22
Gen
2012

Fiducia, rating e vergogna – di Angelo Spena

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Angelo Spena.

La vicenda del Giglio è una tragedia delle vittime, e dell’Italia. Altro che Titanic. E’ vergognoso solo l’accostamento. E’ già impudenza chiamarlo “naufragio”; risparmiamoci l’inopportuna retorica patetica e surreale del “colosso sconfitto dalla roccia antica” o dell’”inchino”. Quella del 1912 fu una tragedia vera, con una sua fatale dignità. Qui non c’è il Circolo polare, non c’è nebbia, non ci sono ghiacci. Qui, non ci sono parole. C’è solo l’inconcepibile elevazione a potenza della peggiore irresponsabilità umana.

L’Italia degli italiani capaci, intelligenti, onesti non merita questo. Lo squallore di una vicenda che disonora l’Italia richiede uno scatto di dignità prima ancora che di orgoglio. Perché non torni, con la complicità dell’immenso rapido potere obliterante del web, tutto come prima.

Leggo commenti in cui si paventa il rischio che la nostra industria cantieristica e delle crociere contragga il suo business, o che il mare venga inquinato. Limitarsi a questo vuol dire non aver capito. Perché non è stato un incidente di percorso, un incerto del mestiere ristretto all’ambito in cui è avvenuto. La nostra società è complessa, interconnessa. Se il male c’è, è di sistema. Parla da solo il caos nei soccorsi, nelle contabilità, nelle comunicazioni. Così come non è credibile l’ipotesi autoassolutoria e semplicistica di un solo responsabile: un hacker. No, che la Compagnia sapesse, o non sapesse – il che forse è peggio – è comunque inaccettabile. La concorrenza sul mare non si vince attraendo viaggiatori con il miraggio di effetti speciali. La navigazione non è un circo equestre. Abbiamo un Ministero dell’Ambiente che da molti anni si chiama anche “della Tutela del Mare”. Dov’è? Dov’era? Se grandi navi da crociera lambiscono le coste, non lo fanno da ieri. Lo sapevano tutti.

In questi giorni il nostro Primo ministro chiede sostegno all’Europa, invoca approfondimenti a garanzia dei comportamenti delle agenzie di rating. Sostiene che stiamo responsabilmente ponendo mano a una manovra radicale e seria e che non fidarsi di noi può far presupporre malafede.

E’ vero. E’ fondato il sospetto che una parte dell’America con suoi storici alleati sia sempre più determinata a indebolire finanziariamente l’Europa per avere mano libera nel resto del mondo dove più focolai di tensione crescono e, impaziente di sottrarsi all’abbraccio cinese del proprio debito sovrano, stia lasciando scivolare deliberatamente una guerra economica in uno show-down militare che ristabilisca nel Pacifico lo statu quo di due decenni fa. Quasi che si cerchi il casus belli, “U.S. naval officials say their biggest fear is that an overzealous naval captain from the Iranian Revolutionary Guards Corps could do something provocative on his own, setting off a larger crisis”, metteva le mani avanti l’International Herald Tribune nell’edizione del 14-15 gennaio 2012.

Ogni sponda offerta alla speculazione sulla nostra inaffidabilità accelera un processo potenzialmente distruttivo. Non è sotto attacco la Grecia. Non i Pigs. Non è sotto attacco l’Italia. Sono tenute sotto scacco l’Europa e soprattutto la Germania – potenziale sostenitore delle ragioni della Cina, sul cui mercato e partnership ormai conta primariamente – perché non si intromettano.

No, in Italia, dopo questo ennesimo squarcio aperto sul fiume carsico delle nostre inadeguatezze, dove non si tirano mai le somme, non dobbiamo indulgere né dimenticare. Non può più essere tutto come prima. Si apra un dibattito serio e profondo sulle nostre ragioni per essere un Paese affidabile. Il problema non sono S&P, Fitch o Moody’s. Siamo noi. Ed è prospetticamente una questione di vitale importanza. Perché all’orizzonte già si profilano, ora sì, duri ghiacci e fitta nebbia.

