1
Set
2011

Il liberista De Magistris alla prova di Affittopoli

Passi Pisapia, ma anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, è liberista senza saperlo?

Almeno su un tema, che però non è secondario, sembra che la risposta sia affermativa. Secondo Dagospia, il primo cittadino partenopeo si starebbe attrezzando per intervenire duramente sulla morosità negli alloggi comunali. Lo scandalo che oggi è sotto i riflettori sta nelle sedi concesse ai partiti, che, pur avendole ottenute a prezzi politici (affitti dell’ordine dei 50 o 100 euro al mese), non pagano neppure questi, né saldano le bollette del gas, della luce, della spazzatura, eccetera. Ecco:

Nella maggior parte dei casi parliamo di fitti che vanno dai 30 ai 50 euro mensili, oltre alle bollette. Dal 2006 ad oggi morosità assoluta! Un milione di euro di arretrati sotto forma di mancati versamenti alle casse comunali da parte di partiti politici di ogni schieramento, che spesso e volentieri utilizzano il locale attraverso la intestazione del contratto a associazioni e circoli. Un’inchiesta del battagliero ex sindacalista Cgil Ciro Crescentini, su Cronache di Napoli, qualche giorno fa, ha scoperchiato il pentolone. E ora emergono i dettagli. L’assessore al patrimonio della Giunta Brancarancione, Bernardino Tuccillo, ha avviato un’indagine interna attraverso i controlli incrociati degli uffici e della polizia municipale.

L’Adnkronos ha stilato la classifica dei morosi. Vincitori con 6 locali, quasi tutti in periferia, gli ex Ds; al secondo posto gli ex An, morosi per 4 sedi; medaglia di bronzo a Rifondazione Comunista ferma a quota 3. Due sedi morose per Forza Italia, l’ex Ppi e i Verdi. In coda con una sola sezione a testa La Destra, l’Udc, l’Udeur, il Partito dei Comunisti italiani, i Repubblicani democratici e il Partito democratico cristiano.

La battaglia è giusta per varie ragioni, ma insufficiente. E’ giusta, anzitutto, perché qui non stiamo parlando dell’estremo aiuto a dei poveracci, ma di un privilegio ingiustificato. Il privilegio non sta tanto nella morosità, quanto nell’affitto politico. La morosità è un’aggravante. E’ comunque intollerabile che il comune, in tutti questi anni, non abbia mosso un dito per riscuotere il dovuto o per sfrattare gli inquilini morosi (non incapienti). E’ giusta, poi, perché tutti i comuni, e Napoli in particolare, si trovano in condizioni finanziarie insostenibili, e dunque tutti gli asset patrimoniali non impiegati per ragioni strettamente necessarie vanno messi a reddito o, meglio ancora, venduti. Allo stesso modo, tutti i crediti che non siano inesigibili (e non c’è ragione di credere che i maggiori partiti di governo e di opposizione abbiano a tal punto le pezze al culo) vanno reclamati. E’ giusta, infine, perché il fenomeno della morosità a Napoli (e non solo lì) è un male che va combattuto con durezza, ma non si può combatterlo con durezza – di più: non si può combatterlo punto – facendo figli e figliastri.

De Magistris farà qualcosa di liberista, e di giusto, se compierà due passi, inizialmente verso i partiti e poi, si spera, verso altri soggetti in condizioni analoghe: 1) riscuotere tutti i crediti e procedere per via giudiziaria laddove, in tempi ragionevoli, questo non sia possibile; 2) portare i canoni di affitto ai livelli di mercato o, meglio ancora, vendere gli immobili. Se poi il comune vuole aiutare qualcuno – per esempio le famiglie più povere che non possono pagare interamente in affitto – De Magistris può tranquillamente sostenerli, con minore onere per il comune e minori costi opportunità e minori difficoltà nelle operazioni di sorveglianza e controllo – concedendo un aiuto in moneta (un voucher) destinato al pagamento dell’affitto, per esempio a fronte della dichiarazione dei redditi dei beneficiari, di un regolare contratto di affitto, e di appropriate ispezioni fiscali per evitare le frodi.

