10
Ago
2010

Il giudice a Melfi dà ragione alla Fiom: lo scontro si prepara

C’era da scommetterci. Il giudice del lavoro ham ordinato alla Fiat il reintegro dei tre lavoratori licenziati a Melfi, Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati della Fiom) e Marco Pignatelli. Durante unop sciopero, avevano blooccato un carrello robotizzato che portava in linea pezzi necessari al lavoro di altri lavoratori che non scioperavano. Per il giudice, il licenziamento configura elementi ritorsivi dell’azienda cotnro l’attività sindacale e il diritto di sciopero. Per quanto mi riguarda, è un pessimo segnale, per tre ordini di ragioni: nel merito, nel rapporto Fiat-Fiom, nell’intera vicenda Fiat-Italia.Nel merito, alla luce della giurisprudenza consolidata in materia analoga, purtroppo non mi stupisce la decisione. Nella tutela di legge a quello che nel nostro ordinamento è considerato – lo sciopero – un diritto fondamentale, rientra secondo i giudici anche la possibilità per lo scioperante di porre in essere comportamenti che disattivino funzioni legate alla produzione, se esse non producono effetti sugli impianti – tipo gli altiforni a ciclo continuo in siderurgia, che non possono essere disattivati senza gravi oneri – e se concretamente non configurano violazione del diritto al lavoro dei non scioperanti. In parole povere, se il più dei dipendenti in reparto non sciopera e voi invece sì, potete bloccare tutti i carrelli coi pezzi necessari alla linea se essi non sono condotti da lavoratori che non scioperano. E se in concreto a quel punto i non scioperanti non hanno di che alimentare il proprio lavoro poco importa, perché sono al lavoro e l’azienda deve pagarli comunque: il danno è dell’azienda ma fa pienamente parte del diritto tutelato di chi partecipa allo sciopero. Personalmente è un’interpretazione giuridica che giudico ultronea e totalmente non condivisibile. Ma come la pensi io conta nulla. Quel che conta è che il giudice e la giurisprudenza italiana la pensano diversamente.

Nel tesissimo rapporto tra Fiat e Fiom, questa pronunzia prelude al reintegro che mi aspetto altrettanto puntuale degli altri licenziamenti assunti dall’azienda per casi analoghi in altri stabilimenti. Sono decisioni che a Marchionne piaceranno poco o nulla. Confermeranno e rilanceranno la combattività della Fiom, che si è battuita per il no ai 18 turni a Pomigliano, il nmo alla newco, e tanto più per il no alla deroga nazionale estesa a tutti gli stabilimenti a cui la Fnuova Fiat programmaticamente mira entro il prossimo ottobre. Non verrà niente di buono da un rilancio dell’irrigidimento Fiom, perché è destinato a mettere in difficoltà tutte le altere confederazioni, che hanno ben diverso atteggiamento di fronte alle richieste Fiat, e che si mostrano sin qui ben diversamente consapevoli, del rischio concreto che l’azienda faccia saltare i 20 miliardi di investimento pluriennale riservati all’Italia.

Il terzo punto riguarda proprio l’esito finale della partita. Marchionne non ha mai nascosto, negli incontri riservati, che il suo giudizio è molto scettico, sulla capacità dell’Italia come sistema-paese di saper garantire alla Fiat la cornice adeguata per la produttività più elevata che serve all’azienda. La magistratura del lavoro  è pronta molto probabilmente a sostenere a spada tratta eventuali impugnative contro le newco, in caso di deroghe contrattuali non sottoscritte da Fiom. Per Federmeccanica diventerebbe sempre più urgente la disteta del contratto dei meccanici che scade al 2011, con tanto di caduta automatica dei diritti sindacali e di distacco della Fiom, che non ha firmato il contratto successivo e che resterebbe vigente fino all’anno successivo. In un quadro infuocato come quelolo dell’instabilità politica e di governo che si è aggiounta, il reintegro dei tre lavoratori di Melfi non rallegra solo la Fiom e il fronte del no a una produttività più elevata. E’ una tanica di benzina avvicinata al fuoco.