12 Responses

  1. cesare

    Condivido le argomentazioni occorre uno scatto d’orgoglio in questa situazione economica difficile ma sembra che ancora i piu’ non abbianocompreso appieno quali siano le prospettive veramente nefaste di un comportamento sociale inadeguato e conservatore

  2. Claudio Di Croce

    Condivido le parti del ragionamento che riguardano l’Italia e invece non capisco il discorso sul complotto demoplutogiudaicomassonico del mondo anglosassone , USA in testa , nei confronti dell’Europa . I guai europei : assenza di una guida politica -economica comune e tutto il resto che sappiamo , non sono altro che il frutto della mancata volontà europea – che ha le sue profonde giustificazioni storiche , basta ricordarsi che la storia europea per secoli è stata una storia di guerre – di diventare unità vera. Il complotto non c’entra nulla . La famosa agenzia di Rating ha declassato anche gli USA , come mai ? Se l’Europa ha i suoi paesi piigs , cosa c’entra il complotto ? E i paesi europei ” virtuosi ” da che parte stanno ? Sono anche loro dalla parte del complotto ? Io ritengo che i problemi europei sono colpa dell’Europa e che le agenzie di rating non c’entrino nulla e che il mondo anglosassone ancora meno. Se tutta l’Europa fosse simile alla Germania non ci sarebbero agenzie di rating o complotti vari che potrebbero fare o dire alcunchè . Purtroppo ci sono stati molti paesi – Italia compresa – che hanno vissuto molto al di sopra delle loro possibilità e si sono fatte una enorme quantità di debito . Caso mai la colpa è delle classi politiche di questi paesi che hanno incoraggiato questi comportamenti e degli elettori che le hanno scelte..

  3. Marco Tizzi

    La prima volta che S&P imbrocca un giudizio tutti la attaccano. Che bizzarro questo mondo.

    Il problema è l’Euro, solo l’Euro, sempre l’Euro. O si cambia o affonda e non vicino alla costa con le scialuppe, ma in mare aperto e senza nemmeno i salvagente.

    Quando Draghi mi dice “avevamo un problema sistemico e la situazione è peggiorata” mi dice che va cambiato il sistema. Non so cosa debba fare per essere più chiaro.

  4. Dario Durando

    Ai sostenitori della teoria del complotto demoplutopippopaperinogiudaicomassonico che si esprime attraverso le malvagie agenzie di rating anglosassoni ricordo che anche l’agenzia di rating cinese Dagong ha downgraded l’Italia già il 7 dicembre scorso… a livello BBB, per la cronaca.
    Naturalmente sono d’accordo con Marco Tizzi, il problema è l’euro e la governance dell’euro, non l’Italia (lo dice anche S&P, se qualcuno si dà la pena di leggere il suo report). Diciamo pure che se la Culona non si convince a cambiar rotta, buonanotte al secchio.
    Saluti

  5. Marco Tizzi

    @Dario Durando
    Ma come, i cinesi non sono demoplutoalienogiudaicomassonici? Ne ero convinto, miseriaccia, me l’aveva detto un cugino di un cugino di un amico… 🙂
    Notare bene che se facciamo default il sistema finanziario americano, e a ruota gli altri, si dissolve nel nulla.
    Paradossalmente siamo il paese più potente del mondo in questo momento.

  6. Claudio Di Croce

    Ma come, il problema non è l’Italia ? Lo avete detto da giugno a novembre 2011 e adesso non lo è più ? E come vi permettete di usare per la Kanzlerin Angela Merkel lo stesso epiteto attribuito a SB che aveva sdegnato e indignato giustamente tutti i politici e gli intellettuali italiani ed europei e molti frequentatori di questo blog?

  7. Marco Tizzi

    @Claudio Di Croce
    Personalmente fino ad un anno e mezzo fa non conoscevo bene il funzionamento dell’euro. Con tutta sincerità non mi ero posto nemmeno il problema: ho dato per scontato che funzionasse come tutte le altre monete.