L’aspetto importante, che De Magistris e tutti dovrebbero comprendere, è comunque che il favoritismo politico, il clientelismo, il privilegio ingiustificabile non è la patologia di un sistema altrimenti sano: è la malattia professionale della presenza pubblica, quando questa è troppo ingombrante. Come spiega Carlo Lottieri in un vecchio paper dell’Ibl, l’abuso sta nella cosa stessa: non si può dare ai politici la chiave della cintura di castità che teoricamente protegge i contribuenti, e poi chiedergli di non aprirla. E non importa se l’amministratore pro tempore è onesto e corretto e non farà mai nulla di male: prima o poi arriverà qualcuno che, contro la legge o aggirando la legge o formalmente rispettando la legge, approfitterà del suo ruolo per favorire se stesso o i suoi amici. E’ inevitabile che sia così. L’unico modo per uscirne è allontanare le tentazioni: togliere la gestione degli immobili non necessari dalle mani dei politici e affidare, se necessario, la tutela dei ceti più bassi a strumenti più automatici, più semplici e meglio controllabili.

Il comune non è e non può essere un gestore di immobili. Se lo è, gli immobili diventeranno fatalmente di proprietà (sostanziale) dei partiti e la spirale sarà inesauribile, al punto che neppure gli affitti simbolici verranno pagati. Se De Magistris metterà fine a questa vergogna – strutturalmente, cancellando gli affitti politici e vendendo gli immobili – farà qualcosa di buono per Napoli e darà un esempio che tutta Italia dovrebbe seguire.

14 Responses

  1. ivano

    “A Torino un uomo di 65 anni è morto. Dormiva in macchina, insieme a sua sorella, perché da qualche mese non aveva più una casa. Se n’era andato a 30 chilometri dal suo quartiere per evitare che i conoscenti potessero vederlo in quello stato. Lui, che aveva sempre lavorato e vissuto in modo dignitoso. Invece ultimamente si cibava di scarti. Non aveva più un euro, dopo anni di lavoro. Lo Stato doveva garantirgli una pensione, o quanto meno un sussidio, vista l’età. E invece è morto in macchina, quella macchina che era diventata casa sua. Questa storia di povertà è insopportabile. Sempre più italiani stanno perdendo il lavoro,BASTA CON QUESTA CLASSE POLITICA NON SPRECHIAMO PIù PAROLE

  2. stefano tagliavini

    @ivano
    Carissimo Ivano, mi scuserai per la confidenza, grazie per il tuo post, ma stai attento perchè da queste parti ci sono persone che possono essere perfettamente d’accordo con te sull’obiettivo, ovvero farla finita con questa classe politica, ma per sostituirla con un altra che sia in grado di togliere le tasse, eliminare lo stato sociale fregarsene delle persone povere e del fatto cher sempre di più ci sono persone che perdono il posto di lavoro. Da queste parti lo stato sociale è visto come un oppressione, così come la solidarietà nei confronti di chi non riesce a campare, anzi, se qualcuno ha perso il lavoro la colpa è sua e si merita di stare in mezzo a una strada. Il suo posto mi rincuora perchè significa che ci sono persone che hanno ancora un cuore sotto il cervello, ma non ti fare troppe illusioni per il futuro.

