17
Gen
2010

2012: la nuova, lunga marcia dei libertari di Ron Paul

Da tempo Ron Paul è la figura di maggior spicco del mondo politico libertario statunitense, ossia di quella parte d’America che vorrebbe ridurre quanto più sia possibile il potere di Washington, porre fine ad ogni genere di iniziativa militare di carattere imperialista, licenziare il welfare State, ridimensionare drasticamente la tassazione e tornare ad una moneta solida. In passato Paul è stato anche candidato alla Presidenza per il piccolo Libertarian Party, ma da anni incarna – con alterne fortune – l’anima più antistatalista del GOP, il partito repubblicano.

Le ultime elezioni presidenziali l’hanno visto protagonista di una battaglia per le primarie che non gli ha certo permesso di arrivare alla “finale” della sfida con il candidato democratico, ma che pure ha attirato l’attenzione di molti per l’entusiasmo che ha saputo suscitare: soprattutto in mezzo ai giovani. Si poteva temere, però, che una volta finiti i molti dollari raccolti e spentasi l’eco della campagna, la stella del deputato texano avrebbe smesso di brillare. Non è andata così.

Nel corso dell’ultimo anno Paul è stato spesso al centro di iniziative parlamentari efficaci (contro la Fed e la spesa pubblica, in particolare), con le quali è riuscito a tirare dalla propria parte un discreto numero di altri congressmen: tanto repubblicani che democratici. Inoltre ha dato vita al comitato Liberty PAC (Political Action Committee), il quale ora sta conducendo una propria battaglia volta a far giungere a Washington (ma anche a far eleggere nelle assemblee statali) il più alto numero possibile di free-market republicans.

Nei giorni scorsi – ad esempio – la stampa ha sottolineato come Paul sostenga nella loro corsa verso il Congresso Robert Lowry, Tim Huelskamp, John Dennis e altri ancora (la lista provvisoria dei candidati al Congresso si trova qui). Per giunta, una notizia degli ultimi giorni è che Steve Forbes ha reso pubblico il suo “endorsement” per Rand Paul, figlio di Ron e candidato al Senato nel Kentucky.

Inizia insomma a delinearsi la speranza di una presenza libertaria, sulla scena politica americana, che vada oltre l’anziano ginecologo. Il quale, da parte sua, sembra già in campo per le prossime presenziali… Se son rose, fioriranno.

10 Responses

  1. Luca Salvarani

    Ho una grandissima stima per Ron Paul! Anche se non condivido le sue posizioni in politica estera e militare. In particolare ho letto i suoi interventi sulla moneta e sul dollaro, e mi piacerebbe molto se questo blog potesse occuparsi delle sue posizioni su questo tema cruciale, ossia l’offerta di moneta e il gold standard. Voi le condividete?

  2. Sembrerà strano (forse perchè esiste reticenza nel nominarlo?), ma anche in Italia esiste un partito libertario che incarna l’anima radicalmente antistatalista di chi crede nel libero mercato. Questo partito si chiama Movimento Libertario ed è quello che da sempre appoggia la mia iniziativa contro il sostituto d’imposta. Il motivo per cui io sono tra i fondatori del Movimento Libertario è che mi è piaciuta sin dall’inizio l’idea di fare politica al di fuori dal sistema politico e democratico, con azioni forti e pacifiche che, mi auguro, di dimostreranno più efficaci delle mille promesse (mai mantenute) dei vari presidenti del consiglio avvicendatisi sulla sedia di Palazzo Chigi. Arriverà il giorno in cui, anche le truppe cammellate del regime dell’informazione statale, sarà costretto a rendersene conto.

  3. Pietro M.

    @Luca Salvarani
    Se lo Stato non si fosse mai intromesso nella moneta, avremmo ancora il gold standard, e probabilmente non sarebbe successo nulla di interessante nel XX secolo e nel XXI da poter raccontare ai nipotini.

    Purtroppo lo Stato ha bisogno di soldi e controlla la moneta per poterseli procurare, e quindi finché ci sarà lo statalismo il gold standard sarà un’impossibilità: chi fa le leggi fa l’economia, in un certo senso, e chi decide sul corso forzoso fa la moneta.

    Il gold standard così come esistì negli USA fino al 1913, anno di fondazione della Fed, faceva un po’ schifo: le banche erano impossibilitate a crescere dalle regolamentazioni sul branch banking, e siccome erano piccole ogni tot anni morivano come le mosche. Inoltre, ogni tot anni gli stati o il governo federale decidevano di sospendere pagamenti e impedire che le banche fallissero, così nessuno imparava mai a non fare casino con la moneta. Come se non bastasse, c’erano movimenti populisti che reclamavano l’inflazione e creavano regime uncertainty: dapprima i greenbakcs con la guerra civile, e poi il movimento per la monetizzazione dell’argento per il resto del XIX secolo.

    Storicamente, gli USA hanno sempre avuto una moneta mediocre. Ma mai così mediocre come negli anni ’20, negli anni ’70 e negli ultimi 20 anni.

  4. Pietro M.

    @Luca Salvarani
    Per quanto riguarda la politica estera, il libertarismo sconta notevoli difficoltà concettuali nel comprendere determinati fenomeni. Il principale ideologo del libertarismo, Rothbard, trattava la guerra come un gioco tra gentiluomini in cui si dovevano rispettare regole così terribilmente restrittive da rendere impossibile a chi le rispettava la vittoria. Non sono stati fatti passi avanti sul piano concettuale in seguito. E’ un’abitudine liberale quella di trascurare le problematiche delle relazioni internazionali e far finta che non esistano.