    Quando è nato il “problema Grecia” i cosiddetti “speculatori” hanno trovato una falla nel sistema, l’assenza di un prestatore di ultima istanza, e hanno iniziato a scommettere al ribasso: a parte le considerazioni etiche, fare soldi è il loro mestiere, lo fanno al loro meglio. Io ho pensato “vabbè, lo metteranno a posto. In fondo chissenefrega, non è che fanno saltare tutto per un paese che avrà sì e no il pil del veneto”.
    E invece siamo incredibilmente ancora lì a guardare la falla che imbarca acqua, dopo aver buttato nel cesso miliardi su miliardi.

    L’Italia ha i suoi problemi, sempre gli stessi, da tanti anni, ma non hanno nulla a che fare con questa crisi.

    L’Euro è un sistema monetario che non funziona. Non può funzionare, lo capisce anche un bambino se glielo spieghi.

    Ora io penso che le monete basate sul debito non funzionino bene comunque, quindi penso serva una vera e propria rivoluzione del concetto di moneta.
    Ma di sicuro tra tutti i sistemi possibili l’euro è il peggiore ed è davvero inspiegabile come possa essere stato fatto così.
    Magari se l’altro professore, Prodi, ce l’avesse spiegato avremmo potuto muovere qualche obiezione.

    E comunque tutti ‘sti professori mi sembra che ogni volta che vengono chiamati a passare ai fatti facciano più danni che altro.
    Forse è l’ora di provare qualche alunno, magari tra quelli che nella vita hanno provato anche a lavorare.

  8. Claudio Di Croce

    @Marco Tizzi
    L’euro è sicuramente nato ” male ” ma è stato pensato come contrappeso alla riunificazione tedesca che aveva spaventato tutti i paesi europei , Francia in primis . Non dimentichiamo che Mitterand era volato a Mosca per chiedere all’URSS , che aveva moltissime truppe nella DDR , di impedire la riunificazione . Con l’euro – che la Germania non voleva e che aveva accettato solo imponendo regole tedesche alla BCE – si pensava di controllare la potenza economica tedesca . Gli altri problemi erano in secondo piano. Adesso noi diciamo che l’euro non funziona ,ma come mai per molti paesi europei funziona benissimo ? Ripeto se i piigs si fossero comportati come i paesi ” virtuosi ” l’euro probabilmente sarebbe andato benissimo . Da Prodi e dal suo compagno di merende Ciampi in avanti è stato sempre un susseguirsi sperticato di elogi per l’euro e l’Europa . Chi avanzava dei dubbi – non dimentico gli insulti rivolti a SB che aveva detto molti anni fa che l’euro aveva causato dei problemi al potere di acquisto degli italiani e gli insulti recentissimi sul fatto che non esisteva un prestitore di ultima istanza – veniva tacciato come un ignorante e un disfattista. Adesso tutti dicono che la colpa dei guai italiani è dell’euro e dell’ Europa . Io penso che la colpa dei nostri guai è nostra e solo nostra , della nostra classe politica che da almeno trentanni ha aumentato la spesa pubblica e quindi il debito pubblico in modo forsennato e degli italiani che hanno scelto la classe politica che ci ha governati.
    Per quanto riguarda i professori in Piemonte c’è un vecchio detto : chi sa fa , chi non sa insegna .

  9. Marco Tizzi

    @Claudio Di Croce
    Il problema della nostra spesa pubblica, a mio parere (so che Lei la pensa diversamente) è la qualità, non la quantità: non abbiamo un serio sistema di ammortizzatori sociali, abbiamo un sistema pensionistico che regala pensioni d’oro e baby, non investiamo in istruzione e ricerca, non investiamo in infrastutture.
    E abbiamo una spesa di “amministrazione generale” doppia rispetto al resto d’europa.
    Dato che non possiamo più fare deficit massicci, abbiamo deciso che il debito pubblico lo ripagano i cittadini. Ora non sono un grande esperto, ma non mi risulta che questo sia mai successo nella storia, forse Lei conosce casi che possano smentirmi.
    Umilmente penso che non possa funzionare: rendere tutti poveri con le tasse non mi pare una bella idea per migliorare un sistema economico.