  3. Luigi

    Carissimo Stefano, credo che sia giusto ringraziare anche te, perché ci consenti di far presente a Ivano che ciò che tu dici è il tipico errore di chi fraintende profondamente il pensiero liberale e libertario. Ti consolerà sapere che le aride anime libertarie non se ne fregano assolutamente di chi soffre e sta male per colpa delle tragiche avversità che la vita può far affrontare a ciascuno di noi. A differenza di chi, evidentemente, la pensa come te, però, noi libertari non ci sciacquiamo la coscienza con l’economico sapone dello stato assistenziale. Riteniamo che sia troppo facile e comodo commuoversi di fronte al dolore, demandando allo stesso tempo a qualcun altro l’onere di lenirlo. Per citare Murray Rothbard :”It is easy to be conspicuously ‘compassionate’ if others are being forced to pay the cost.”. Noi pensiamo che sia compito di persone concrete e reali, e non di un’ente astratto, fare del bene e perciò ammiriamo chi si prodiga nel volontariato GRATUITO, e, per ciò che ci è possibile, ci rimbocchiamo di persona le mani, magari anche finanziando quegli enti che si dimostrano, nei fatti, efficaci nel fare del bene. Possiamo dire a Ivano che non è necessariamente lo stato la soluzione, ma che dalla società, che è cosa ben diversa, può, spontaneamente, sorgere l’unità d’intenti necessaria a fondare associazioni benefiche,e che proprio da queste possiamo pretendere quella trasparenza nel rendicontare le proprie attività che lo stato si può arrogare il privilegio di negarci. Consapevole del fatto che tu continuerai a considerarti “quello buono e caritatevole” perché paghi, costretto dalla legge, un obolo con cui lo stato può sia pagare un pasto per un diseredato che quello, ben più pregiato, d’un sazio apparatčik, ti saluto con amarezza.

  4. LucaS

    Liberista o no non ci vuole molto a far meglio di questa gentaglia che abbiamo al governo, che si spaccia per liberale e che molti (compreso Giannino fino a poco tempo fa) se la sono incredibilmente bevuta! Adesso grazie a dio anche i ciechi hanno capito a chi si sono messi in mano, dopo aver tacciando tutti quelli che li mettevano in guardia di essere mossi dall’ideologia o dalla politica. Cmq io non so in quale altro paese al mondo un partito di centrodestra, soprattutto se liberale, potrebbe mai candidare uno qualsiasi dei nostri attuali ministri! Ne hanno combinate talmente tante che ormai è impossibile non rendersene conto!
    Per quanto mi riguarda oggi ad un politico chiedo solo onestà e buon senso.. mi accontenterei! se dovessimo pretendere anche che condivida e applichi le idee liberali non ne troveremmo nessuno!

  5. giovanni

    @LucaS
    Se sai far meglio, esiste la possibilità di candidarsi alle elezioni (non solo quella di votare e poi lamentarsi generalizzando perchè il mondo è brutto e cattivo)

  6. Borderline Keroro

    @stefano tagliavini
    Penso tu non abbia capito nulla.
    La disoccupazione è aumentata esattamente perché abbiamo uno stato sociale come piace a te. Questo tipo di stato, che soccorre aziende senza mercato, toglie a chi produce per dare a chi è improduttivo. E fin qui, entro certi limiti, si potrebbe anche accettare: con un valido sistema di benefit ai disoccupati però. E non cassintegrati a vita, magari con lavoro in nero a seguito.
    Tenere in vita aziende decotte, inutili o dannose che siano, serve solo a dilapidare quello che viene prodotto. Punisce chi produce premiando chi non lo fa, deprime l’economia e distorce il mercato.
    Inoltre per fare questa meritoria opera lo Stato incamera dei denari perché gli esperti e i dirigenti che permettono i salvataggi, vanno pagati.
    E di solito sono amici. O magari amici di amici.
    Questo deprime ancora di più l’economia, priva l’agricoltura di valide braccia (gli amici), e fa girare i coglioni.
    Il giochetto può reggere per un po’, magari anche per tanto se si indebita lo Stato, ma prima o poi finisce.
    Perché a furia di essere depredate, le aziende produttive prima o poi non ce la fanno più e chiudono.
    Creando ancora più disoccupazione.
    Sono convinto che il signore di Torino morto in auto abbia vissuto questo tipo di licenziamento, fosse stato dipendente pubblico non l’avrebbero nemmeno toccato, fosse stato dipendente di qualche azienda decotta avrebbe avuto la solidarietà dei sindacati.
    Il signore di Torino dopo una vita di lavoro non aveva evidentemente risparmi, perché qualcuno tramite tasse, imposte, bolli, inflazione monetaria ecc., gli aveva portato via tutto.
    Come ti ho mostrato la colpa non è del libero mercato, ma del tuo amato welfare, che è il mezzo che usano i politici per comprare il voto delle masse. A spese delle masse stesse.

