23
Nov
2009

Guerra e commercio, Nazione e collant

Ora che lo spot di Calzedonia costruito sulla musica dell’inno nazionale (“Sorelle d’Italia”) è stato cancellato dalla programmazione televisiva in molti saranno contenti: inclusi quei parlamentari che si erano sentiti offesi, da bravi sciovinisti con tanto di elmo chiodato, e pure quel presidente di provincia che ha messo in moto tutta la sceneggiata italica. Ma forse potranno essere soddisfatti anche coloro che – nutrendo sentimenti opposti verso l’unificazione sabauda e i suoi miti – avevano poco gradito un video prodotto con stile, in cui la voce di Sushy finiva per fare apparire quasi gradevole la marcettina claudicante composta più di un secolo fa da Michele Novaro. (I patriottardi non l’hanno capito, ma se un effetto quel messaggio poteva avere era semmai quello di valorizzare un insieme di simboli da tempo consunti e logorati.)

Il Gran Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha comunque deciso: “i valori della comunità non possono essere spostati sul piano commerciale quale quello della pubblicità, [perché] si­gnifica appropriarsi, per fini commerciali riferibili ad una singola azienda, di un valore appartenente all’intera collettività nazionale”. Non è insomma ammissibile “un’appropriazione di un valore condiviso ed appartenente ad un’intera nazione per vendere un prodotto commerciale”. La storia ora è chiusa, e non è neppure escluso che dell’esito non si lamenti troppo neppure l’azienda, che in fondo ha ottenuto una qualche pubblicità gratuita dall’intera vicenda.

Se ne dispiacciono però quanti (sulla scorta della lezione di Hume, Montesquieu, Constant, Cobden, Bastiat e altri ancora) antepongono la civiltà del libero commercio alla retorica sulla Patria e sullo Stato. Sanno che la prima è sempre uno straordinario fattore di pace e sviluppo, mentre la seconda tende a seminare conflitti e puntella l’arroganza del potere. Per ora siamo solo all’avanspettacolo e il portabandiera resta Pulcinella, ma conviene comunque stare attenti. In una società tanto allo sbando qual è l’Italia di oggi, nessuno può escludere che il saggio disincanto degli italiani non si trasformi in entusiasmo nazionale e patriottismo repubblicano. Sarebbe una sciagura.

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9 Responses

  1. Rino P.

    Lo spot “sorelle d’Italia” era commovente. Peccato. Per me non si trattava di appropriazione. Anzi. Era come se in modo del tutto volontario la Calzedonia si fosse preoccupata di restaurare una piazza o cose del genere (bene pubblico), invece ha preso un artista e gli ha chiesto di rendere stilisticamente attuale la marcetta che tutti conosciamo. Stava rendendo insomma un servizio pubblico con soldi privati a scopi privati. Tutto ok.

  2. andrea lucangeli

    Non sono d’accordo: certi simboli (e lo dico….da leghista che non ama la marcetta Novaro/Mameli), a prescindere dalla loro intrinseca qualità artistica/culturale, devono essere sacralmente rispettati poichè persone sono morte per essi.- Non mi riferisco alla insopportabile retorica “patriottarda” di Napolitano & Co. ma più semplicemente a quelle migliaia di “poveri cristi” che sono morti in trincea sul Piave, sul Pasubio, sul Carso, sul Don….- Gente del nord e del sud, senza distinzione.- Per questo non approvo che vengano ridicolizzati (anche dai miei amici della Lega) l’Inno e il Tricolore: molti nostri nonni e bisnonni sono morti sotto quelle insegne ,che meritano tutto il nostro rispetto.- Non scherziamo con la Storia, non abbiamo l’autorità morale per farlo!

  3. stefano

    Magari sbaglio, ma anch’io ho inteso lo spot come un omaggio all’Italia, magari con una piccola venatura di femminismo, che però ci sta: i nostri nonni hanno combattuto al fronte, le nostre nonne hanno combattuto da casa; ci hanno messo tutto sia gli uni che le altre.
    Il rispetto per il nostro Paese dovrebbe essere portato in altro modo, non stracciandosi le vesti per queste cose. Lo scandalo sono altre appropriazioni, altro che!
    Meno apparenza e più sostanza, grazie.

  4. bill

    Vabbeh, Hendrix lo aveva già fatto decenni fa..Lo spot mi sembrava solo una trovata pubblicitaria (e l’arrangiamento musicale comunque carino), se poi da una parte lo vogliono colorare di pseudofemminismo e dall’altra di offesa al sentimento nazionale, mi pare si stia parlando di niente..
    Trovo però un pò strana la motivazione di sospensione del gran giurì: allora la Birra Moretti si appropria (sia mai!!) della nazionale di calcio, che sicuramente è la cosa più condivisa nel nostro paese? Bah!

