27
Apr
2011

La Fiom e il giudice corporativo



C’è un’exit strategy imprevista e insieme ormai coerente a molti sviluppi italiani, per un sindacato che si trovi sempre più discorde nel suo antagonismo rispetto alle altre confederazioni. E’ l’exit strategy giudiziaria. L’idea è quella di impedire la flessibilità o per leggi rigide dettate da una politica amica e altrettanto antimercato, oppure  per pronunzie cogenti della magistratura. E’ l’esatta antitesi della libera concertazione, è una concezione da Stato corporativo in cui  la è legge e non l’ intesa tra parti, a regolare i negozi economici. Non stiamo parlando della sentenza Thyssen, che per la prima volta in Italia ha visto i giudici accogliere per un serissimo incidente sul lavorio la fattispecie dell’omicidio volontario in capo all’amministratore delegato dell’azienda, sentenza le cui motivazioni sono molto attese perché rivoluzionerà l’intero comparto della sicurezza sul lavoro e indurrà molti seri manager e dirigenti a rifiutare d’ora in poi tale incarico. Ci riferiamo invece alla serie di impugnative giudiziali che la Cgil – meglio sarebbe dire la sua categoria più antagonista tra tutte, la Fiom – ha iniziato a presentare a raffica contro i due capisaldi della “svolta” celebrata da tutti gli altri sindacati insieme alle imprese. I due capisaldi sono quelli per lo scambio tra maggior produttività alle aziende e maggior salario detassato al 10% di aliquota secca ai lavoratori. E cioè “Fabbrica Italia”, cioè le intese aziendali in Fiat stabilimento per stabilimento e voto dopo voto a maggioranza tra i lavoratori, come sin qui avvenuto a Pomigliano e Mirafiori, con diritti sindacali solo per le sigle che firmano le intese in nome della piena esigibilità del contratto stesso. Nonché il regime di deroghe al contratto nazionale dei meccanici contrattate con gli stessi sindacati che non condividono il no della Fiom, da parte di una Federmeccanica che, con le deroghe al contratto nazionale, resta convinta a larga maggioranza che non per tutti e anzi nemmeno per molti la strada più conveniente da seguire sia quella delle intese aziendali e di stabilimento perseguita da Fiat, perché più consona ai suoi specifici problemi di stabilimenti in perdita e ad elevato assenteismo.

Si può essere isolati nella contrattazione perdere alle urne nei referendum dei lavoratori, argomenta la Fiom, ma non per questo un sindacato si ferma. Il giudice diventa la sua ultima trincea e tutto sommato la più potente, visto che una sua pronunzia cogente per definizione restringe per non dire abbatte ogni spazio libero di contrattazione tra le parti. Del resto, un sindacato convinto che la flessibilità sia un male preferisce o che la politica sia amica, e che incateni a schemi centralizzati e rigidi le tipologie di lavoro e le garanzie come le retribuzioni stabilite e a livello nazionale. Oppure, in assenza di una politica che la pensi così, non resta che il giudice, naturaliter tendente –si badi, dico a prescindere da come la pensi politicamente – a tradurre il rapporto di lavoro in una griglia di principi e norme dell’ordinamento, e non certo alla libera contrattazione a maggioranza in nome della piena esigibilità bilaterale. E’ del resto in questo modo, che nel nostro ordinamento i contratti hanno finiti per diventare validi erga omnes, anche senza alcuna applicazione in 65 anni delle condizioni vincolanti poste dalla Costituzione di disciplina per legge dei sindacati.

Un primo giudice del lavoro già si è pronunciato, sulla prima impugnativa riguardante l’illegittimità del recesso unilaterale da parte di Federmeccanica nei confronti del contratto dei meccanici del 2008 – per altro non firmato dalla Fiom – rispetto a quello successivo sottoscritto con gli stessi sindacati nel 2009 – non solo non firmato ma disconosciuto come tale dalla Fiom, in quanto recepente la linea delle deroghe indicata dall’intesa interconfederale sugli assetti contrattuali di inizio 2009, quella in cui Confidustria come tutte le altre associazioni datoriali Cisl e Uil e Ugl hanno deciso di aprire la stagione nuova decidendo di volta in volta a maggioranza e con chi ci sta, visto che la Cgil da anni e anni disertava il tavolo di un nuovo modello contrattuale. Il giudice ha dato ragione alla Fiom. A suo giudizio Federmeccanica non poteva disdettare il contratto 2008 che resta valido, per i lavoratori aderenti alla Fiom: ma con l’aggiunta di potersi avvalere anche degli aumenti retributivi dell’intesa 2009, disconosciuta dal loro sindacato.

