appaiono ogni giorno in TV?

  2. andrea lucangeli

    Oggi è stato Bossi a dire un secco “altolà” al Berlusca (ed al Governo) sugli incentivi pro-FIAT. Le Regionali sono vicine e la Lega non ha alcuna intenzione di perder voti al nord assecondando una (suicida) politica governativa assistenzialista pro-sud e pro-Termini Imerese….Il PDL (in particolare gli ex-AN) “coltivano” molti voti al sud ed una apertura sugli eco-incentivi potrebbe ridare fiato alla FIAT, alle sue maestranze meridionali e portare vagonate di voti al PDL. Ma il nord non è più disposto a pagare queste “cambiali elettorali”. Il vento è cambiato, non è più tempo di “prebende di Stato”. Se gli ex-AN voglioni regalare agli operai FIAT (prima delle elezioni) la scarpa destra (come faceva Lauro a Napoli..) e dopo le elezioni la scarpa sinistra lo facciano….con i loro soldi, non con quelli degli eco-incentivi…..pagati da tutti noi….

  3. marco

    andrea lucangeli :Oggi è stato Bossi a dire un secco “altolà” al Berlusca (ed al Governo) sugli incentivi pro-FIAT. Le Regionali sono vicine e la Lega non ha alcuna intenzione di perder voti al nord assecondando una (suicida) politica governativa assistenzialista pro-sud e pro-Termini Imerese….Il PDL (in particolare gli ex-AN) “coltivano” molti voti al sud ed una apertura sugli eco-incentivi potrebbe ridare fiato alla FIAT, alle sue maestranze meridionali e portare vagonate di voti al PDL. Ma il nord non è più disposto a pagare queste “cambiali elettorali”. Il vento è cambiato, non è più tempo di “prebende di Stato”. Se gli ex-AN voglioni regalare agli operai FIAT (prima delle elezioni) la scarpa destra (come faceva Lauro a Napoli..) e dopo le elezioni la scarpa sinistra lo facciano….con i loro soldi, non con quelli degli eco-incentivi…..pagati da tutti noi….

    pienamente d’accordo!

  4. Giovanni Valsecchi

    Secondo il mio punto di vista, bisogna calibrare gli aiuti al settore automobilistico – che non vanno solo a Fiat, ma a tutti i produttori di auto – con la necessità di sorreggere le Aziende che lavorano per l’indotto, che secondo me hanno un numero di lavoratori nettamente superiore ai lavoratori Fiat. Poi è chiaro e lampante che unità produttive obsolete debbano chiudere. Non credo che Termini faccia parte di queste unità, penso piuttosto che qualcuno debba farsi un esame di coscienza e recitare un mea culpa. Anche se ormai sembra troppo tardi. Io introdurrei un sistema differenziato di retribuzioni, (e non ditemi che è un ritorno al passato oppure uno sfruttamento della forza lavorativa) perchè è risaputo ed acclarato che il costo della vita è nettamente differente fra un cittadino del Sud ed uno del Centro Nord. Diamo competitività alle Aziende del Sud Italia, eliminiamo certi favoritismi pro sindacati, voltiamo veramente pagina. Direte i voti a chi vanno ? Porta lavoro ed i voti andranno a chi lo porta.

  5. andrea lucangeli

    @ Giovanni Valsecchi: quando Bossi ha parlato di “salari differenziati” tra nord e sud è stato “impallinato” come un tordo dai soliti “benpensanti”….In Italia è proibito discutere (realisticamente) di nuove gabbie salariali. E gli operai del nord si incazzano e…votano Lega, perchè le “tute blu” sanno bene (sulla loro pelle) che ciò che a Milano costa 100 a Palermo costa 60…ergo i 1200 Euro del Cipputi de Milan NON VALGONO come i 1200 Euro di Carmelo da Catania….Questo ragionamento, semplice semplice, lo capisce anche mia nonna (pensionata) che ha 90 anni….ma fallo capire ai capi di CGL CISL UIL….Loro sono abituati agli attici romani, alle Jacuzzi, alle auto blu e “non colgono” la differenza….e gli operai del nord (sempre più incazzati) votano Lega….

  6. Pier

    Io ho letto che Montezemolo ha detto , circa gli aiuti, ” mai da quando questo management è in carica” quindi nel dopo Gianni ed Umberto.
    Marchionne stà trasformando la FIAT in una vera azienda multinazionale e tutti dovranno rendersi conto di quanti cambiamenti questo fatto comporterà, sindacati per primi, che pensano l’Italia sia ancora il loro esclusivo orticello dove con un poco di concime/politica e le loro insigni strategie si può far crescere ciò che si vuole.
    Sarà molto dura per tutta l’Europa e molto più per noi che vogliamo e, per assolverci in parte, non siamo stati e non siamo abituati come nazione a guardare in faccia i problemi con realismo.
    Pier

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