6
Mag
2011

Saltato il pacchetto Banca Italia: la colpa di ABI e Governo

Attenzione! Pochi minuti fa, nel quotidiano “versione di Oscar” su Radio24, ho commesso un grave errore, che intendo riparare subito. Si riferisce, tra l’altro, a un punto tra i più attesi del Decreto Sviluppo varato ieri dal Governo: i nuovi poteri attribuiti alla Banca d’Italia in materia di facoltà di diniego alle remunerazioni concesse ai managers bancari e ai dividendi agli azionisti. Nel testo entrato in Consiglio dei Ministri questi poteri erano previsti, e si trattava di un fortissimo potenziamento delle “unghie” del regolatore sugli isituti di credito. Nel testo finale approvato, invece, l’intero pacchetto – BancaItalia- è saltato. Stamane, per mio errore, ho chiesto ai miei ospiti giudizi su questo punto del decreto che mi sembrava tra i più pregevoli: ho sbagliato, correggo. E l’interrogativo a questo punto diventa un altro: chi e perchè ha fatto saltare all’ultimo momento queste misure opportune e conferma di una ritrovata e positiva unità d’intenti tra Tesoro e Banca Italia?

Il sospetto è immediato. E le prime verifiche che ho compiuto nella mezz’ora successiva alla trasmissione, appena mi sono reso conto del grave errore compiuto, mi confermano il sospetto. Il colpevole più probabile è l’ABI- l’associazione delle banche italiane. I maggiori isituti di credito, – forti di un rapporto molto consolidatosi nel tempo con il Ministro Giulio Tremonti, nel quadro di una logica “di sistema” che di fatto condividono con l’ACRI, l’associazione delle fondazioni bancarie, guidato da Giuseppe Guzzetti – hanno energicamente fatto presente ieri pomeriggio a Via XX Settembre che dotare la Banca d’Italia di simili nuove prerogative avrebbe avuto un significato fortemente polemico nei confronti delle recenti determinazioni a procedere a cospicui aumenti di capitale, determinazioni assunte dalle primarie banche del Paese per effetto certo di moral suasion di Banca Italia e del Tesoro, ma spontaneamente e senza cioè aver dovuto ricorrere ad alcuno strumento coattivo. Alla Banca d’Italia è stato detto ufficiosamente all’ultimo minuto che il pacchetto saltava, ma che, in ogni caso, costituirà oggetto di un prossimo provvedimento. La realtà dei fatti mi sembra diversa. Queste misure erano molto innovative, e a mio giudizio, utili per consentire al regolatore strumenti di intervento all’interno del processo di determinazione di scelte di gestione bancarie particolarmente delicate, al contario di quanto avvenga oggi, quando Via Nazionale può intervenire o ex ante, seguendo i rumors in ordine alle intenzioni dei managers, o ex post, ma a quel punto con interventi che inevitabilmente hanno un maggior impatto sia sull’andamento dei titoli in Borsa, sia sulla credibilità dei managers bancari stessi. Aver fatto saltare questo pacchetto è una prova di forza delle banche italiane contro il regolatore. Proprio mentre è oramai ragionevolmente certo che Mario Draghi ha tutti i consensi europei necessari per essere designato alla successione di Jean-Claude Trichet alla guida della BCE nel Consiglio Europeo del prossimo giugno. Tutto ciò avviene con la piena complicità del Governo, che avrà la facoltà di designare il successore di Mario Draghi a Via Nazionale. E’ il segno di quanto contino davvero le banche in Italia. A chiacchiere i politici fanno spesso a gara a dire che remunerazioni dei banchieri e dividendi degli azionisti sono uno schiaffo rispetto al credito negato a imprese famiglie. Di fatto, quando le banche fanno tintinnare la loro sciabola la politica continua a piegare il ginocchio.

11 Responses

  1. Luciano Pontiroli

    Beh, si sarebbe trattato di uno strumento alquanto invasivo dell’autonomia delle banche.