  5. andrea lucangeli

    @ stefano @ bill: non possiamo continuare a “relativizzare” tutto, senza ritegno alcuno perchè – di relativizzazione in relativizzazione – si può arrivare a giustificare qualsiasi porcata: ripeto – e lo dico da leghista – l’inno e il tricolore sono sacri, non rappresentano “Roma ladrona” (quella è una degenerazione) ma il sangue dei nostri nonni e bisnonni del nord e del sud. Punto. E su questo non abbiamo la statura morale per “aprire un dibattito”, il tema è indisponibile.

  6. bill

    Andrea, non voglio banalizzare la cosa. Ergo, non relativizzo, ma allo stesso tempo non enfatizzo..
    Tutti noi abbiamo parenti vicini e lontani che, convintamente o meno, hanno “dato” alla Patria. Permettimi però di avere qualche dubbio: sono stati sacrifici seri, o piuttosto un inutile bagno di sangue? Mica per colpa loro, beninteso.
    Io mi ritrovo di più in quelle poche parole del post: antepongo la civiltà del libero commercio alla retorica sulla Patria e sullo Stato. Che magari si possono rispettare in altro modo (magari la patria, intesa come identità,perchè con lo stato si fa un pò più di fatica..).

  7. Il rispetto dell’identità nazionale e dei sacrifici dei connazionali non è nazionalismo, a mio parere, ma solo la conseguenza di appartenenza ad una comunità, di una Storia e di una Tradizione. Un po’ come la festa di paese, anche se parliamo, ovviamente, di due cose ben diverse.
    Il problema del nazionalismo non è tanto la celebrazione della patria, ma la contrapposizione che questa ideologia pone tra gli interessi patri e quelli degli “altri”; l’idea che l’altro deve essere distrutto, imprigionato, torturato ecc. perché è di un’altra razza o è un dissidente politico.
    Possiamo benissimo ricordare i caduti di Nassirya, di Caporetto o dell’ARMIR, rispettandone il sacrificio, inutile o utile che sia stato a nostro parere, (anche perché coloro che vengono sacrificati non sono spesso i “mandanti” del “bagno di sangue”) oppure rivendicare la nostra come la migliore cucina del mondo. Tuttavia questo rispetto e il sentimento nazionale, per chi crede nel liberalismo integrale, sono solo parte dell’identità, di un'”opinione personale”, ma non possono essere una giustificazione al conflitto. Altrimenti si ritorna all’autarchia e ai campi di concentramento.

    Sullo spot: secondo me l’idea dei pubblicitari era proprio quella di solleticare il sentimento nazionale “sopito” nei telespettatori, nonché un pizzico di orgoglio femminile, tant’è che lo spot è rivolto alle “sorelle d’Italia”. Personalmente non ci ho trovato niente di brutto, anzi! Però posso anche capire che qualcuno ci abbia visto qualcosa di offensivo, una “volgarizzazione” di un ideale alto, tuttavia non sufficiente secondo me a renderlo esecrabile.
    La giustificazione dell’Autorità è davvero ridicola: l’utilizzo del simbolo può essere volgare, ma non inammissibile, altrimenti dovremmo eliminare anche Babbo Natale dalla pubblicità, no?

  8. Ah, una postilla. Uno lo spot è liberissimo di non guardarlo (come di non guardare Santoro) e di ritenersi da esso offeso, ma la storia del ricorso ecc. mi sa tanto di rigurgito autoritario e arrogante del politico di turno, a cui non sta bene che qualcuno veda le cose in maniera diverse dalle sue. Credo che questa sia la parte effettivamente da temere, secondo Carlo.

  9. CyNyC

    è proprio da qui:

    andrea lucangeli :l’inno e il tricolore sono sacri.

    che si arriva qui:

    andrea lucangeli :si può arrivare a giustificare qualsiasi porcata

    Vorrei poi capire come definire “sacri” dei simboli di una nazione nata da un golpe di Stato, in cui, tra l’altro, le differenze culturali sono più che evidenti; come non capisco il sostenere la necessità di una sacralità diffusa imposta tramite censura e manifestazioni/memoriali a carico del taxpayer.
    Rispettare dovrebbe essere atto spontaneo e volontario (e non coercitivo); in caso contrario vi è il timore.

    Comunque personalmente non riesco a rispettare chi uccide un altro uomo “per la Patria” (o qualunque altra costruzione ideologica); rispetto chi difende il proprio corpo e la legittima proprietà.

    Ovviamente sulle motivazioni dell’autorità non penso ci sia nulla da aggiungere se non l’annotare il prosequio della ridicola tendenza generale…..

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