20
Ott
2014

L’alluvione di Genova ed i cambiamenti climatici: proteggere il clima o proteggersi dal clima?

Come sempre accade in presenza di un “evento estremo”, anche nel caso dell’alluvione di Genova molti politici e commentatori non hanno resistito alla tentazione di tirare in causa l’effetto serra.
A sproposito: vediamo perché.
Prima domanda: una precipitazione intensa come quella che si è verificata nel capoluogo ligure la scorsa settimana sarebbe potuta accadere cinquanta o cento anni fa, prima che l’uomo iniziasse ad emettere anidride carbonica in atmosfera? Sì.
Come racconta Jacopo Giliberto, l’eventualità che potesse verificarsi una precipitazione d’intensità paragonabile a quella degli scorsi giorni era stata prevista nel lontano 1907 dall’ingegner Cannovale del Comune di Genova: se per costruire la copertura del Bisagno fossero stati seguiti i calcoli di Cannovale, il torrente sarebbe in sicurezza da un secolo e la città non ripetutamente sommersa da acqua e fango.
Seconda domanda: se una precipitazone intensa sarebbe potuta accadere già cento anni fa o nei secoli passati, non è però aumentata a causa del riscaldamento globale la frequenza dei fenomeni estremi?
In questo caso la risposta è, forse sorpendentemente per molti, negativa. Con riferimento alla situazione italiana, ad esempio, si legge in un recente documento a cura della Provincia di Torino e della Società Metereologica Subalpina (“Cambiamenti climatici e governo del territorio“) che: “le precipitazioni intense per ora non sono in aumento. Sebbene molti modelli climatici prevedano un futuro aumento dei casi di precipitazione intensa, potenzialmente responsabili di dissesti idrogeologici sul territorio, al momento in Provincia di Torino questa tendenza non sembra essere ancora evidente”.

precipitazioni_intense_TO

Il caso piemontese non costituisce peraltro un’eccezione ma, semmai, la regola a livello mondiale. Di seguito riportiamo alcuni estratti dall’ultimo rapporto IPCC sullo stato del clima:

“Current datasets indicate no significant observed trends in global tropical cyclone frequency over the past century … No robust trends in annual numbers of tropical storms, hurricanes and major hurricanes counts have been identified over the past 100 years in the North Atlantic basin”
“In summary, there continues to be a lack of evidence and thus low confidence regarding the sign of trend in the magnitude and/or frequency of floods on a global scale”
“In summary, there is low confidence in observed trends in small-scale severe weather phenomena such as hail and thunderstorms because of historical data inhomogeneities and inadequacies in monitoring systems”
“In summary, confidence in large scale changes in the intensity of extreme extratropical cyclones since 1900 is low”.

Peraltro, se fino ad oggi non vi sono elementi sufficienti per affermare l’aumento della frequenza dei fenomeni estremi, vi è chiara evidenza di come, grazie al miglioramento della capacità di prevedere l’evoluzione delle condizioni meteorologiche nel breve termine, alla disponibilità di strutture maggiormente in grado di resistere a fenomeni particolarmente violenti ed alla possibilità di evacuare in tempi rapidi – abitualmente grazie alla propria auto – dalle zone che si prevede saranno colpite da calamità naturali, il numero complessivo di persone vittime di tali fenomeni si è ridotto radicalmente negli ultimi decenni e, considerata l’aumento della popolazione, ancor più è diminuito il rischio individuale: negli ultimi anni hanno perso la vita a causa di un evento climatico estremo all’incirca tre persone su un milione a fronte di più di cento nella prima metà del secolo.

risk_death_extreme_events

Sono in aumento in valore assoluto i danni economici; tale evoluzione è però esclusivamente da addebitarsi al maggior valore delle proprietà di cui disponiamo oltre che ad una maggiore concentrazione della popolazione nelle aree costiere. Tra il 1990 ed il 2012 l’ammontare complessivo dei danni rapportato alla ricchezza prodotta ha mostrato comunque un trend in riduzione, assestandosi nell’ultimo anno analizzato a circa lo 0,2% del PIL mondiale.

