13
Lug
2010

La politica estera del rating

E’ di ieri la notizia che l’agenzia di rating cinese Dagong Global Credit Rating ha assegnato le pagelle del merito di credito ai principali emittenti sovrani globali. L’agenzia ha negato il massimo rating a Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania, quest’ultima posta sullo stesso merito di credito di Pechino. Al di là della metodologia utilizzata, che pare essere centrata soprattutto sulla capacità di produrre crescita, il significato dell’iniziativa pare piuttosto trasparente: la Cina è un investitore globale, pur se al momento con enorme esposizione al dollaro statunitense.

La necessità di tutelare i propri investimenti dal rischio di indisciplina fiscale degli emittenti sovrani spinge Pechino ad utilizzare varie forme di moral suasion, sotto forma di pubbliche prese di posizione da parte dei vertici del partito, della banca centrale e di altre agenzie governative. L’attività di Dagong serve proprio a questo: poiché pare difficile immaginare che l’agenzia sia privata come lo sono Moody’s, S&P e Fitch, ecco che il ruolo della disseminazione di informazioni sul rating diventa un modo per inviare messaggi, raccomandazioni ed ammonimenti ai debitori sovrani globali. Questo è il modello a cui paiono ispirarsi le cancellerie europee (Merkel e Sarkozy su tutti, con qualche pericolosa fascinazione anche a casa nostra), ed è nei fatti uno strumento di politica estera, oltre che un supporto all’attività d’investimento sovrano cinese.

Immaginate cosa potrebbe accadere sui mercati il giorno in cui Dagong minacciasse il declassamento del debito sovrano americano (magari al termine di un processo di progressivo disinvestimento dei propri investimenti in Treasuries), per tentare di forzare la Casa Bianca a maggior rigore fiscale, o come strumento negoziale contro il rischio (ad oggi comunque remoto, checché se ne pensi) di essere formalmente accusata di manipolazione valutaria. Oppure nell’ipotesi di upgrade di qualche altro emittente, magari dopo averne incettato il debito. L’idea di base è quella di fare front running, cioè precostituire (o smontare) posizioni prima di un annuncio che servirà a muovere i mercati nella direzione voluta. Queste appaiono essere le due principali funzioni di Dagong, strettamente interrelate: politica estera ed asset management.

Si attende quindi di valutare la capacità di queste strutture di essere realmente market mover, cioè di muovere mercati che in questo periodo sono comunque particolarmente sensibili ai rischi legati al rinnovo di imponenti volumi di debito pubblico in scadenza, pur considerando che sono stati gli stessi cinesi ad essersi messi all’angolo, continuando ad accumulare riserve in dollari in conseguenza di un peg molto rigido al biglietto verde. Ma va da sé che la credibilità sui mercati di un’agenzia di rating emanazione del potere politico che guida il paese è destinata ad essere piuttosto elevata, a prescindere dalla robustezza delle metodologie utilizzate.

Con questa operazione la Cina fornisce un ulteriore esempio del proprio modello ibrido di capitalismo economico e finanziario, in cui la replica di strutture occidentali “di mercato” (come nel caso di agenzie di rating), ma a stretto controllo pubblico, viene messa al servizio degli obiettivi strategici del paese, sempre più protagonista sul palcoscenico globale, politico e diplomatico.

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6 Responses

  1. Sarebbe credibile se l’agenzia di rating cinese dicesse che è inaffidabile il debito di un paese senza grossi debiti, con una posizione fiscale solida, poche unfunded liabilities, decenni di serietà monetaria alle spalle? (Lasciamo stare che non esistono paesi del genere, probabilmente).

    In altre parole, dire che gli USA sono una repubblica delle banane è una manipolazione politica o un semplice dato di fatto noto a tutti?

  2. E’ difficile immaginare che il rating cinese sia privato… E’ pure difficile immaginare che prima che una delle tre grandi società di rating muova i propri giudizi non ci siano alcune controparti informate pronte a trarre profitto sulla rapidità di azione post annuncio… E’ ancora più difficile immaginare che il mondo aspetti una società di rating per capire, nei termini di Monsurrò, che gli USA sono uan repubblica delle banane.