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7 Responses

  1. antonino marotta

    Fu con la magistratura del lavoro “i pretori d’assalto” che in italia comiciò la stagione, ancora non terminata, dell’uso politico della giustizia.E’ fatto consolidato che la magistratura del lavoro ha tutelato e tutela in particolar modo la parte “debole” del rapporto,ma il perseverare su questa linea ha creato disoccupazione come effetto della esternalizzazione della produzione.
    I “padroni” hanno riposto in questo modo all’uso politico della giurisprudenza,andando a produrre altrove per poter rendere competitive le aziende in luogo di vederle affossate dal consociativismo.
    Il fenomeno dei pretori d’assalto si è poi allargato alle procure ed un determinato “rigorismo” penale ha avuto il sopravvento sulla “aequitas” tra stato e cittadino.
    Qui non vi è in discussione il fatto che si commettano reati, e anche gravi, è il modo ideologico con cui vengono perseguiti che è da discutere,che, mutatis mutandis, è lo stesso dei pretori del lavoro.
    Il tutto è agevolato da un ordinamento giudiziario che fa ritenere “legale” questo operato della magistratura, che lo rende incontestabile e che alimenta quello spirito di rivalsa dei deboli e sfruttati tanto caro a chi vuole andare al governo;per fare cosa è poi intuibile e presto detto:sicuramente per non avvantaggiare l’impresa ed il lavoro , ma lo stato.Comunista o cattolico non cambia anche perchè con certa fatica, ultimamente hanno pensato di allearsi.

  2. Nulla di nuovo, né di sorprendente. Anche Marchionne l’aveva sicuramente messo nel conto di uno scontro che non può non incendiarsi e che le concezioni collettiviste del mondo combattono con tutti i mezzi a disposizione, dunque avvalendosi pure del consueto braccio armato collocato nelle preture del lavoro.
    Da imprenditore ho già visto – sebbene, fortunatamente, non vissuto – situazioni simili. E la mia impressione attuale è che, alla fine, l’azienda prenderà le decisioni piú ovvie, cioè sposterà le produzioni sempre piú in luoghi culturalmente e politicamente non ostili all’attività d’impresa.
    Perché questo è il fulcro del discorso: per poter competere – con prodotti di massa, quali le automobili -sui mercati internazionali è necessario operare in condizioni che l’italia non fornisce. E non sono particolarmente ottimista in merito ad un’azione di governo efficace in tal senso, constatando quanto sino ad oggi il sedicente “governo del fare” si sia invece rivelato un “governo del dire”.

  3. Simone

    Credo che esista molta ipocrisia in tutti i messaggi che ho letto.
    La versione che il Sig. Giannino, se è giustamente semplicistica per meglio focalizzare l’accaduto, è altrettanto ingiustamente povera della storia e di tutti i contorni necessari per comprendere il fenomeno.

    Io non credo che esista la FIM, la UILM che siano brave e la FIOM che sia cattiva. Esistono diversi modi per difendere l’occupazione in Italia e le sigle sindacali hano scelto strade diverse per arrivare a questo obbiettivo.
    Dell’occupazione sicuramente nulla interessa alla Fiat: a Marchionne interessa, giustamente, esclusivamente il profitto: naturalmente sono pronto ad essere smentito nel qual caso le auto prodotte in Serbia saranno offerte in italia a metà prezzo…

  4. @Simone

    ” Io non credo che esista la FIM, la UILM che siano brave e la FIOM che sia cattiva. Esistono diversi modi per difendere l’occupazione in Italia e le sigle sindacali hanno scelto strade diverse per arrivare a questo obbiettivo. ”

    Questa è ipocrisia.

  5. armando

    evidentemente le toghe rosse sono un problema per tutti gli italiani e non solo per brlusconi

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