6
Ago
2014

Case dell’Acqua, una replica al nostro Focus (con risposta).

Riceviamo e volentieri pubblichiamo i commenti di Giorgio Moro, presidente Associazione Aqua Italia – ANIMA (Confindustria), al nostro focus Limpido come l’acqua? Il lato oscuro delle “case dell’acqua”. A margine la nostra risposta.

 

Egr. Luciano Capone,

ho avuto occasione di leggere il suo articolo “Limpida come l’acqua?” apparso su IBL n.242 del 18 luglio 2014 e desidero segnalarle alcuni passaggi nei quali ho riscontrato importanti inesattezze che, mi auguro, vorrà accogliere nello spirito della rivista stessa ovvero di fornire una comunicazione chiara e trasparente al fine di favorire la libertà di scelta dei vostri lettori.

Per quanto concerne il finanziamento pubblico delle installazioni desidero portare alla Sua attenzione alcuni dati ulteriori. L’ultima mappa di consistenza che abbiamo consegnato anche al Ministero della Salute per realizzare il Manuale di Corretta Prassi Igienica, evidenzia come oltre il 50% dei Chioschi dell’Acqua siano iniziativa dei comuni e la stragrande maggioranza di esse siano frutto di iniziative imprenditoriali locali che mettono a disposizione del comune e dei cittadini le installazioni e ne gestiscono la regolare manutenzione rientrando dell’investimento grazie alla vendita dell’acqua.

Per quanto concerne il riferimento all’industria dell’acqua in bottiglia, la invitiamo a leggere il recentissimo dossier “Regioni imbottigliate” di Legambiente e Altreconomia dove emerge come queste aziende paghino 1 euro di concessioni ogni 1000 litri, ovvero 1 millesimo di euro per litro imbottigliato.

I Chioschi dell’Acqua sono, a tutti gli effetti, imprese alimentari e quindi sottoposti ad un regime legislativo e di controlli che non ha nulla a che vedere con qualsiasi impresa alimentare comprese le aziende di imbottigliamento; da ciò anche l’incidenza sui costi di erogazione del prodotto qualora venga venduto. Tutte le fontane riportano chiaramente la definizione di ciò che si sta erogando ovvero acqua di acquedotto affinata attraverso processi di filtrazione, refrigerazione, gassatura che consentono all’utente di apprezzarne il gusto ed aumentarne il consumo. Peraltro è noto come i limiti e i controlli ai quali sono sottoposte le acque minerali sono decisamente più permissivi rispetto ai controlli cui viene sottoposta l’acqua di acquedotto.

Infine, ricordo che i Chioschi dell’acqua sono un vero servizio al cittadino volto a ridurre e limitare le emissioni di gas serra (2002/358/CE) e orientato a modificare gli attuali modelli di consumo in ambito di prevenzione dei rifiuti (2008/98/CE) oltre ad essere una attività finalizzata all’attuazione del principio dello sviluppo sostenibile (D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (TUA)).

Spero di ricevere da Lei o dalla Redazione un riscontro per un confronto costruttivo sul tema e con l’occasione rinnovo la nostra disponibilità e auspico in una collaborazione per futuri articoli sul tema.

 

Gentile presidente Moro, intanto la ringrazio per l’attenzione rivolta al nostro focus. Rispondo brevemente ai punti da lei sollevati: per quanto concerne il finanziamento delle “case dell’acqua” il fatto che “oltre il 50% siano iniziativa dei comuni” non mi pare smentisca che vengano finanziate con soldi pubblici e anche l’osservazione che “la stragrande maggioranza di esse siano frutto di iniziative imprenditoriali locali” mi pare non dica tutto, visto che le imprese di cui si parla sono quasi esclusivamente multiutility e società partecipate i cui bilanci pesano sempre sui conti pubblici. Riguardo alle concessioni pagate dalle aziende di acque minerali è senz’altro un tema interessante, ma che non era l’oggetto del focus. Quanto all’osservazione che “i Chioschi dell’Acqua sono imprese alimentari e quindi sottoposti ad un regime legislativo e di controlli che non ha nulla a che vedere con qualsiasi impresa alimentare”, oltre a segnalare una condizione anomala (se non bizzarra), mi sembra che non faccia altro che ribadire la tesi del focus secondo cui i chioschi non rientrano nel servizio pubblico, ma sono un’attività imprenditoriale che quindi dovrebbe essere lasciata fare ai  privati che vogliono investire e ai consumatori che vogliono pagare. Mi sento quindi di dover respingere l’accusa di aver scritto “inesattezze”, mentre accetto con piacere la differenza di idee e di opinioni, che è il sale di un dibattito e di un confronto costruttivo.

LC

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2 Responses

  1. GOCCIA D'ACQUA

    Forza Dr. Capone,

    non molli la battaglia contro le inefficienze del sistema pubblico ed i loro goffi tentativi di auto-giustificazione. Sono così arroganti che neanche rileggono le loro repliche. Veda sopra (letterale): “… I Chioschi dell’Acqua sono, a tutti gli effetti, imprese alimentari e quindi sottoposti ad un regime legislativo e di controlli che non ha nulla a che vedere con qualsiasi impresa alimentare comprese le aziende di imbottigliamento; da ciò anche l’incidenza sui costi di erogazione del prodotto qualora venga venduto…”. Del resto già da Lei evedenziato con maggior eleganza. Seguo da tempo la vostra giusta (anzi giustissima) linea editoriale su questo tema. Come Lei sa e come ben evidenziato da altri Vostri articolisti questi signori, non in grado di costruire degne fognature, acquedotti e depuratori, non hanno trovato niente di meglio che mettere le case dell’acqua in tariffa. Forse perchè le fogne si inaugurano con difficoltà ma le case dell’acqua invece no. Un regalo, quello della tariffa, su cui si sta già muovendo l’antitrust e la corte dei conti che ha generato un regalo a certe aziende di qualche milione di euro (torino, milano, bologna). Se poi le strutture sono commissionate ad una società controllata…. (e con questo ovviamente nulla volevo dire se non ciò che ho detto). Coraggio, una larga parte di consumatori La osservano e a breve Le manifesteranno ufficialmente il loro supporto.
    Cari saluti

  2. ALESSIO DI MICHELE

    @ Goccia d’ acqua: “Coraggio, una larga parte di consumatori La osservano e a breve Le manifesteranno ufficialmente il loro supporto”.

    Sì, come no: in primis quelli (la maggioranza assoluta degli italiani, galeotti e bambini dueenni compresi) che vogliono l’ acqua pubblica, in secundis le nonnette che non si reggono in piedi che però si portano a casa dal supermercato 27 kg. di acqua in un viaggio solo a Roma, dove l’ acqua comunale non è mai al di sotto del “buono”.

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