22
Gen
2010

Le azioni si confessano

Obama ha dichiarato che vuole riformare il sistema finanziario. Subito dopo, i corsi delle banche che sono esposte alla finanza sono flessi, mentre quelli delle banche che non sono esposte alla finanza non sono flessi. Comportandosi in questo modo, i corsi danno ragione ad Obama.

Quasi tutte le grandi banche statunitensi (e mondiali) sono dei “supermercati”. Esse hanno all’attivo la finanza, i crediti alle imprese ed al consumo. Al passivo hanno i depositi, le obbligazioni, ed il capitale di rischio. In futuro – secondo quel che si capisce degli intendimenti dell’Amministrazione – le banche “supermercato” non potranno più fare finanza come oggi, se vogliono continuare ad avere i depositi assicurati dallo stato.

Ecco che viene meno sia una fonte di finanziamento delle loro attività in campo finanziario sia l’opzione che saranno “sempre salvate”. Le banche saranno naturalmente libere di investire, ma non anche con il denaro dei depositanti con la garanzia dello stato sui depositi. Se sbaglieranno gli investimenti, allora pagheranno. I loro investimenti saranno perciò finanziati da un passivo composto dal debito non garantito dallo stato e dai mezzi propri.
 
E siamo al punto. Se il mercato pensasse davvero che molte delle attività bancarie siano già redditizie per conto loro, i corsi azionari non sarebbero flessi. Infatti, scorporando il trading e conferendolo a società terze, gli azionisti – in astratto – riceverebbero lo stesso denaro (in valore attuale) che ora posseggono. Se, invece, pensano – in concreto – che il trading varrà di meno se reso indipendente, ammettono che vi sono dei vantaggi a mantenerlo all’interno della banca. Ossia, che esso renda di più con le informazioni privilegiate della banca e con i finanziamenti a basso costo della banca medesima. Inoltre, una volta che si dichiara che nessuno sarà più salvato col denaro pubblico, se i corsi flettono, allora si ammette che il rischio era asimmetrico, ossia “se guadagno i soldi sono miei, se perdo mi soccorri”.
 
Nel primo caso, le azioni in caduta tradiscono il pensiero che il trading non è un business facilmente redditizio sul libero mercato, nel secondo le azioni in caduta tradiscono il pensiero che senza l’opzione del salvataggio muta il profilo di rischio rendimento delle banche “supermercato”.

 

5 Responses

  1. Pietro M.

    In effetti c’è un problema di identificazione. Considerando che le banche in senso stretto sono più vicine del resto della finanza alla banca centrale e quindi più esposte al moral hazard dovuto alla socializzazione dei costi del credito, separare meglio banche e finanza può ridurre l’estensione del moral hazard a patto che il vantaggio competitivo che l’assicurazione pubblica (implicita o no) alle banche in senso proprio non crei le condizioni di una loro espansione a danno della finanza in senso lato. D’altra parte, separare le due cose può far perdere economie di scala, rendere l’uso dell’informazione più inefficiente, e quindi far perdere efficienza al mercato.

    Aut aut: se c’è moral hazard in un mercato, bisogna separarlo dagli altri mercati per minimizzare il problema (o regolamentarlo in qualche modo, ma senza segmentazione si troveranno sotterfugi); se si crea questa segmentazione, si riduce l’efficienza (nel caso in cui la banca universale è più efficiente, of course). Le autorità pubbliche devono impedire al mercato di funzionare bene se non vogliono che un mercato assicurato si comporti male, ed è difficile se non impossibile (come mi corresse il discussant a Sestri) separare le due cose.

  2. Pier

    Mi sembra che anche adesso non sia scritto, negli US, che le Banche possano essere salvate con denaro pubblico, praticamente senza riuscire ad imporgli vincoli. Ma è stato fatto.
    Penso che Obama avrà una vita molto dura, per questa riforma, molto più che per la riforma sanitaria.
    Mi auguro riesca ad imporsi alla irresponsabilità della Finanza e di Wall Street. Se così fosse tutto il mondo lo apprezzerà.
    Pier

