24
Giu
2010

Confindustria alza le stime. Ma molto resta da fare

Oggi Confindustria ha alzato le stime di crescita attesa per il 2010 all’1,2% del PIL, e per il 2011 all’1,6%.  Il capo dell’ufficio studi di Confindustria, Luca Paolazzi, per come lo conosco è alieno da qualunque sospetto di indoramento di pillole. Lavora seriamente sui dati, se del caso non evita analisi critiche ai difetti persistenti del tessuto d’impresa italiano, non piega alcun andamento a improprie simpatie politiche. Per chi volesse approfondire, qui il documnto integrale, e qui le slides di presentazione. Non è il caso di lasciarsi andare a impropri brindisi. Occhio ad alcuni flash che richiamo, sui più gravi problemi aperti:

–  il costo unitario del lavoro per unità di prodotto, fatto base 100 nel 2005, in Italia è attualmente sopra quota 115, a 110 nell’eurozona, sotto i 100 negli USA; è aumentato dal primo trimestre 2008 del 6,8% nel totale nazionale e dell’8% nell’industria in senso stretto, oltre il 100% più dell’inflazione intercorsa

– la produttività, dal primo trimestre 2008 al 31 marzo scorso, è scesa del 2,3% nel totale come nell’industria in senso stretto

– i margini delle imprese si sono contratti in due anni del 2,6% nel totale Italia, del 4,9% nell’industria

– il credit crunch alle imprese si aggrava

– le retribuzioni di fatto nominali, fatto pari a 100 il livello 2000, sono a 135 nel settore pubblico, a 120 nel settore privato

–  recuperiamo grazie all’export, ma ne avevamo perso il 29,8% tra aprile 2008 e maggio 2009 rispetto al -19,8% mondiale; e dal minimo a oggi nel mondo l’export è salito del 20%, quello italiano solo del 13%: nel mondo l’export globale è solo di 3,8 punti sotto i massimi di metà 2008, quello italiano ha ancora 20,7 punti percentuali da recuperare

-tra i settori nei quali la distanza attuale dal picco massimo 2008 resta maggiore, notevoli: autoveicoli -37,9%, legno e prodotti relativi -37,9%, macchinari e apparecchiature -35,5%, tessile -35%: sono numeri che vanno però letti rispetto all’andamento nella media peggiore del nostro degli altri Paesi G10. A eccezione della Germania, che migliora nettamente bilancia commericiale e dei pagamenti, malgrado gli aggravi fiscali e amministrativi ed energhetici e infrastrutturali sianmo il Paese avanzato la cui manifattura si difende meglio, meglio di quanto molti prevedessero. Solo che, contando per il 30% del Pil, da sola non può tenere in piedi con le sue performance l’intero Paese, che nella parte PA e servizi ha produttività, efficienza e apertura alla concorrenza assai minori.

Ecco perché un Paese serio dovrebbe concluderne:

-dieci , cento, mille Pomigliano, e

– abbattimento delle aliquote fiscali e di un 1,5% di Pil di spesa pubblica primaria ogni anno per 5 anni, come hanno fatto i tedeschi dal 2006 al precrisi, mentre nopi accrescevamo la nostra di 6,5 punti di PIL

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9 Responses

  1. Scusi Giannini ma allora lei non è al corrente dei veri problemi del nostro Paese: l’inno di Mameli si o no, tifare Italia si o no, crocifisso si o no ma, credo sopra ogni cosa qualcuno che controlli che il ministero per l’attuazione del federalismo sorvegli veramente che il controllore controlli i passi da fare affinchè il controllato faccia il suo dovere. In caso contrario si dovrebbe istituire un’Authority di controllo all’attuazione del federalismo:-)