  7. stefano tagliavini

    @Luigi

    @Borderline Keroro
    Intanto vi ringrazio per il vostro livello di civiltà e di intelligenza che avete dimostrato nel confutare le mie provocazioni, altri non riescono ad interloquire senza sconfinare negli insulti.
    Voi credete davvero che il signore di Torino sia rimasto senza tutto per colpa delle tasse? ne siete davvero sicuri? Io qualche dubbio ce l’ho.
    Io credo che ci sia un malinteso di fondo. Io non sono affatto contento di uno Stato che che spreca risorse , spesso formate con i soldi dei contribuenti senza i servizi necessari. Io non sono affatto contento della pressione fiscale alla quale le aziende e le persone fisiche sono sottoposte, in alcuni casi si dovrebbe parlare di autentica vessazione. Io sono anche disposto a ridiscutere uno stato sociale che oggettivamente non è pià in grado di garantire tutto a tutti. Mi permetto di dire che la pressione fiscale è aumentata non solo perchè lo Stato spende troppo e male, ma anche per l’evasione fiscale, troppo spesso tollerata da tanti e spesso frutto di un vero e proprio contratto sociale che ha permesso ad alcune persone di fare i propri interessi. Se le tasse sono odiose così come è intollerante la pressione fiscale – sono un lavoratore autonomo per la precisione – credo che sia esecrabile dover pagare le tasse per chi evade. Non sono affatto invidioso della ricchezza degli altri, i miei genitori e la vita mi hanno insegnato che non si può avere tutto, ma la dignità di una persona va rispettata. In questo contesto occorre un sistema che garantisca un lavoro, un salario per una vita dignitosa e un assistenza medica per le persone più deboli. Vogliamo liberalizzare il mercato del lavoro? va benissimo, imponiamo un modello culturale che obblighi i lavoratori a una formazione continua, a cambiare spesso lavoro, a promuovere i talenti, ma parellamente bisogna creare un mercato del lavoro veramente aperto non solo in in uscita ma anche in entrata e lo Stato deve fare la sua parte nei periodi in cui una persona ha terminato un esperienza lavorativa per iniziarne un altra. La scuola pubblica deve garantire una formazione culturale e professionale adeguata e non può essere un diplomificio. La pubblica amministrazione deve essere leggera sotto il profilo dei costi e deve garantire livelli di servizi quantitativamente e qualitativamente parlando accettabili. In una società moderna e culturalmente avanzata, lo stato sociale si finanzia con le tasse che tutti dobbiamo pagare senza essere vessati, sotto questo profilo ritengo sia inevitabile perseguire gli evasori, i furbi, i corrotti tutti quelli che vivono come parassiti. Ma non è pensabile di mantenere un sistema che vede ognuno di noi abbandonato a se stesso con il rischio di relegare ai margini della società chi non ce la fa.
    Vorrei da ultimo fare alcune precisazioni su alcune affermazioni: alcune aziende chiudono perchè non sono state in grado di stare sul mercato, per mancati investimenti o per aver scialaquato risorse finanziarie e non per un problema fiscale. Vorrei ricordare che la FIAT era tecnicamente fallita e quando si è offerta di prendere l’OPEL, il sindacato tedesco, dopo aver visionato il progetto industriale, ha detto no grazie. I sacrifici vanno fatti da tutti in periodi di vacche magre ma quando la prosperità aumenta, credo che sia diritto di chi vi ha contribuito a beneficiarne.
    L’agricoltura è ridotta a livelli pietosi perchè i chi produce viene pagato pochissimo mentre a noi consumatori le derrate alimentari costano e anche parecchio.
    In Francia, viene tassata la casa, la pensione di reversibilità viene data solo al coniuge superstite che non supera un certo reddito, i rimborsi medici sono molto contenuti, ma i ricchi hanno chiesto di essere tassati per contribuire a questo momento di particolare difficoltà economica.
    Ecco io vorrei un paese dove la maggioranza dei cittadini fa la sua parte e non permette a una minoranza di evadere, allo Stato di sperperare, ai politici di rubare, ma forse sogno un paese che per il momento non c’è.