Vedremo ora che cosa i giudici decideranno i merito all’illegittimità di Fabbrica Italia. Su questo, la tesi Fiom è che nessuna intesa a maggioranza sindacale e dei lavoratori può far venire meno la garanzia di eguale pianta organica dei dipendenti, sancita dal codice civile nei casi di cessione di ramo d’azienda ai quali il sindacato rosso equipara le newco per Pomigliano e Mirafiori (ed ex Bertone: inutile dire che la Fiom è contraria anche lì ed è maggioritaria tra gli oltre mille dipendenti in cassa da un anno e mezzo, ma convinti che il lavoro sia un diritto comunque e che debbano codeciderlo loro). Il rischio molto forte – dicono i bene informati – è che anche in questo caso il giudice dia ragione alla Fiom. Credo che la reazione di Marchionne sarebbe immediata: alzare le tende.

La Fiom persegue la linea di un rapporto a libertà zero tra imprese e sigle sindacali, bloccato da leggi rigide alla base e da giudici rigidissimi alla sommità. E’ l’esatto opposto di quanto capita in tutti i Paesi moderni, dove la libertà contrattuale è molto più ampia che da noi, si tratti della Germania come degli Usa. Temo che non siano solo le imprese, a doversi interrogare a fondo. Se passa questa linea, per tutti gli altri sindacati e per tutte le altre categorie della Cgil, che i contratti a differenza della Fiom li firmano e concorrono a definirli eccome, sarebbe un capolinea storico. Messi in riga da un giudice che nega la libertà contrattuale, gli unici sindacati buoni sono quelli di uno Stato che tutela le corporazioni affidando loro il compito di scrivere non contratti, ma appunto leggi. E’ il modello- rosso o nero non fa differenza – dello Stato dei lavoratori caro alle ideologie del Novecento.

18 Responses

  1. Riccardo

    purtroppo ogni giorno di più sembra di stare in un paese del quarto mondo ( nel terzo queste cose non succedono ).
    Io mi accordo con mia moglie, ma mio figlio non è daccordo e si appella a un giudice che ribalta la decisione presa in accordo tra me e mia moglie…..ma questi signori oltre ad avere una mentalità da secolo scvorso non si rendono conto che l’unica cosa che otterranno è la fuga delle aziende e di conseguenza rimarranno senza lavoro moltissime persone? Per tutelare il loro orticello se ne infischiano degli altri ( lavoratori come loro )……io mi VERGOGNEREI

  2. Io altrove già ci sono, dopo un intervallo di Italia per farci nascere e parzialmente crescere i figli, me ne sono ritornato via tra Svizzera e Stati Uniti, anche per le vacanze preferisco altri lidi a quelli sporchi italiani.

  3. Guglielmo

    Anni e anni di legislazione in materia di lavoro hanno costruito un mostro aggravato dalla presenza di giudici che in materia di lavoro, immigrazione e finanche ordine pubblico non applicano ma interpretano in maniera soggettiva ogni norma, se aggiungiamo la contrarietà ai principi costituzionali, ormai il potere legislativo ha veramente pochissimo spazio (cioè è inutile) e ancor di meno la libertà delle parti forse per questo siamo sull’ orlo del precipizio e non sappiamo chi può salvarci.

  4. Pier

    Lucidissimo, as usual. Continuiamo a caricare sovrastrutture rigide che ammazzano la competitività del paese ed aumentano, alla fine, gli oneri in busta paga. Dannazione, continuiamo a muoverci nella direzione sbagliata, sempre più deboli ed affamati. Troveranno le nostre ossa in mezzo al deserto.