  3. mario fuoricasa

    La libertà nel mercato finanziario è fondamentale e le regole servono quale semplice descrizione del mercato stesso. Le norme descrivendo il mercato ne disegnano il perimetro e le interazioni. Facendo questo misurano i contorni del nostro accumulato sapere in campo economico ed anche il livello della nostra civiltà. Le norme non dovrebbero mai avere un intento persecutorio, costrittivo o dirigistico, ma invece, interpretando la sensibilità del tempo, fissano erga omnes l’armonia di un sostenibile operare. Le sanzioni, pure previste dalle norme, sono proporzionate e studiate per dissuadere ogni forzatura che arrechi danno all’ideale funzionamento armonico del sistema funzionante e generalmente percepito come adeguato in quel tempo e per quel tempo.
    Le regole finanziarie sono fallaci e possono diventare obsolete quando non colgono più l’intera immagine del mercato, quando le dinamiche si sono evolute sia in termini tecnologici che in termini di organizzazione delle attività umane. I cambiamenti nell’organizzazione delle attivita umane possono essere di carattere dimensionale (singoli volumi e spazi operativi) o di velocità di interazione il tutto sempre commisurato ad unità di tempo.
    Quindi le regole descrivono e non correggono un mercato che ha perso, per fatti non imputabili alle regole, contatto con la realtà che è mutata nella sostanza.
    Per introdurre nuove regole è necessario prima aver compreso quale è il nuovo quadro dei mercati da dercrivere.

    Esempio:
    La moneta oltre che mezzo efficiente per nominare il prezzo dei beni è anche riserva di valore
    La funzione di riserva di valore della moneta e’ una qualità di cui il proprietario della stessa deve poter disporre come dispone liberamente per tutti gli altri beni.
    Se ad esempio un soggetto versando in banca una somma (non avendo altre posizioni debitorie) decide di conferire all’intermediario il mandato di sola custodia del bene danaro deve poterlo fare.
    Solo in un secondo momento il custode-intermediario potrà con separato atto di volontà del depositante acquistare l’utilizzo della moneta per un dato tempo contro una remunerazione per l’uso e il rischio del passaggio all’attivo patrimoniale dell’intermediario che opera a riserva frazionaria.
    E’ ovvio che l’attività di mera custodia, che si estrinsecherebbe nel riversamento presso la banca centrale della somma, comporta dei sia pur minimi costi di gestione a carico del depositante e la mancata produzione di alcun frutto.
    Questa possibilità solleverebbe parzialmente lo stato ed anche il sistema finanziario dal garantire il depositante.
    Questa possibilità costringerebbe le banche ad operare sia su un vero mercato finanziario di impiego sia sul mercato finanziario della raccolta in qualità di intermediari dichiarando esplicitamente rendimenti offerti e ratios di rischio.
    Questa è oggi di fatto – date le norme valutarie esistenti – una discrezionalità mancata ed una limitazione sul diritto di disposizione che si dovrebbe avere su beni privati.
    Questa possibilità limiterebbe l’efficienza dei mercati finanziari? Quasi sicuramente! Se però gli intermediari dei mercati finanziari, in nome dell’efficienza, non tengono conto degli interessi di tutti gli attori che operano nell’economia reale operano una semplificazione lapalissianamente perniciosa.

    La regolamentazione restrittiva su riserve e impieghi avrà effetto limitato perché non tiene conto della reale forza del mercato – di tutto il mercato – invece si affida ad essa, con intento razionale, la taumaturgica forza di governare quella versione annaquata e semplificata che i regolatori suppongono il mercato sia.
    Mario Fuoricasa

  4. liberal

    L’analisi di Arfaras è così chiara da sembrare banale. In realtà, quando si vuol far capire bene un argomento, il modo di parlare chiaro c’è, e non è banale ma si tratta di onestà intellettuale.
    Molti analisti bancari (guarda caso) e commentatori finanziari, orfani di Bush, farfugliavano concetti incomprensibili in difesa delle Banche, come sono attualmente, ed i loro problemi in Borsa, creati dall’iniziativa di Obama.
    Perdere sfacciati previlegi, si sà, fà molto male!!

  5. Pietro M.

    A me sembra altamente improbabile che si farà qualcosa contro le banche. Sono il canale di trasmissione primario della politica monetaria, e in quanto tali danneggiarle significa impedire alla Fed di fare il suo lavoro, e cioè rovinare l’economia con politiche discrezionali anticicliche. Credo si tratti solo di demagogia, tutto sommato è quello che uno si aspetta da un presidente d’immagine. In ogni caso, spero veramente che si ponga fine al moral hazard con un taglio netto: l’effetto sarebbe una depressione economica, ma vale la pena. L’alternativa è un’economia dove gli imprenditori vengono sovvenzionati dai contribuenti, cosa potenzialmente distruttiva dell’ordine di mercato se abusata.

Leave a Reply