17
Dic
2009

Dreamliner e la liberalizzazione necessaria

Il primo volo del Boeing 787, anche conosciuto come Dreamliner potrebbe apportare una rivoluzione nei cieli. Questo nuovo aereo, costituito in buona parte con materiali compositi (per questo è chiamato l’aereo di plastica), promette delle prestazioni molto elevate. È in grado di trasportare circa 250 persone con un raggio di circa 15 mila chilometri e con una maggiore efficienza di circa il 20 per cento rispetto agli altri velivoli presenti sul mercato. L’avanzamento tecnologico sembra essere molto importante, tanto che Airbus, il principale concorrente di Boeing, ha promesso di lanciare nel 2013 un aeromobile dalle caratteristiche molto simili, l’A350.

Ma perché questo “aereo di plastica” potrebbe portare ad una rivoluzione? E in quale segmento di mercato del trasporto aereo la potrebbe portare?

Il Dreamliner è un aeromobile sostanzialmente piccolo per il lungo raggio, adatto dunque alle tratte intercontinentali. In questo segmento particolare del trasporto aereo in questo momento le compagnie aeree operano con un modello detto hub and spoke. In questo modello di business ci sono i voli di feederaggio che alimentano l’hub, in modo che da questo punto possano partire aeromobili diretti a destinazioni intercontinentali con buoni tassi di riempimento. Questo è necessario perché non esiste una domanda particolarmente elevata per trasportare direttamente passeggeri da un punto all’altro del globo. Solo poche rotte, come la Londra – New York, non richiedono il modello hub and spoke perché hanno una domanda sufficiente a riempire gli aerei.

Il nuovo aereo della casa americana invece potrebbe rivoluzionare tale sistema perché riesce a trasportare pochi passeggeri a dei costi molto bassi. È probabile, che dal momento in cui le compagnie aeree integreranno questo aeromobile nella propria flotta, si possano cominciare a vedere dei voli diretti (point to point) anche tra città secondarie, ad esempio tra Milano e Atlanta.

Questo già succede nel breve-medio raggio, dove gli aeromobili Airbus e Boeing, grazie alla loro efficienza, già riescono a servire il mercato tramite il modello point to point.

È tuttavia necessaria un’altra condizione affinché questo nuovo modello di business possa affermarsi. L’esperienza americana prima e quella europea dopo, mostrano che non è sufficiente un avanzamento tecnologico. Infatti il traffico point to point si è sviluppato grazie all’entrata delle compagnie low cost nel momento in cui si  è liberalizzato il mercato.

Il mercato intercontinentale non è liberalizzato, ad eccezione di alcuni particolari accordi, come quello vigente tra Stati Uniti ed Europa. L’apertura del mercato porta enormi benefici per i consumatori, accresce la competizione tra le grandi alleanze mondiali presenti nel trasporto aereo e favorisce i cambiamenti nei modelli di business.

L’entrata del Dreamliner è un fattore necessario, ma non sufficiente per cambiare modello di business.

Se veramente si vorrà fare un cambiamento radicale nel trasporto aereo a lunga distanza è necessario che i diversi Governi liberalizzino le rotte intercontinentali.

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6 Responses

  1. tonino segau

    Caro Andrea,
    come al solito ci regali brillanti e interessantissime considerazioni. A livello teorico, bene fai a ricordare – che in questo mondo post positivista e scientista non è mai superfluo – come alla fine dei conti la tecnologia, per quanto fondamentale, venga sempre dopo la componente imprenditoriale ed economica.
    Più nello specifico, invece ho una domanda per colmare la mia ignoranza. La prima, com’è che gli aerei per il lungo raggio è più conveniente siano piccoli? Pensando alle economie di scala mi verrebbe da spiegare il contrario.
    Un’altra cosa, se posso. Tu scrivi che il traffico point to point si è sviluppato con l’ingresso delle low cost. Ma gli aerei da queste utilizzate che dimensioni (in termini di capienza) hanno rispetto a quelli delle compagnie “preistoriche” e qual è esattamente il rapporto tra capienza, frequenza dei voli e distanza?