  2. Giuseppe

    Relativamente alle retribuzioni posso capire la reazione di Giannino; ma ricordo che in nome del tanto decantato liberismo (non si può esserlo a corrente alternata) non si capisce perché sia giusto introdurre una siffatta norma per i banchieri e non per i manager dell’Industria (Si, quelli del Sole 24 Ore!).
    Relativamente ai dividendi la norma sarebbe stata tecnicamente sbagliata; esistono i parametri di patrimonializzazione minimi per i quali la Banca d’Italia ha già la facoltà, caso per caso, di deliberarne innalzamenti. Già oggi, quindi, dividendi eccessivi che determinassero il mancato rispetto dei limiti di patrimonializzazione (standard o particolari assegnati dalla Banca d’Italia) comporterebbero l’intervento dell’Organo di Vigilanza con sanzioni variabili che possono giungere fino al commissariamento.
    Invece, non mi sembra di trovare più l’unica norma seria prevista dal pacchetto Bancaditalia: cioè, la rimozione dei managers non ritenuti adeguati. Oggi la banca può applicare tutte le sanzioni ma non può sostituirsi all’Assemblea per la rimozione e per la nomina (salvo i casi di commissariamento che, ricordo, è a tempo e non impedisce la eventuale rinomina).
    ps: attendo da tempo la Sua cortese accettazione su Facebook. Grazie

  3. La banche sono un cartello, protette e inattacabili. Nel prossimo futuro, tutto (escluso il baratto) dovrà passare tramite loro, alle condizioni, tariffe e interessi da loro imposti.

  4. Marco Redaelli

    Effettivamente concordo con Pontiroli, io non sono uno sfegatato liberista, ma per quello che leggo mi pareva una misura particolarmente restrittivo. So che Giannino non è un anarchico, ma sono comunque un po’ sorpreso che sostenga le intenzioni originali di quella parte del pacchetto. Se potesse argomentare maggiormente gliene sarei grato.

  5. marco

    SOLTANTO ESATTO
    aggiungo in minuscolo, che la politica ha il suo tornaconto nel gestire l’inserimento di rampolli o intimi nel mondo bancario penalizzando gli azionisti, dunque il sistema chiede di essere “privilegiato”.
    Il contribuente si domanda invece perche’ deve essere spolpato come correntista e forse anche come piccolo azionista, e come cittadino perche’ deve essere anche deriso con roboanti sparate sulla MERITOCRAZIA che tutti calpestano.
    USQUE TANDEM ABUTERE PATIENTIA NOSTRA?

  6. Borderline Keroro

    @Carmelo Miragliotta
    No se ci sbrighiamo a togliere i risparmi e a convertirli in oro.
    Con i seguenti vantaggi:
    – metti a dieta le banche
    – metti a dieta lo Stato
    – metti a dieta i politici
    – metti a dieta i grandi del “salotto buono”, che stanno spogliando i medi e i piccoli
    – combatti l’inflazione insita nel nostro sistema monetario-bancario
    – l’oro, se lo tieni in casa in cassaforte, non te lo tocca nessuno, non paghi commissioni, Tremonti non te lo può levare nottetempo con decreto stile Amato; ci sono in giro ladri e i rapinatori, è vero. Ma i peggiori sono quelli legalizzati.

    Magari ti diranno che così fai ripartire la crisi e strangoli l’economia, ma non ti preoccupare, al massimo acceleri un processo che sta già avvenendo, nel contempo dai un segnale e difendi i tuoi risparmi.
    E per ogni euretto che ritiri, la mazzata che prendono è almeno 10 volte tanto.

  7. Alberto P

    Sarei anche d’accordo con i Sigg. Pontiroli e Giuseppe ma una piccola osservazione mi sovviene. Lo sappiamo tutti che il nostro sistema bancario è insano ed indebitato: se nella crisi del 2008 non fosse intervenuto lo stato, quante banche sarebbero fallite ? E con quali conseguenze per i risparmiatori e la società tutta ? La piu’ grande banca della mia città, si è scoperto, è indebitatissima; il suo consiglio di amministrazione è affidato per circa 400 milioni ed il suo AD percepisce 1.5 milioni/anno netti. La banca continua a perdere quattrini, il suo titolo ad indebolirsi ed i suoi costi, tutti sulle spalle della clientela, a crescere in continuazione. Mi dite, per cortesia, cosa c’è di liberista nel tenere in piedi questa gente? E, a questo punto, perchè non dovrebbe intervenire il regolatore?
    E’ tutto paradossale quanto sta avvenendo: si continua a sostenere (è un cavallo di battaglia di Tremonti … Giannino, Giannino …) che le banche devono crescere dimensionalmente per diventare sempre piu’ forti ed efficienti. E’ un dato di fatto che le banche migliori (quelle non indebitate e che fanno utili) sono le piu’ piccole, quelle legate ad una piccola area geografica. Le peggiori, le meno efficienti sono i carrozzoni politicizzati che conosciamo tutti. Lo stesso accade in altri ambiti: vi è una corrente di pensiero (Visco e i suoi e, di recente, ma forse da sempre, anche Tremonti) la quale sostiene che le piccole attività ed aziende siano un peso insostenibile per l’economia italiana e difatti si fa di tutto per demotivarli: dalla tassazione di rapina ai regolamenti fiscali paracriminali (inversione dell’onere della prova, avvisi che sono titoli esecutivi etc. etc. etc.). Bene, sarà anche cosi’, ma se non ci fossero stati gli 8 milioni di partite iva che hanno stretto le loro cinghie, hanno dato fondo ai loro risparmi, raddoppiato le ore di lavoro, preso i loro bravi aerei, passato le loro brave notti insonni a pensare, gabolare che cavolo fare per tenere in piedi, mica tanto, le loro famiglie, se non ci fossero state queste partite iva, mi dice qualcuno che cosa sarebbe successo? Sarebbero costoro stati trattati da Sacconi (e dall’altro cattosolidale Tremonti) come gli ormai prossimi alla beatificazione mille e cinquanta operai della Carrozzeria Bertone in Torino (TORINO, non Canicatti’), in cassa integrazione da cinque anni?
    Il tutto mentre le banche di cui sopra imponevano a tutti il rientro, anche per cifre minime.