    Detto questo, l’intervento in Iraq è stato un fallimento e non si sarebbe mai dovuto farlo (quello in Afghanistan era inevitabile: non si possono lasciare terroristi in pace ad allenarsi nelle basi). Gli USA hanno troppi soldati e nel lungo termine questo è incompatibile con la loro egemonia economica. Obama sta continuando la politica di Bush, e direi che la cosa non è meno insostenibile dell’isolazionismo di Paul (tanto per fare un esempio sull’isolazionismo: se il Medio Oriente diventa terreno di caccia di Russia e Cina, come farebbe l’Europa a trovare energia? E se l’Europa diventasse un clientes della Russia, gli USA sarebbero al sicuro, tagliati fuori da tutti i mercati mondiali dall’imperialismo altrui?)

  5. Libertario

    Fa piacere vedere che c’è ancora qualcuno che non demonizza Ron Paul, denunciandolo come socialista, solo perchè vuole mettere sotto controllo la FED.

  6. Carlo Lottieri

    In realtà, la politica estera del libertarismo è perfettamente coerente con l’impostazione generale: muove dall’idea che ogni ricorso alla violenza possa essere solo giustificato solo se mira a evitare eventuali aggressioni o a porre rimedio alle quelle che si sono verificate. Perché il punto di partenza è che non si possa aggredire una persona innocente.
    Il cosiddetto realismo politico, invece, è quasi sempre una variazione intorno al machiavellismo.

    Per la stessa ragione per cui avversa le logiche ordinarie della politica estera il libertarismo avversa la tassazione e la regolamentazione. E’ la difesa del principio che esistono diritti naturali inviolabili e che quindi non è possibile – nel regno della politica (programmazione economica, guerra o altro) – adottare criteri diversi da quelli che reggono le relazioni tra privati.
    Poi si può rigettare l’idea che gli uomini abbiano diritti, e muoversi di conseguenza. Ma a quel punto diventa difficile opporre solidi argomenti – ad esempio – di fronte al welfare State.

  7. microalfa

    Caro Lottieri, il confine tra liberalismo e libertarismo è una sottile border line posta tra l’ideale teorico assoluto e la realtà terrena pur sempre imperfetta. Personalmente ritengo che, tenendo sempre lo sguardo fermo all’orizzonte dei principi, un atteggiamento più ragionato nel campo del possibile sia più costruttivo.
    Non ottenere nulla per intransigenza radicale serve a poco, scavare poco alla volta, passo dopo passo, alla conquista di spazi di libertà, è al contrario maggiormente costruttivo, e non rappresenta sicuramente un compromesso da condannare.
    Che si parli di politica estera, di tasse, di guerre o più in generale di costrizioni delle libertà individuali nell’elefantiaco moderno Stato.
    Un saluto.

  8. Pietro M.

    @Carlo Lottieri
    Mi riferivo alle conseguenze positive, non ai giudizi normativi. Se un sistema normativo impedisce un’efficace difesa, date le conseguenze in gioco, la libertà libertaria durerebbe poco, oppure le persone, informate sulle conseguenze, cambierebbero valori. Un sistema normativo realizzabile deve permettermi di difendermi anche quando chi mi attacca si nasconde dietro un civile inerme, cosa che secondo Rothbard dovrebbe essere invece vietata.

  9. Carlo Lottieri

    @Pietro M.
    Questa non è la questione di Rothbard: è la questione (antica) dello ius in bello, insomma: in caso di guerra posso uccidere liberamente chiunque, oppure vi sono ancora regole da rispettare? La tradizione giuridica occidentale ha pensato, e per certi aspetti anche praticato (pur tra molti tradimenti), che la guerra è legittima se serve a difendere il diritto, e quindi non può essere realizzata negandolo. Le divise, ad esempio, nascono proprio dall’idea che i civili dovrebbero essere rispettati. Poi abbiamo avuto un’altra vicenda, che include pure Dresda e Hiroshima.
    Purtroppo i libertari si perdono talora su casi-limite poco interessanti e poco opportuni alla comprensione delle cose (della serie: “è legittimo uccidere una persona per sottrarle l’arma che – sola – può salvare l’intera umanità?”). Ma a parte queste stravaganze, la loro preoccupazione è seria. Anche perché – proprio in riferimento alle conseguenze di cui tu parli – è bene sapere che se si accetta che i diritti individuali vanno negati perché sono ostacolo ad un’efficace e positiva difesa, già si sa “cosa” sarà quella difesa, “chi” difenderà, e “come”.

    @ microalfa
    Lei dice: bisogna tenere fermo lo sguardo all’orizzonte dei principi, e poi fare il possibile. Sono perfettamente d’accordo. Non ho nulla da obiettare: per me il libertarismo è questo. Non è certo la negazione dei problemi e della realtà. Il guaio è che certo liberalismo addomesticato scivola nel pragmatismo, e finisce per pensare che i principi non esistano o comunque siano d’ostacolo.

  10. Pietro M.

    @Carlo Lottieri
    Concordo pienamente. In effetti criticavo proprio il perdere di vista l’essenziale per rimanere sul terreno saldo dei principi astratti, mentre come sviluppare uno ius in bello è un problema fondamentale.

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