  8. liberal

    Pisapia e De Magistris sono liberisti senza saperlo? Il sig. Berlusconi è invece un antiliberista e lo sa benissimo.
    Solo i gonzi non l’hanno capito. 🙂

  9. gemma

    per fortuna che i miei amici napoletani dicevano che tutti i guai di Napoli sono dovuti alla camorra!!! Ma adesso con 2 magistrati in giunta e la magistratura fuori non si risolveranno i problemi con la camorra, peró sará un gioco da ragazzi sfrattare chi fino ad ora non ha pagato e liberare tutti gli immobili dai parassiti politici e co. Altro che occupanti abusivi!!! Una cosa é certa andrá a finire cosí: chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdammuce el passato e buonanotte al secchio, come per secoli é andata in questo paese. Quando ci sveglieremo non sará mai presto abbastanza!!!! Speriamo prima dei secoli a venire…

  10. Luigi

    @Stefano Tagliavini, cercherò di risponderti senza floodare il forum.

    stefano tagliavini :
    Voi credete davvero che il signore di Torino sia rimasto senza tutto per colpa delle tasse? ne siete davvero sicuri? Io qualche dubbio ce l’ho.

    Non so se sia una DIRETTA conseguenza dell’attuale livello di tassazione, sono abbastanza certo che sia l’esempio di come lo stato sociale non sia in grado di assolvere ai compiti che si prefigge. Il punto da cui le nostre strade divergono, mi sembra di capire, è che tu parti dal presupposto che possa esistere realmente uno stato organizzato in modo tale da assolvere alle sue funzioni non minimali, e che questo abbia un costo sociale ragionevole se equamente ripartito.
    Quello che, personalmente, io contesto è che questo è né più né meno un atto di fede, non supportato dai fatti e dalla storia. Nelle tue argomentazioni non vedo affrontata la principale delle obiezioni che ti ho mosso: perché tu ritieni che la funzione di protezione sociale per le fasce più deboli della società debba essere, per forza, demandata allo stato e unicamente allo stato? Quello che vediamo, mi sembra evidente, è che questo tipo di soluzione non funziona, per cui non mi sembra così scandaloso né illogico cercarne una differente, posto che nelle epoche precedenti “soluzioni” di questo tipo esistevano e sono esistite proprio fino a quando lo stato, nella sua evoluzione a metastasi sociale, non le ha portate a estinguersi o soppresse con la forza. Lo stesso discorso vale per l’appello “etico” al “dovere” di pagare le tasse. E’ una forma di fideismo acritico, IMHO, quella che porta ad affermare che se tutti pagassimo le tasse ne pagheremmo tutti di meno e avremmo dei servizi “veramente efficienti”, come recita il penoso advertisement orwelliano ci viene proposto diuturnamente. Se tutti pagassero le tasse , più banalmente, lo stato incasserebbe di più; ma niente ci garantisce che quei soldi verrebbero spesi meglio ( perché dovrebbero essere spesi meglio se a decidere come devono essere investiti sono le persone che spendono MALE i fondi che hanno attualmente?), e niente ci garantisce che le tasse verrebbero di conseguenza abbassate ( i nostri malavveduti governanti, penso, accrescerebbero, invece, più che volentieri la spesa per le loro inevitabili pratiche nepotistiche). Nelle tue parole leggo, in filigrana, la convinzione che sia possibile effettuare operazioni di ingegneria sociale per “imporre” modelli comportamentali. Consentimelo come inciso, è proprio questa ubris che lastrica la strada dei totalitarismi, la convinzione che esista una modello etico ideale a cui uniformarsi e che sia lo stato a dover assolvere al compito di rieducare ad esso i cittadini. Molte delle cose che tu desideri sono veramente auspicabili, ma lo sarebbero ugualmente se levassimo di mezzo l’illusione che lo stato, ben amministrato, possa garantircele. Lo stato, che non è, ripeto, un ente astratto, essendo impersonato dalla burocrazia che lo amministra tenderà, inevitabilmente a diventare lo strumento con cui questa burocrazia prospera e si perpetua, a spese dei cittadini, a meno che essi cessino di credere che pagare le tasse dia un dovere etico e di credere che lo stato non sia un avversario e non un alleato nella nostra jeffersoniana ricerca della felicità.