  2. Frawinning

    Liberalizzazioni, piu tecnologia, abbattimento delle aliquote fiscali, piu flessibilità sulla gestione dei contratti lavorativi da parte dei datori da lavoro, valorizzazione e una bella dose di incentivi ai settori che possono dire la loro in ambito internazionale.
    Non voglio fare demagogia e non mi ritengo un disfattista ma non credo che con la nostra mentalità (la mentalità dell’oggi) si possa venire fuori da questa crisi che a mio conto ha già tardato fin troppo ad arrivare.
    La classe politica lavora per il voto e non per il bene del paese (l’emblema è quello greco in cui a furia di abbassare l’età pensionabile e alzare le retribuzioni del pubblico impiego per raccattare voti a destra e sinistra sono oramai in default).
    Vedreste bene un’azienda in cui il potere decisionale è in mano ai lavoratori dipendenti!?
    Stipendi sempre piu alti pause sempre piu lunghe nessun sacrificio e l’azienda chiude i battenti.
    Lo stato, nel nostro caso l’italia, non è altro che una grande azienda, i quadri, i dirigenti sono i nostri politici.
    L’Italia è un’azienda con un instabilità politico-amministrativa impressionante che non permette a questa di attuare riforme (pensionistica, liberalizzazioni ecc) o tagli (ste maledette inutili province ad esempio).
    Senza una stabilità politica, cosa che non arrivera mai visto che è culturale, confrontiamo il numero di governi caduti in italia negli ultimi 20 anni con quelli caduti in cina (0) stati uniti (0) inghilterra (0), questa benedetta nazione non si muoverà mai.
    Le province non si possono tagliare perche i presidenti di queste si arrabbiano, le licenze non si possono liberalizzare perche se no tutti in piazza, i tagli alla pubblica amministrazione guai se no iniziano i girotondi.
    Io che lavoro in ambito turistico ad esempio mi rendo conto delle enormi potenzialita che potrebbe dare in campo internazionale-globalizzato questo settore (teniamo presente che con i voli low cost abbiamo un bacino di utenza di 300 milioni di persone in europa a prezzi oramai accessibili a tutti) ma nulla si muove per aiutare lo sviluppo di questo settore.
    In un’azienda si tagliano i rami secchi e si potenziano e sviluppano i rami che possono dare i frutti migliori).
    Credete che un governo possa dire: riduciamo i contributi al settore metalmeccanico e aumentiamoli a quello turistico? Io credo di no, perche i voti valgono tanto di un settore quanto di un altro e quindi bisogna fare contenti tutti.
    Un’azienda che deve fare contenti tutti non è un azienda sana.
    Un azienda sana deve avere in dirigenza persone che abbiano la libertà di scegliere quali siano gli ambiti da sviluppare, i settori da incentivare, quelli da tagliare ecc
    I dirigenti fiat non sono caduti quando hanno aperto stabilimenti in polonia
    Ferrero non è caduto quando ha deciso di non ritirare nocciole italiane
    Jobs non è caduto quando ha spostato laproduzione di hadware alla foxconn
    Eppure, tutte queste aziende sono sane e non hanno fatto che del bene in termini economici e in ambiti lavorativi alle nazioni in cui sono nate e si sono sviluppate.
    Ringrazio Giannino per la chiarezza e l’apertura di questo blog
    Frawinning

  3. dario

    “Ecco perché un Paese serio dovrebbe concluderne:

    -dieci , cento, mille Pomigliano, e

    – abbattimento delle aliquote fiscali e di un 1,5% di Pil di spesa pubblica primaria ogni anno per 5 anni, come hanno fatto i tedeschi dal 2006 al precrisi, mentre nopi accrescevamo la nostra di 6,5 punti di PIL”

    – concreto intervento da parte dell’imprenditoria sulle organizzazioni aziendali dove spesso si assiste a delle mostruosità che incidono direttamente sulla produttività e professionalità del lavoro.

    Si ricordi che se abbiamo un problema di produttività del lavoro è perchè questo è anche e molto spesso utilizzato in maniera inefficiente, non perchè costoso, o perchè diminuisce, per la crisi, la quantità di produzione.