Losses_gdp

Da non dimenticare poi il fatto che negli ultimi trent’anni, in presenza di una forte crescita delle emissioni e di un riscaldamento del pianeta di poco superiore a 0,5 °C, si è verificato un miglioramento delle condizioni di vita senza precedenti nella storia dell’umanità: la percentuale di persone che vivono in condizione di povertà assoluta dal 52% (1980) al 21% (2010).

Dovremmo quindi ignorare del tutto il problema del riscaldamento del pianeta? No, affatto. Sebbene fino ad oggi e verosimilmente ancora per molti decenni i benefici del riscaldamento saranno superiori ai costi, nel lungo periodo il bilancio verosimilmente cambierà di segno e gli impatti negativi saranno più rilevanti di quelli positivi.
Non dovremmo però porre in atto politiche con ricadute quasi irrilevanti in termini di riduzione delle emissioni ma che comportano costi significativi.
Ad esempio, nel caso italiano, ogni anno i sussidi alle rinnovabili ammontano a circa 12 miliardi di euro, all’incirca lo 0,8% del PIL. I benefici in termini di mitigazione delle emissioni di tali misure sono del tutto irrilevanti. Se, per ipotesi, la stessa cifra fosse destinata ad interventi di sistemazione del territorio, le ricadute in termini di riduzione dei danni di eventi estremi sarebbe senza dubbio maggiore.
Per tornare al caso di Genova: è molto più efficace realizzare opere che consentano alle acque di defluire regolarmente che non influire in misura del tutto marginale sulla frequenza delle precipitazioni più intense.

@ramella_f

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7 Responses

  1. Marco

    l problema è che le persone competenti vogliono porsi nel “safe side” gli idioti dicono “ma non vale la spesa per cose che avvengono ogni morte di papa” visto però che i papi possono accelerare il turnover non è mai prudente mandargli un po’ di contribuenti insieme per fare buon peso
    eppure queste pessime abitudini sono continuamente rinforzate da valutazioni pressapochiste di demagoghi che pretendono di saper parlare al popolo e passano valutazioni totalmene superficiali su salute, istruzione, economia, lavoro in quanto tuttologi universali

  2. Dario B

    Francesco, hai per caso guardato le serie della Liguria? Io avevo dato un’occhiata rapida qualche anno fa in occasione dell’alluvione a Borghetto Vara, e mi risultava che i circa 500 mm in sei ore fossero, relativamente alle precipitazioni con quella durata, ben oltre la precipitazione con cent’anni di tempo di ritorno; quindi si potrebbe effettivamente concludere che la frequenza di fenomeni intensi in quell’area sta aumentando. Sto andando a memoria, ma parrebbe utile guardare al caso della Liguria che ha fenomeni meteo peculiari di quell’area piuttosto che del Piemonte. Totalmente d’accordo sulla generale tendenza a citare l’effetto serra a sproposito.

  3. Francesco Ramella

    No. La proxy più vicina che ho trovato è quella della Provincia di Torino. I dati più rilevanti per l’inquadramento del problema sono comunque quelli a scala mondiale.

  4. Wilcoyote

    Solo una precisasione: il global warming potrebbe non avere cause, per così dire, endogene (ossia generate all’interno del pianeta Terra), bensì esogene. Pare infatti che ci sia un aumento di temperatura in tutti i pianeti del sistema solare. Ciò ovviamente non vuol dire che non bisogna ridurre le emissioni di inquinanti: anche se non contribuiscono in modo apprezzabile all’aumento di temperatura a livello globale, a livello locale sono dannose per la salute umana forse addirittura più dei danni da eventi atmosferici severi. Temo che abbiamom una coperta troppo corta, ed i criteri su come e dove erogare i pochi soldi disponibili per l’ambiente sono tutti opinabili.
    Io opterei per un approccio globale: invece di incentivare nuovi modi di produrre energia, cercare di sfruttare in modo più efficiente quella di cui disponiamo già, e maari consumarne di meno. A partire da una diversa organizzazione del lavoro (per quanti lavori non è indispensabile la continua presenza fisica in ufficio?) e da una migliore programmazione delle città, che oggi si sviluppano in base alle convenienze dei palazzinari invece che dei cittadini (incidentalmente con uan migliore programmazione si ridurrebbe il danno da frane, alluvioni, terremoti ecc.)… Chiudo qui perché il discorso si farebbe lungo ed esulerebbe dal tema di questa discussione.