  5. Pino D'Ettorre

    Le Organizzazioni Sindacali spesso rappresentano se stesse, e quindi il pensiero dei loro dirigenti (spesso emanazione dei partiti): in generale, i lavori si iscrivono alle OO.SS. per motivi diversi dall’accettazione dello Statuto delle stesse (si iscrivono per lo più per opportunità: CAAF in primis, sconti in alcuni esercizi commerciali, vertenze sindacali interne, ecc.).
    Quindi come si può dire che le OO.SS. rappresentano il vero pensiero dei lavoratori? Io credo nello strumento del referendum interno, nelle rappresentanze della base e, in un regime democratico dove anche alle aziende devono avere libero spazio di discussione concesso alle OO.SS (v. le Assemblee). Se ai lavoratori sono spiegate le vere motivazioni che spingono le aziende a chiedere nuovi sacrifici o modifiche alle regole finora definite, deve essere riconosciuto ai lavoratori il diritto di scegliere. Se le scelte/richieste risulteranno sagge i tempi saranno migliori: e le aziende così rafforzate saranno disponibili ad un nuovo dialogo e a nuove contrattazioni. E’ la legge della domanda e dell’offerta; se oggi non ci sono le condizioni per lavorare con certe regole, bisogna avere l’onestà di rivederle; viceversa, se le condizioni mutano, saranno le aziende ad accettare nuove regole.
    Non si può pensare di ingessare dei sistemi economici sulla base di diritti acquisiti e non negoziabile: questa è ottusità che non può far altro che “imporre” alle aziende di trovare nuovi lidi dove richiedere la remunerazione del capitale investito

  6. Luca Segafreddo

    Messi alle strette, i comunisti mostrano la loro vera natura, sortendo tutti quegli elementi che compongono il nucleo stesso della loro cellula esistenziale e base del loro pensiero ideologico. Quale libertà di concertazione, quale democrazia, quale libertà contrattuale, quale libertà? Questa partita sindacale è la madre di tutte le battaglie; dovesse perdere questa, il sindacato rosso non avrebbe più ragione di essere e la Fiom ha assunto un ruolo da guardia pretoriana mentre il metalmeccanico pare essere divenuto la Alesia di Vercingetorige, perso questo addio…

  7. Giovanni Bravin

    @Pino D’Ettorre Lei ha citato anche il CAAF. Solo in Italia abbiamo bisogno di qualcun’altro, a pagamentio, per fare la nostra denuncia dei redditi. Nel 2010, la Agenzia delle Entrate, stampò il modello MINI per la denuncia dei redditi (in via semplificata). Il modulo MINI si componeva di 6 pagine da compilare e 24 di istruzioni. Nel 1975, in Gran Bretagna, ero in grado come straniero, di fare autonomamente la mia denuncia dei redditi per l’anno precedente. Questo modulo, presentato ad aprile, venne controllato da chi di dovere e nel luglio successivo, ottenni il rimborso delle tasse pagate in più (tre mesi dopo!)

  8. Giovanni Bravin

    @Riccardo
    Giudici ed avvocati devono applicare il Codice Civile e Penale emessi con Regio Decreto da Mussolini… Sindacalisti Italiani fanno pena, veramente, e perciò mi rileggo, ogni tanto, l’Altra Casta.

  9. Melograno

    Penso di avere voce in capitolo visto che l’ operaia è la mia professione. Io non ho tessera , ritengo che i sindacati siano più dannosi che utilli, in quanto alla Fiom, …mi vengon solo parolacce…….parassiti basta? Si semina vento e si raccoglierà tempesta!

  10. Roberto 51

    Caro Oscar,
    complimenti! Questa volta ha centrato uno dei principali problemi di questo nostro paese: la litigiosità, la smania di regolare tutto per poter fare poi quello che si vuole, l’idea che la propria ragione escluda le ragioni altrui, la miopia nel sostenere interessi particolari, frammentati e contrapposti; siamo tutti convinti di essere dei fenomeni ma non facciamo mai squadra, se non nei momenti veramente difficili.
    Grazie ai media molti sono poi convinti che la “Legge” e il “Giudizio” siano la panacea di tutto. In realtà le leggi, scritte spesso in modo criptico, possono presentare contraddizioni o ambiguità e qui entra in ballo il giudice, che a suo volta è una persona che interpreta ed applica la legge e che, facendo questo, farà scelte giuste o sbagliate a seconda dei punti vista. La realtà è proprio questa: non possono esistere leggi perfette e giudici perfetti, inutile illudersi.
    Nel caso specifico penso che i sindacati dovrebbero cercare di operare uniti in favore dei loro iscritti per bilanciare lo strapotere che altrimenti avrebbero le imprese verso i dipendenti presi singolarmente.
    Una soluzione potrebbe essere quella di incentivare l’arbitrato al posto della causa legale, anche se una delle pochissime buone iniziative di questo governo su questo tema non parte mai per l’opposizione della lobby degli avvocati.
    Un’altra cosa che si potrebbe fare è quella di rendere comprensibili e autoconsistenti le leggi: ogni legge prima di essere resa operativa dovrebbe passare l’esame di un gruppo di persone normali, diciamo diplomate o laureate ma non in legge, e diventare effettive solo se almeno l’80% dei membri di questa commissione le capisce leggendola al massimo due volte.