    Sicuramente la mossa cinese serve per mandare messaggi, ma tanto valeva lasciare la parola al Governatore della BoC invece di inventarsi un nuovo carrozzone, o no?

    La sua credibilità come operatore di mercato deriverà da quanto prontamente invierà successivi warning o upgrade sui Sovrani o altro. Da qui discenderà il suo peso come market mover.

  3. Gli Stati Uniti sono una repubblica delle banane che riesce ancora, e piuttosto agevolmente, a finanziare il proprio ampio e nuovamente crescente deficit commerciale. Bisognerebbe indagare questo fenomeno, credo. E si noti che “il mondo”, o meglio “i mercati” sono entità psichiche dalla razionalità limitata, soprattutto oggi, non decisori a fil di spada sulla EMH.

    Sul valore segnaletico delle mosse di rating, diciamo che ora i cinesi hanno un intero spettro di segnalatori, da Hu Jintao al governatore della Pboc all’agenzia di rating, poi sarà il “mercato della politica” internazionale a scegliersi le nicchie.

    Sulla funzione di market mover, come ho scritto: questa è una agenzia politica, tende a “costruire la realtà”, anziché subirla esclusivamente. La sua credibilità non dipenderà necessariamente da quante volte “ci prende”, ma da quanto le sue previsioni avranno il placet e l’azione del paese e del partito. Credo bisognerà attendere per vedere all’opera l’agenzia, e poter quindi capire se i cinesi la useranno più dalla polarità tecnocratica (come advisor per gli investimenti di SAFE, ad esempio), oppure politico-diplomatica.

  4. @Mario Seminerio
    Gli Stati Uniti, ritengo, possono continuare a finanziarsi senza sudden stop e reversal perché il dollaro è riserva di valore internazionale e prezza le materie prime, per cui ancora non ci può essere una vera fuga totale dal dollaro, giusto un po’ di pressione con altre valute tipo l’euro, e quindi le attività (e il debito) in dollari hanno sempre e comunque un certo appeal intramontabile.
    Cosa trattenga le entità psichiche dall’abbandonare il dollaro e prendere il rand o il rublo, in fondo non lo so. Ma devono esserci motivi validi, o a livello politico o economico (legami, interferenze, minacce, nazionalità di imprese, o debito preesistente) perché questo giochino continui a perpetuarsi. La razionalità è certo limitata, ma il portafoglio ci vede benino.

    Tornando a bomba, come dice il gioioso Ahmadinejad: io non ho ancora capito dal pezzo e dal commento, a che serve un nuovo megafono o gufo come quello costruito, nel senso che se si tratta solo di un ente politico che “costruisce la realtà” (a quanto ho capito, lei pensa che loro lancino un warning e le altre autorità cinesi faranno seguire azioni, così che l’agenzia di rating diventi un campanellino che stimoli paura già al solo aprir bocca) c’erano appunto già altri enti che potevano lanciare allarmi e poi agire. Fosse in Italia avrei pensato che dovevano dare un lavoro a qualche figlio e nipote di parlamentari e allora si sono inventati un ente, ma spererei almeno in Cina non fosse così.
    Le è possibile ritornare su questo punto?

  5. Perché il dollaro non viene abbandonato? Forse perché gli Stati Uniti sono ancora la prima potenza mondiale, nukes incluse.
    Riguardo la funzione dell’agenzia, l’ho scritto nel commento precedente: “bisognerà attendere per vedere all’opera l’agenzia, e poter quindi capire se i cinesi la useranno più dalla polarità tecnocratica (come advisor per gli investimenti di SAFE, ad esempio), oppure politico-diplomatica”. Nel caso dell’advisory, l’obiettivo minimale sarà quello di dare fastidio all’oligopolio anglosassone.Non vedo comunque duplicazioni con il ruolo del governatore della PBOC perché quest’ultimo non prende posizione pubblica sui rating sovrani. A ognuno la propria funzione, in definitiva.

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