  5. Francesco_P

    Anche in presenza di precipitazioni della medesima portata, i danni derivanti dalle piene tendono a salire anno dopo anno. In questo caso le eventuali variazioni climatiche non giocano alcun ruolo.
    Nel corso delle piene i fiumi e i torrenti trascinano detriti di ogni tipo che si depositano lungo il letto del fiume. I corsi d’acqua che attraversano aree urbanizzate o destinate ad uso agricolo non possono espanderei a piacimento come avviene in assenza di insediamenti umani. Occorre dunque dragare periodicamente il letto dei fiumi e dei torrenti per ripristinarne la portata.
    Il dragaggio dei fiumi dovrebbe essere un’opera di manutenzione ordinaria e periodica, come rifare il manto di asfalto per le strade.
    Le opere straordinarie che serve realizzare in molti casi sono gli scolmatori e la rimozione degli ostacoli artificiali che limitano la portata del fiume in piena o – in certi casi – creano un’effetto diga trattenendo alberi ed altri detriti.
    Purtroppo con l’attuale assetto legislativo è praticamente impossibile fare le opere necessarie per mettere in sicurezza le attività umane dalle piene. Ad esempio, se un ponte è troppo basso o le sue campate sono troppo vicine, provate a rifarlo!
    Le decisioni sulle opere sono difficili da prendere perché coinvolgono enti locali e altri enti pubblici in contrasto fra di loro, mentre le gare di appalti sono così mal impostate che finiscono per fornire l’occasione per ricorsi a catena. Genova docet. Non parliamo poi della possibilità di azioni di blocco da parte di vari enti o gruppi di pressione ad opere già avviate.
    Così che l’alluvione normativa finisce per essere concausa dell’alluvione vera, quella di acqua, fango e detriti.
    Alla fine i pochi soldi disponibili finiscono per non essere neppure spesi o spesi in modo non risolutivo. Solo che ogni alluvione porta con se non solo drammi umani di cui i legislatori, i pubblici amministratori e i burocrati non sono tenuti ad occuparsi. Ogni alluvione sono attività economiche che chiudono con relativo impatto cumulativo sul PIL e sulle entrate fiscali.

  6. Gianfranco

    ma chissenefrega se e’ il clima o non il clima! ma stiamo scherzando?

    sistemate quei dannati canali!

    se anche la terra si raffreddasse domani e dopodomani piovesse ancora tanto cosi’, non sarebbe uguale?

    o vogliamo metterci a fare le previsioni del tempo col Dio della Pioggia?

    il re e’ nudo.

  7. Geoscience

    Per quanto riguarda una statistica piu’ robusta e completa riporto questo studio:

    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1029/2003JD004296/abstract;jsessionid=150A3B4D1C179625DB9C8EAC9BE7C2A0.f04t03

    L-articolo e’ pero’ vecchiotto (2004), a conferma della poca letteratura sul tema in italia.

    @wilcoyote

    precisazione alle sua precisazione
    L’aumento di tenperatura di cui parla riguarda solo alcune delle decine di corpi celesti presenti nel sistema solare e le cause sono gia’ chiare e nulla hanno a che fare con l’attivita’ solare. La comunita’ scientifica ha da tempo chiarito il ruolo antropico nell’attuale riscaldamento, e’ ormai un argomento superato.

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