  11. Giuseppe Ferrari

    Veramente, il contratto del 2008 è stato firmato *anche* dalla FIOM. Ed è questo il punto: il Codice Civile elenca i motivi per cui si può recedere da un contratto firmato; se queste condizioni non si verificano, questo resta valido nei confronti di chi non ha recesso. Esattamente quello che è avvenuto nel caso in specie. Se, invece, diventasse prassi comune che chiunque può recedere anche senza motivo da un qualsiasi contratto la forma contrattuale stessa diverrebbe senza valore. (Caso limite: prima di pagare l’automobile al concessionario recedo, e buonanotte ai suonatori!)
    Federmeccanica, FIM, UILM ecc. ecc. hanno firmato liberamente? E fino alla scadenza, se non convincono ANCHE gli altri firmatari, quello continua a valere. Mi pare semplicemente buon senso…

  12. Giovanni Piccolillo

    “L’Italia é una repubblica fondata sul Lavoro”: é nel DNA della Repubblica Italiana la difesa del “Lavoro”. E visto che il Lavoro trova la sua concretizzazione nei “Lavoratori”, con quel po’ di superficialità che non manca mai nel comune pensare, la società italiana si impegna nella difesa dei Lavoratori. A prescindere.
    Anche se non producono. Anche se distruggono risorse e creano perdite. Perché sono sempre Lavoratori. E devono essere difesi.
    E anche quando gli italiani sono coinvolti nell’ennesimo sciopero nei servizi pubblici, c’é sempre un po’ (incredibile dictu) di quel clima di fondamentale comprensione “per le lotte dei lavoratori”. Sempre meno, ma ancora ce n’é.
    Per fortuna le aziende italiane sono in massima parte piccole, con un rapporto personale tra l’imprenditore e il lavoratore. E li le cose funzionicchiano. Ma quando l’azienda cresce, l’inefficienza esplode. E per compensarla ci sono i soldi pubblici. Il che alimenta il meccanismo perverso di avvitamento nello statalismo e nel sindacal-clientelismo, nell’inefficienza, nella perdita di competitività, nell’aumento delle tasse, nella disoccupazione.
    Il primo articolo della costituzione é solo uno dei “pilastri del disastro” italiano. Ma non il meno importante.
    Facciamo un referendum per cambiare il primo articolo della costituzione.
    O più semplicemente andiamocene in Svizzera.
    Saluti a tutti
    Giovanni

  13. Marcello Pistolesi

    La conclusione mi sembra semplicemente pazzesca: rischiamo di uscire dal ciclo virtuoso dell’economia e del libero mercato. Ma possibile che il ns. Presidente della Repubblica, ancora una volta, non ha nulla da dire?

  14. Piero

    nuovi-sotto-proletari-del-3°-millennio…… dividetevi..
    :|)