  11. stefano tagliavini

    @Luigi
    Io credo che se partiamo dal presupposto che le tasse pagate da tutti sono solo una maggior entrata per lo Stato, e se nessuno è in grado di garantire che lo Stato organizzi bene la macchina burocratica, possiamo abolire lo Stato e con esso ogni forma di democrazia. Nessuno ci garantisce che un poliziotto si svegli la mattina e cominci a sparare contro la prima persona che incontra, oppure che un qualsiasi conducente di autobus decida di suicidarsi falciando tutte le persone che hanno la sventura di trovarsi sulla sua strada. Eppure non per questo rinunciamo alla forza pubblica per la tutela dell’ordine pubblico e agli autobus per il trasporto delle persone. In un processo democratico ci vorrebbero delle regole e dei meccanismi di controllo, quelli che sono stati in parte eliminati. Lo Stato siamo noi e proprio perchè non è un entità astratta non possiamo pretendere che sia meglio dei suoi cittadini, e invece di lamentarsi, potremmo tutti impegnarci a dare quel piccolo contributo che poco alla volta potrebbe migliorare le cose. La mia idea è pura rappresentazione di fantasia? forse si, ma se così fosse significherebbe che abbiamo perso ogni speranza per cambiare le cose e anche questi nostri interventi sarebbero privi di qualsiasi utilità e quello che stiamo vivendo sarebbe l’inizio della fine. A questo epilogo io mi ribello. Così come voglio credere che non è espressione di ingegneria sociale l’idea di un paese che, pur riflettendo diversità sociali , culturali ed economiche, lavora per garantire condizioni minime di civiltà e benessere economico senza rinunciare alla libertà.

  12. luigi

    @stefano tagliavini
    Perché identifichi lo stato (ma perché ci si ostina a scriverlo con le maiuscole come se fosse una divinità?) con la democrazia? Non credo che destrutturare lo stato centralizzato debba per forza farci abbandonare i principi democratici, e non credo, peraltro, che nemmeno quest’ultima forma di governo sia da idolatrare. Anch’essa è uno strumento e di per sé, se non usata nel contesto dei check and balances di un sistema liberale vale ben poco. E il punto è proprio questo: le storture, possibili, che tu indichi probabilemente si sono anche verificate, ma il fenomeno non diviene dilagante perchè un sistema in cui i poliziotti potessero impunemente agire in tal modo sarebbe destinato a sfociare in una rivoluzione, implodendo, analogamente un singolo autista d’autobus può suicidarsi falcidiando i passanti, ma se la cosa assumesse caratteri epidemici, per assurdo, è chiaro che sorgerebbe spontanea la reazione delle persone per strada.
    E’ ancora qui che ricadiamo: sembra che tu ignori, per qualche motivo le reazioni spontanee della società, che sorgono prima di ogni intervento regolatore di qualunque deus ex machina. I check and balances sono un meccanismo di difesa del cittadino dai tentacoli dello stato, sono un sistema di sicurezza con cui il cittadino si difende DALLO stato. E, quindi, siccome mi sembra bislacco dovermi difendere da me stesso, ne consegue che i check and balances sono lì a ricordarci che lo stato NON siamo noi, lo stato è il nome comune con cui si identifica una struttura di cui noi come cittadini non facciamo parte: noi siamo cittadini dello stato per l’appunto, ovvero siamo quanto di più vicino c’è a uno stakeholder per lo stato, ma noi non siamo lo stato almeno tanto quanto i dipendenti di un’azienda non sono l’azienda. E ancora non capisco perché a dover garantire quelle condizioni di benessere e civiltà debba essere il paese inteso come stato e non il paese inteso come tessuto sociale libero. Cosa ti fa credere che un insieme di persone agendo attraverso lo stato agisca meglio di quanto non possa agire attraverso una associazione di mutuo soccorso?

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