  8. Giuseppe

    La demagogia antibancaria che si respira (non soltanto in questo blog per la verità) merita una attenta riflessione.
    1 – Il comportamento di talune banche i di taluni banchieri giustificano la rivolta antibancaria?
    2 – Il ruolo svolto dal sistema bancario nell’economia è fondamentale?
    Purtroppo, rispondendo obbligatoriamente di SI alla seconda domanda la prima domanda diventa inutile. Non si può essere antibancario a prescindere, ma si può e si deve essere a favore della riforma del sistema bancario. Ad esempio, la norma che permette alla Bancaditalia di rimuovere gli esponenti bancari inadeguati sarebbe un primo passo.

  9. Alberto P

    @ il Sig. Giuseppe : non considero un elemento fondamentale in sè il ruolo svolto dal sistema bancario nell’economia moderna. Ne consegue che la mia risposta alla domanda n. 2 è no. Elementi fondamentali nell’economia moderna di un paese, a mio avviso, sono altri: la sua storia ed il livello culturale della popolazione di quel paese, un sistema scolastico che sappia, fondandosi sulla propria storia, fornire classi dirigenti capaci, un sistema politico che riesca a garantire quanta piu’ libertà alla sua economia ed alle sue imprese. Il sistema bancario è solamente un elemento di servizio, importantissimo certo, ma per fortuna non determinante. Lo vediamo già: quale azienda sana, che nascesse oggi, si rivolgerebbe alle banche per finanziarsi, ammesso e non concesso che queste ultime potessero allocare risorse ? Il ruolo delle banche è sempre meno rilevante e i banchieri sono un’immagine del passato; abbiamo dei funzionari bancari ma dei banchieri direi proprio non piu’. Cosi’ come, parimenti, è arduo definire imprenditore il CEO di un’azienda pubblica o partecipata che sia. Queste ormai costituiscono larga parte di Confindustria che ha cessato cosi’ di essere quel per cui è nata ed è oggi invece perfettamente collaterale (ricorda la cinghia di trasmissione ?) al governo pro tempore. Ma sto andando oltre e chiedo scusa.

  10. Giuseppe

    Caro Alberto,
    gli elementi che reputi fondamentali, lo sono realmente. Parimenti, pero, il sistema bancario (banche e banca centrale) nel suo ruolo di servizio aziona i meccanismi senza i quali gli altri elementi “non girano”. La liquidità, i tassi, la leva finanziaria, il moltiplicatore dei depositi, garantiscono che gli elementi fondamentali generino ricchezza per i popoli. Se funzionano male generano meno ricchezza; semplicemente. Ma se non ci sono finisce tutta la ricchezza (almeno come siamo abituati a conoscerla; e siccome parli di carenza nella erogazione del credito vuol dire che anche tu la intendi allo stesso modo).
    Ciao

  11. Maurizio

    Non ho molta simpatia per le banche , posso capire l’imposizione di rafforzamenti patrimoniali o altre regole sulla buona gestione in virtù del contratto di assicurazione sulla vita che hanno con le banche centrali ma non capisco la difesa di Giannino al ruolo dello Stato Regolatore sugli stipendi o sui dividendi.L’innovazione è più Stato e meno mercato?
    P.S. Anche l’idea di far parlare l’Ad della Thyssen non mi pare brillante.

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