    Folle inferocite nei centri commerciali

    Roma come Londra: chi rappresenta i lavoratori?
    Sicuramente non ne avete sentito parlare. L’evento del 16 Aprile scorso, nel grande centro commerciale Porta di Roma, rappresenta un’indicazione del fatto che qualcosa sta cambiando nel nostro Paese. Antefatto: un servizio delle Iene racconta che in un negozio di intimo del centro commerciale romano, la titolare ha picchiato una giovane commessa che aveva avuto l’ardire di chiedere il pagamento delle ore straordinarie. In seguito alla denuncia televisiva, non interviene il sindacato, non intervengono le autorità, non interviene la Polizia. Il negozio resta aperto e continua a lavorare come sempre, con le commesse mute e sottomesse e la titolare che imperversa. Ma gli spettatori televisivi, che vengono sempre accusati di essere individui passivi, decidono di non restare tali e si organizzano. In pochi giorni, riescono a mettere su un sit in di sabato pomeriggio davanti al negozio incriminato. Nel video potete vedere il risultato. In Inghilterra succede lo stesso, con i negozianti infuriati che impediscono l’apertura dell’ennesimo Tesco nel loro quartiere, un mall che oltre a far loro concorrenza compra anche oro e preziosi dai clienti indebitati.

  15. cristiano

    Salve, dott. Giannino. Il presente commento non è riferito al suo articolo ma a quanto le ho sentito dire questa mattina a radio 24 in ordine ai cosidetti complottisti e in ordine ai fatti “lampanti” … sono rimasto deluso dalla sua completa adesione alla versione ufficiale dell’11/9 e non tanto perchè creda ciecamente alle tesi complottistiche ma perchè il dubbio è la regola del buon ricercatore e quindi del vero giornalista, come giustamente ha detto Pansa durante una sua trasmissione. Visto e considerato che Pansa è considerato da alcuni un revisionista (quando cerca invece di fare giustamente chiarezza su un periodo oscuro della nostra storia) solo perchè informa su fatti contro la “storia ufficiale”, non capisco la sua fermezza nel dare per scontato tutto ciò che dicono le autorità.
    La mia delusione deriva dal fatto che apprezzo moltissimo i suoi scritti e le sue trasmissioni sia per la profonda conoscenza delle materie economiche e giuridiche sia per la sua capacità di far capire come lo stato sia spesso un ladro … perchè allora in questo caso è così sicuro che lo stato non ci stia fregando? Ho visto e letto il rapporto fatto da molti architetti ed ingegneri americani sull’11/9 e, anche se non è la Verità, lascia sicuramente molti dubbi e non sulle opinioni ma proprio sui fatti. Per finire vorrei precisare che i miei dubbi nascono dalla professione che faccio (l’avvocato) dove in ogni processo i testi di una parte dicono il contrario di quelli dell’altra parte e da una semplice e antica verità: chi comanda ha sempre fatto tutto quello che ha voluto fino a che glielo lasciano fare.
    Non è ovviamente mia intenzione farle cambiare idea ma farle solo notare che è difficile non contraddirsi: se Pansa fa il suo dovere di far emergere altre verità (quando allora le autorità ne raccontavano solo una parte) come si fa, come giornalista, a scartare a priori altre tesi su argomenti recenti? Probabilmente Lei non crederà alle scie chimiche, ad Haarp, al NWO … speriamo vivamente che abbia ragione anche se comunque tutto attorno a noi sta peggiorando.
    Personalmente ritengo che non esista un fine alla conoscenza per cui è impossibile giudicare. Per esempio lei conosce le società gilaniche? E’ un discorso troppo lungo e a lei sicuramente non interesserebbe…
    Buon lavoro.

  16. Paolo

    Giuseppe Ferrari :Veramente, il contratto del 2008 è stato firmato *anche* dalla FIOM. Ed è questo il punto: il Codice Civile elenca i motivi per cui si può recedere da un contratto firmato; se queste condizioni non si verificano, questo resta valido nei confronti di chi non ha recesso. Esattamente quello che è avvenuto nel caso in specie. Se, invece, diventasse prassi comune che chiunque può recedere anche senza motivo da un qualsiasi contratto la forma contrattuale stessa diverrebbe senza valore. (Caso limite: prima di pagare l’automobile al concessionario recedo, e buonanotte ai suonatori!)Federmeccanica, FIM, UILM ecc. ecc. hanno firmato liberamente? E fino alla scadenza, se non convincono ANCHE gli altri firmatari, quello continua a valere. Mi pare semplicemente buon senso…

  17. Paolo

    Concordo pienamente: il rispetto dei contratti dovrebbe essere valore fondamentale per chi si dichiara “liberista”.
    Perché Giannino afferma che il contratto del 2008 non sarebbe stato firmato anche dalla FIOM?

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