17
Set
2009

2009 Fuga da Copenhagen / Washington si allontana da Kyoto

Il solco tra l’America di Barack Obama e l’Europa di Josè Manuel Barroso e Nicolas Sarkozy si allarga, rendendo i due vasi sempre meno comunicanti. Almeno sulle faccende climatiche. Dopo le indiscrezioni raccolte dal Guardian di cui ho dato conto ieri tocca a Harry Reid, capo dei democratici al Senato, tirare lo sciacquone sulle velleità di Bruxelles. Ecco le parole con cui Reid getta la spugna:

Avremo un periodo molto, molto impegnato per il resto dell’anno. E, naturalmente, nulla finisce con la fine dell’anno. Abbiamo ancora l’anno prossimo per completare quello che dobbiamo chiudere.

Come testimoniano le furiose reazioni ecologiste, dietro questo ritardo si nascondono conseguenze devastanti. Per esempio, l’amministrazione andrà a Copenhagen a mani vuote. Più importante ancora, come evidenziano Jessica Leber e Christa Marshall, rimandare all’anno prossimo potrebbe significare slittare al 2011, visto che le elezioni di mid term e difficilmente l’Asinello vorrà presentarsi alle urne brandendo, come pegno elettorale, quello che i repubblicani dipingeranno come “the greatest tax increase in American history”.

Le probabilità, dunque, puntano verso qualche compromesso al ribasso. Un possibile punto di caduto sarebbe la decisione dell’Epa, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, di regolamentare duramente le emissioni di CO2. Ci sono già segnali in questa direzione, che avrebbe il vantaggio di apparire come scelta “tecnica” anzichè “politica”. L’alternativa potrebbe essere quella di diluire il pacchetto clima in un energy bill che riproponga, magari con qualche sussidio all’eolico in più e qualche agevolazione in meno ai piccoli produttori petroliferi americani, la dottrina Bush per come si è concretizzata soprattutto nel secondo mandato di W. Oppure, ci si potrebbe assestare a metà strada: con l’amministrazione a fare il poliziotto buono e l’Epa il poliziotto cattivo.

Non sono tutte e solo cattive notizie, per gli ecologisti. È comunque probabile che gli Usa smettano di giocare in proprio la partita del clima (come con Bush e la sua Asia-Pacific Partnership) e si siedano al tavolo dell’Onu. Ma il dato politico fondamentale è che, nel futuro prevedibile, gran parte della posta rotolerà sullo scacchiere domestico. A Copenhagen, solo gli spiccioli. Con tanti saluti al trattato-fine-di-mondo.

1 Response

  1. giovanni

    E’ vero che la Spagna e la Germania hanno drasticamento ridotto gli incentivi alle rinnovabili, in particolare al solare? Ha delle informazioni precise e qualche commento su questa notizia che, se vera, mi sorprende un po’?
    grazie!

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