  4. Beppe

    Caro Giannino,
    concordo con quanto dice e sono piuttosto spaventato dalle idee che sento fuori da qui o da nfa (lettera degli “economisti” in testa), ma ci sono un paio di punti che secondo me andrebbero approfonditi (mi scuso in anticipo per le approssimazioni linguistiche e concettuali, non avendo alcuna preparazione formale in economia).

    Il primo punto è il famigerato I° trimestre 2008:

    “- la produttività, dal primo trimestre 2008 al 31 marzo scorso, è scesa del 2,3% nel totale come nell’industria in senso stretto”

    Per la mia ditta (accessori nautici di alto valore) quella è stata un’aberrazione in positivo (+120% sull’anno prima) che ho capito solo mesi dopo, quando la crisi è esplosa con Lehman e ho cominciato a ragionare e a informarmi.

    Ricordo un grafico dove i beni di consumo durevoli erano schizzati di oltre il 5%, con picchi poco più alti per le altre categorie di beni.
    Altro dato: nel 2007 il 96% delle imbarcazioni immatricolate in Italia è stato acquistato con leasing. Una parte è sicuramente dovuta al risparmio fiscale, ma una percentuale sicuramente rilevante (quanto alta?) di yacht è stata comprata da gente che non poteva permetterselo, se non grazie all’insensato credito su un bene che può affondare su uno scoglio dopo pochi mesi…
    Dopo Lehman ricordo la chiusura della produzione di schermi al plasma da parte di Panasonic e le vendite di auto a prezzo di costo per molti mesi (e in seguito con incentivi statali).

    La mia diagnosi fatta nell’ottobre 2008 (e tuttora immutata) è stata che una parte molto alta degli acquisti a credito degli ultimi anni non si sarebbe più verificata. Allora non avevo mai ragionato sul fatto che la somma di risparmi e acquisti in una società è pari al valore prodotto. Ora che l’ho capito vedo la conferma del fatto che rientrare dai debiti pubblici e privati degli ultimi 10-15 anni implica una doppia riduzione degli acquisti:
    1) ciò che prima si acquistava a debito non si acquista più;
    2) del denaro guadagnato oggi, una parte dobbiamo assegnarla alla riduzione del debito, con ulteriore riduzione degli acquisti.

    Per questa ragione mi pare illusorio continuare a guardare al I° trimestre 2008 come a un traguardo da raggiungere in tempi brevi: d’accordo che è meglio puntare in alto, ma così in alto ci arriveremo solo quando la crescita del valore aggiunto prodotto meno la riduzione dell’indebitamento avrà raggiunto il valore della produzione 2008, che comprendeva anche una parte non indifferente di quello dei 5-10 anni successivi, ipotecato dai debiti.

    Ovviamente il fattore (1) influisce solo sui beni che venivano anche acquistati a credito, lasciando invariati gli acquisti dei beni a basso costo, che subiscono solo il fattore (2), ergo, le produzioni occidentali ad alto valore aggiunto è normale che perdano di più delle produzioni asiatiche.

    Il secondo punto è la produttività:

    “- i margini delle imprese si sono contratti in due anni del 2,6% nel totale Italia, del 4,9% nell’industria”

    Questo aspetto ha pro e contro. Il personale necessario a far fronte alle richieste di inizio 2008 era ovviamente molto superiore all’attuale. Negli USA è stato ridotto immediatamente. Qui in Europa, molto più lentamente, ma nelle PMI non credo si sia potuto ridurre a sufficienza.
    Nel nostro caso abbiamo rinunciato a un operaio che creava più problemi che soluzioni, ma il resto del personale è composto da gente affidabile, formata da noi, con la quale abbiamo instaurato anche rapporti di amicizia. Insomma è una squadra ben bilanciata ed efficace, che sarebbe difficile ricreare rapidamente. La mia opinione è che noi soci dobbiamo identificare nuovi mercati e prodotti per rilanciare le vendite e che il costo della squadra in questo periodo di bassa produzione dev’essere considerato parte dell’investimento che stiamo facendo per uscire dalla crisi. Ovviamente al momento la contabilità dice solo che la produttività è molto scarsa…