    Ti ringrazio per l’attenzione, ancora complimenti!

  2. Andrea Giuricin

    Gentile Tonino Segau,

    La ringrazio per le sue domande molto pertinenti.
    In effetti nel settore del trasporto aereo vi sono buone economie di scala. Maggiore è la capienza dell’aeromobile, minori saranno i costi per passeggero.
    Tuttavia questi nuovi modelli di aeromobili (B787 e A350) hanno una concezione molto diversa dai precedenti e permettono di avere dei costi inferiori anche a modelli più grandi.
    Vi è un altro punto necessario da sviluppare per rispondere alla sua domanda. Nel trasporto aereo è necessario riempire gli aerei e riempire un A380 da 600 posti su una tratta intercontintale è estremamente difficile. Per questo, avere degli aerei di minori dimensioni (250 posti), potrà aiutare a sviluppare un nuovo modello di business point to point anche nel lungo raggio.
    Le compagnie low cost europee come Ryanair ed Easyjet utilizzano aeromobili differenti. la compagnia irlandese il B737-800 con una capienza di 189 posti, mentre la compagnia britannica utilizza l’A319 da 155 posti.
    In generale le low cost tendendono ad avere aeromobili (tutti dello stesso modello) più nuovi, che consumano meno carburante e con una capienza media superiore (minore spazio tra una fila e l’altra).
    Se entreranno compagnie low cost nelle tratte intercontinentali (è molto difficile fare una previsione) sicuramente utilizzeranno gli aerei più efficienti (B787 e A350) e probabilmente svilupperanno nuove idee di business competitive.
    La frequenza dei voli per le compagnie low cost generalmente è inferiore rispetto alle compagnie tradizionali, che tendono invece ad offrire più voli in una stessa giornata (soddisfa al meglio la clientela business).

  3. Marco Giovanniello

    Mi permetta di farle le pulci e a invitarla a qualche controllo di background prima di pubblicare un intervento.

    Milano è attualmente collegata ad un solo aeroporto USA oltre a New York, nonostante gli accordi Open Skies e questo aeroporto è proprio quello di Atlanta. Perdipiù Atlanta è sicuramente il più grosso mozzo mondiale del modello hub and spoke e infatti quel volo esiste solo per la massiccia dimensione delle prosecuzioni da Atlanta verso altri aeroporti del Nordamerica, essendo scarsissiomo il traffico point to point. Inoltere, ai tempi del hub Alitalia a Malpensa era, a detta del vettore Delta, la più profittevole rotta nordatlantica, perché c’ era il feed anche a Malpensa.

    Insomma non poteva scegliere esempio più sbagliato. La realtà dell’ industry del trasporto aereo molto male si adatta all’ applicazione top down di modelli liberisti solo per ideologia. Life is different.

  4. andrea lucangeli

    Sarò un inguaribile retrogrado ma io i voli intercontinentali (specie se bisogna trasvolare l’Atlantico….d’inverno) prefrerisco farli a bordo di un quadrireattore….
    Un 747 vola ed atterra anche con tre motori in avaria, cioè con il 75% dei motori fuori uso mentre un bireattore con il 75% dei motori fuori uso….cade…..
    Mi sono trovato sull’Atlantico con “condimeteo” pessime e ho ringraziato il Signore di essere a bordo di un Jumbo piuttosto che su un nuovissimo bireattore di ultima generazione…..- Meglio consumare qualche gallone in più di benzina-avio ma…arrivare…

  5. Andrea Giuricin

    Gentile Marco,

    Atlanta è il maggiore aeroporto mondiale, come giustamente mi ricorda. Tuttavia, se ha ben letto l articolo, vi è un’idea alla base del mio ragionamento, che Lei può non condividere. Questa idea e´che il modello di business nel trasporto aereo intercontinentale potrebbe cambiare, grazie all entrata dei nuovi modelli di aeromobili e questo al di fuori della rotta effettuata.
    Non si tratta di essere liberisti a priori, ma di guardare la realtà del trasporto aereo come si è modificata in seguito alla liberalizzazione e quanti vantaggi abbiano avuto i consumatori. Chiaramente certe posizioni di rendita del settore sono venute meno e questo può dare fastidio ad alcune categorie.
    La ringrazio ancora per la sua puntualizzazione.

