23
Nov
2011

Appuntamento a San Babila – #Milano26nov

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, da Pierpaolo Renella.

Gent.mo Direttore,
questa lettera è stata scritta di getto, non ha subito rimaneggiamenti e sono grato agli amici del Tea Party italiano per l’ispirazione.
Scrivo per esprimere le reali motivazioni che mi hanno indotto ad aderire alla manifestazione nazionale del 26 novembre p.v. – organizzata a Milano dal movimento Tea Party italiano – sulla sostenibilità e l’adeguatezza del sistema fiscale italiano. Scrivo per chiarire il mio pensiero, le mie opinioni e le mie aspettative.Non sono un imprenditore, né un mega-dirigente, ma un normalissimo dipendente di un’azienda privata, un numero nell’industria finanziaria italiana, che si è fatto due conti e ha scoperto lavorare per lo stato per metà del suo tempo e solo nella restante metà di lavorare per se stesso e la propria famiglia.
Tanto per dare un’idea ai meno informati: nel 1960 l’incidenza della spesa pubblica sul Pil era del 28%, è gradualmente aumentata fino a sfiorare il 60% negli anni novanta, oggi marcia stabilmente sopra il 50%. Un paese in cui la spesa pubblica assorbe la metà del reddito nazionale non può definirsi granché libero, ciascuno lavora un certo numero di giorni l’anno per alimentare il Leviatano fiscale edificato per tenere in piedi l’onerosa macchina pubblica.
Quando penso al presente dell’Italia, al dissesto della finanza pubblica e alla stagnazione economica, vedo una situazione molto dura da sopportare per noi contribuenti, ma al tempo stesso penso che non sia ancora niente rispetto a quello che potrebbe accadere.
Il governo Monti ha appena incassato la fiducia dei due rami del Parlamento e già – con mio inesprimibile terrore, meraviglia e indignazione – vedo nuovamente avvicinarsi lo spettro di nuove tasse, del ritorno dell’Ici che potrebbe vestire i panni di una patrimoniale ordinaria.
Il patto di stabilità europeo impone ai paesi membri di ridurre il debito pubblico, ma non dice nulla sul livello di fiscalità né sulle dimensioni complessive della spesa pubblica, che in Italia hanno raggiunto soglie incompatibili con una democrazia moderna. E sono queste le cose che realmente incidono sulla vita dei cittadini, non certo la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio purchessia.
In finanza pubblica – ricordiamolo – nessuna decisione è gratuita ma ha un costo, che va reso compatibile con le risorse disponibili. La pretesa tributaria deve essere compatibile con il livello di risorse a disposizione dei contribuenti. Ed è esattamente questo il “cavallo di battaglia” dei Tea Party in Italia e altrove, con l’obiettivo di ricostituire il patto sociale tra elettori ed eletti, che riguarda in primo luogo il quantum della spesa pubblica e, parallelamente, il livello della pretesa fiscale.
Qualcuno potrà obiettare: il governo Monti intende sottoporre la spesa pubblica a un serio processo di revisione critica. Benvenga la spending review, ma se l’obiettivo è quello di ridurre la spesa dello 0,6% di Pil nel prossimo biennio (5 miliardi l’anno), le parole non possono descrivere l’esasperazione suscitata nei contribuenti da una revisione così poco incisiva.
Capisco l’impulso di molti ad aggrapparsi al nuovo esecutivo che potrebbe evitare all’Italia il commissariamento del Fondo monetario internazionale, tuttavia vedo un’altra soluzione che mi attrae di più. Un cittadino che, dopo aver lavorato una vita, è ancora energico, lucido e determinato, potrebbe decidere di stare dalla parte dell’ “Italia vera”, quella provinciale (perché no), patriottica, anti-intellettuale (se intellettuali sono coloro che ci hanno portato a un passo dal default), lavoratrice e religiosa. Potrebbe decidere di spendersi per cancellare quel big mistake che è stato lo statalismo spendaccione dell’ultimo trentennio del Novecento. In altre parole, potrebbe non esitare a partecipare alla manifestazione di Milano del 26 novembre, nella quale, sempre quella stessa “Italia vera” si ritroverà in Piazza Babila alle 14:30.