    Detto questo, il nostro deficit è al momento causato dagli interessi: se ci confrontiamo al Giappone il problema è lì. Curioso che il mondo chieda al Giappone di cambiare un sistema monetario che funziona e nessuno proponga invece di copiarlo.

    Ma questa è politica e, giustamente, ci sono idee diverse. Il problema è che col sistema-euro non si riesce a fare nessuna politica: diminuire spesa pubblica e tasse porta ad un aumento della recessione nel breve.
    Aumentare ancora le tasse fa finire definitivamente la ricchezza privata, che è l’unico grande pregio attuale del Paese.

    Per questo non riesco proprio ad essere ottimista, a meno che la Germania non ceda e faccia sì che ci si possa finanziare senza interessi, come fa lei (e, con modalità opposte, il Giappone).
    Ma penso che Frau Nein non cederà.

  10. Massimo74

    @Marco Tizzi

    Ma il giappone non’è che faccia chissà cosa,semplicemente la propria banca centrale monetizza il debito pubblico acquistando direttamente titoli di stato,cioè fà esattamente quello che faceva l’italia prima di entrare nel sistema della moneta unica.Non mi sembra quindi una grande novità e non credo che la soluzione sia copiare il loro sistema monetario.Io direi che bisognerebbe invece liberalizzare l’emissione di moneta e abolire il corso forzoso.In questo modo nasceranno monete private in concorrenza tra loro dove il successo di una valuta rispetto ad un altra sarà decretato eclusivamente dalle preferenze dei consumatori così come accade per qualsiasi altro bene o servizio offerto in regime di libera concorrenza.

  11. Marco Tizzi

    @Massimo74
    In realtà il Giappone fa una cosa leggermente diversa: monetizza il debito tramite le poste, che sono pubbliche, ma sono anche la più grande cassa depositi del mondo. Quindi ha una forte garanzia a fronte del suo credito. Inoltre, essendo in deflazione, può permettersi di non pagare interessi perché comunque il valore aumenta.

    La grossa differenza rispetto all’Italia pre-SME è proprio lì: non avendo interessi da pagare non entra nello schema-ponzi del sistema a riserva frazionaria, che non crea mai la moneta per gli interessi, quindi costringe il sistema a crescere per sostenersi. E’ il concetto di “pagare il debito col debito” che stanno usando nel mondo anglosassone. Come tutti gli schemi Ponzi anche un piccolo default fa partire un domino mortale. E infatti secondo me USA e UK sono terrorizzati da un default di un paese europeo. Cosa che, almeno per la Grecia, mi pare sinceramente inevitabile.

    La sua mi sembra, se ben capisco, una visione simile a quella che porta avanti Ron Paul (corretto?): è molto interessante, ma ancora più di una moneta “pubblica”, come in effetti è lo yen, prevede la cessazione istantanea dello strapotere del sistema bancario. Se la moneta è un bene come un altro, la banca conta quanto un ortofrutta, giusto? Per questo mi pare dura che si riesca ad attuare senza una vera e propria rivoluzione.

    Resta il fatto che, allo stato attuale, noi abbiamo firmato un trattato che ci obbligherebbe a ridurre il nostro debito pubblico di 60 punti di PIL, senza nemmeno sapere quanto dobbiamo pagare di interessi. Ora, per me questa cosa è impossibile a meno di pagare il debito pubblico con la ricchezza privata, cosa che in se mi pare una follia. Provate ad andare da un cittadino di una qualsiasi paese del mondo che non sia nell’area euro e dite: “dovete ripagarvi la metà del vostro debito pubblico in 20 anni”. Cosa vi risponderebbe?
    Per me imbraccerebbe le armi o la valigia.

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