  6. Marco Giovanniello

    Perdoni se aono brusco, ma non sono affatto d’ accordo. Il 787, appiattendo la curva che solitamente avvantaggia gli “impianti” di dimensioni maggiori, sarà più probabilmente usato per estendere gli spokes a città di dimensioni minori. Delta potrebbe usarlo per volare in Italia da Atlanta non solo a Roma, Milano e Venezia, ma anche a Pisa, così come già vi attesta il volo da NY JFK. Un aereo di minori dimensioni permette anche di offrire più voli a orari diversi, anziché uno solo. A porre un limite può essere solo la scarsità di slot, che ad Atlanta non esiste.

    Sarebbe ingenuo, a mio parere, credere che il 787 porterà alla rottura del modello hub&spoke.

    Ad esempio l’ aeroporto di Malpensa in questo momento è penalizzato dalla scomparsa dei voli feed Alitalia e dall’ attestamento A Linate dei voli nazionali operati da network carriers. Attualmente offre voli intercontinentali che sono o a servizio di mercati come New York e Tokyo, per cui il riempimento degli attuali aerei non è un problema oppure verso hub altrui, quindi unendo la componente point-to-point alle prosecuzioni da/per hub altrui, come San Paolo o Singapore.

    Il 787 permetterà di effettuare proficuamente voli verso destinazioni aldilà del range dei 767-300, per cui ora sono necessari aerei da 300 posti e pure destinazioni vicine, ma a costi inferiori. Il risultato più probabile sarà l’ introduzione di voli da Malpensa a hub minori e lo stesso accadrà, a mio avviso, a Fiumicino. In pratica la presenza di un aereo efficiente di taglia bassa rende efficienti anche hub di taglia bassa. Gli hub maggiori perderanno un po’ di traffico verso gli altri hub maggiori, ma vedranno aumentare il numero di voli intercontinentali verso destinazioni di nicchia, se non ci saranno problemi di slot, ma l’ esempio di Heathrow ci fa pensare eventualmente ad un crowding out dei voli di breve raggio da parte di quelli di lungo raggio. La stessa presenza, dall’ altra parte dello spettro, del grande A380, garantirà un risparmio di slot nelle relazioni tra grandi hub.

    I vantaggi dei consumatori sono difficili da misurare, non essendo limitati solo al prezzo dei biglietti. Il tempo risparmiato evitandouno scalo vale, la possibilità di volare all’ orario preferito vale eccetera.

    Il modello di business del tasporto aereo intercontinentale cambierà, anche a causa dell’ inarrestabile globalizzazione, che porta ad un aumeno dei voli intercontinentali per soddisfare relazioni a sempre più lunga distanza, insieme all’ aumento del potere d’ acquisto da parte delle popolazioni dei Developing Countries.

    Non sono convinto che il modello hub&spoke invece perderà terreno come lo ha perso nel trasporto continentale dopo la comparsa dei vettori low cost e per un motivo fisico. Il cliente che muove questo mondo paga, certo il meno possibile, per poter fare la spola fra A e B senza essere distrutto dalla stanchezza del viaggio e dei fusi orari. Quanto ai turisti nessun può fare un numero di vacanze intercontinentali pari ai city breaks che sono il propulsore di Ryanair, è impensabile che solo voli diretti possano soddisfare la domanda di viaggio fra le innumerevoli coppie di città del mondo.

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