7 Responses

  1. First things first. La questione religiosa, per quanto importante per molti teapartygiani, rimane estranea alle core issues del movimento, strettamente legate alla riduzione drastica della spesa pubblica con parallelo ridimensionamento della tassazione diretta e degli infiniti regolamenti fatti solo per aiutare gli amici degli amici o i soliti crony capitalists. Non vi fate infinocchiare dalla propaganda: il Tea Party, ovunque nel mondo, pensa solo a riappropriarci della libertà economica espropriataci con ogni scusa da decenni. Il resto, quando c’è, verrà a liberazione avvenuta.

  2. Un Pater Noster per l’Italia
    Stante la situazione politica/economica/finanziaria attuale tra un golpe bianco (nel senso descritto da Sansonetti nell’articolo su Gli Altri), la Germania che trae vantaggio dalla crisi attuale (si veda Il Giornale), la Francia che non ha capito da che parte stare, gli USA che si dicono molto preoccupati per l’Europa come se non avessero alcuna responsabilita’/interesse per quanto sta avvenendo,
    mi sembra che, oltre a lavorare di piu’ (ma sopra tutto meglio,dico io), come incita a fare Oscar Giannino che aggiunge giustamente di non rinchiudersi solo nel angusto spazio famigliare ma di avere anche orizzonti ed ambizioni piu’ ampie per non rischiare il nichilismo, oltre a studiare di piu’, imparare le lingue straniere e viaggiare non come pacchi postali o “turisti con macchina fotografica” ed attivare movimenti liberisti bottom-up, non resti altro che intonare;
    Padre nostro,
    ……………..
    dacci oggi il nostro pane quotidiano
    rimetti a noi i nostri debiti
    ……………..
    liberaci dal male
    Amen
    Per chi volesse conoscere meglio il mio pensiero sono disponibili sul web
    “Se Gesu’ fosse Tremonti…”, scritto oltre un anno fa ma ancora attuale togliendo il Tre
    ed i sucessivi post

  3. alboino

    Sono d’accordo, anche se a mio parere, lavoro 3 giorni per lo stato e 2 per me, percui superiamo ampiamente il 50%.
    Comunque espongo due osservazioni.
    La prima è di non perdere di vista altri aspetti che hanno portato a questo debito pubblico. Esso non è solo dovuto ai politicanti ed alle istituzioni di uno stato spendaccione, ma è dovuto alla perdita della sovranità monetaria ed al signoraggio. In pratica è uno schema ponzi, e come tale matematicamente destinato al fallimento.
    La diminuzione del debito pubblico è una illusione temporanea. Come tutti gli schemi ponzi governati da funzioni che tendono all’infinito, necessita di una crescita infinita, irrealizzabile entro un sistema finito.
    La seconda è di non perdere di vista la riserva frazionaria, gentile regalo dei politicanti alla banche, così come i vantaggi economici e le leggi ad hoc.

  4. microalfa

    Concordo su tutto quanto esposto, l’esosità fiscale, la democrazia dal basso, ecc. ecc.
    ma fatemi dire che se un movimento – oppure una somma di movimenti convergenti – vuole darsi un minimo di visibilità fisica, oltre alla presenza sui media, dovrebbe organizzare meglio questi incontri.

    Oggi, in p.zza S. Babila, il numero delle persone interessate all’evento del Tea party era indecorosamente basso – diciamo tra le cinquanta e le cento – alcuni oratori sufficientemente impreparati e la confusione nelle proposte quasi totale.

    Non basta di certo un attore come Enrico Montesano, con la sua divertente arte comunicativa, a dare lustro all’incontro.
    Mi auguro che in futuro ci sia qualcuno che si prenda a cuore l’organizzazione in modo più professionale anche senza arrivare ai livelli di una CGIL, altrimenti, temo, ci sarà ben poco messaggio da divulgare.

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