    Un’ultima cosa che mi pare trascurata è il clima. Al di là delle fesserie dell’IPCC, negli ultimi 2 anni siamo entrati in uno dei minimi più profondi di attività solare (http://www.solarcycle24.com/sunspots.htm), che ha seguito uno dei massimi più alti. Il clima è peggiorato di brutto, con nevicate ripetute e una primavera che pareva una prosecuzione di marzo senza variazioni se non per un paio di isolate settimane. Uno sguardo alle temperature in Europa elaborando dati presi da qui (http://www.engr.udayton.edu/weather/) mi dice che dalla seconda metà del 2008 siamo quasi sempre sotto la media degli ultimi 7 anni (ho ragionato sugli anni di attività della mia ditta) e le nostre vendite in primavera sono indiscutibilmente correlate alle variazioni di temperatura (quando diluvia la gente non va in barca, nè pensa di rinnovarla).
    Correlazioni simili credo esistano per tutte le attività sensibili al clima, come il turismo. Quanto conta questo fattore nel differenziale negativo dell’Italia rispetto alla Germania?

    Sempre grazie per il blog e cordiali saluti.

  5. Matteo

    salve Oscar
    Mi stupisco di una persona come lei che di economia ne sa a pacchi…ma perche non vuole dire che ormai il punto di non ritorno e gia stato superato da tempo?? l’euro e destinato a scomparire sono d’accordo tutti i grandi economisti c’e solo discordia in quanto tempo.. ma ha visto i cds grecia di questa mattina? l’isola di mykonos e in vendita..ricordo che il 1 Luglio scadono 445 miliardi dati alle banche dalla bce..l’unica cosa da fare e andare in banca e scambiare i propri risparmi (che ricordo a tutti sono numeri su un pc) in korone Norvegesi o dollari Australiani (moneta fisica) paesi con basso rischio e nn invischiati fino al collo con derivati..perche nn lo dice questo?? pil + 0,6 da Giugno a Maggio..queste sono vaccate e lei lo sa bene

  6. Top

    Fino a quando non ci sarà una VERA riforma del mercato del lavoro, nemmeno la (eventuale) ripresa economica potrà risolvere il problema endemico italiano della disoccupazione e della sotto-occupazione MAI si potrà risolvere in modo efficiente ed efficace.

    Come si può riformare il mercato del lavoro per risolvere il “problemone”? Bisogna adottare il modello danese-britannico della “flexicurity”, ovvero “flessibilità + sicurezza”, e bisogna concedere il diritto alle aziende di assumere e licenziare i fannulloni e gli incapaci in modo facile.

    Consiglio a Berlusconi di prepararsi a questo fatto inevitabile… perchè? Semplice…
    “There is no alternative!” – Margaret Thatcher

    P.S.: Bisogna dire che la battaglia di Brunetta contro i fannulloni nella PA ha iniziato a migliorare “le cose” e ha incontrato il favore dell’opinione pubblica.
    Perchè? Semplice… lo sanno tutti che ci lavora con serietà, onestà e capacità MAI rischia di essere licenziato…
    Ovviamente i comunisti del PCI-PDS-DS-PD ignorano persino cosa vogliono dire le parole “serietà”, “onestà” e “capacità”…

    Voi che dite?

  7. marco

    gentile dott. giannino, interessante la sua informazione su pomigliano, ma cosa si propone di produrre? prodotti vecchi con tecologia vecchia a tariffe polacche. Il tutto condito con il mito della produttivita. Non ho mai sentito dire da lei e dai suoi interlocutori, che in realta la produzione di auto e sovradimensionata alla capacita di assorbimento. E allora? cosa serve produrre a costi bassi, per europa quando comunaue si produce oltre la richiesta. In ogni caso comunque la si metta la autovettura tradizionale a costi cinesi o indiani non si potra mai produrre in europa, salvo rivoluzioni. solo un nuovo prodotto (elettrico, ibrido, idrogeno o altro puo essere interessante), ma dove e la tecnologia di marchionne? saluti marco

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